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E se le tre mele d’oro raccolte dalla Dea Atalanta fossero i tre gol del Napoli?

Rilettura calcistica della mitologia, prendendo spunto da “Atalanta e Ippomene” di Guido Reni. Senza dimenticare che per alcuni la Dea è madre di Partenopeo

E se le tre mele d’oro raccolte dalla Dea Atalanta fossero i tre gol del Napoli?

Il Napoli e la dea

Il Napoli aveva appena vinto a Bergamo per tre gol contro uno dell’Atalanta, quando sfogliando il domenicale del “Sole 24Ore” mi sono imbattuto in una grande foto del quadro di Guido Reni “Atalanta e Ippomene” al museo del Prado di Madrid. Del quale c’è una “replica”, sempre di Reni, uguale se non più bella al Capodimonte di Napoli.

Ma guarda il caso, mi sono detto, chi sa perché si chiama Atalanta quella squadra di calcio.

Per approfondire le mie conoscenze leggo su Wikipedia che:

Atalanta è un’eroina della mitologia greca. Secondo la versione arcadica è figlia di Iaso e di Climene, mentre per la tradizione beotica suo padre è Scheneo, figlio di Atamante. Il mito racconta che il padre di Atalanta desiderasse un maschio, ed alla nascita di Atalanta, com’era costume in questi casi, la abbandonò sul monte Pelio. Artemide allora inviò un’orsa, che se ne prese cura allattandola e allevandola. Qualche tempo dopo, Atalanta fu trovata da un gruppo di cacciatori che la crebbero”.

Era molto abile nella caccia e partecipò alla battuta per la cattura del cinghiale Calidonio, che riuscì a ferire per prima. Meleagro, in segno di onore, le fece dono della pelle della preda. Mentre il padre inorgoglito la riconobbe come figlia insistendo perché si sposasse.

“Le insistenze del padre affinché Atalanta si sposasse incontrarono la sua contrarietà: infatti, un oracolo le aveva predetto che, una volta sposata, avrebbe perduto le sue abilità. Tuttavia Atalanta, per accontentare il padre, sicura dei propri mezzi, promise di sposarsi solo con chi l’avesse battuta in una gara di corsa. Nessuno riuscì a batterla finché non arrivò Ippomene che, profondamente innamorato, volle cimentarsi nella rischiosissima impresa chiedendo aiuto ad Afrodite. La dea gli diede allora tre mele d’oro tratte dal Giardino delle Esperidi ed egli, seguendone il consiglio, lasciò che cadessero a una a una durante la corsa. Atalanta ne risultò irresistibilmente attratta e si fermò ogni volta a raccoglierle, perdendo così terreno prezioso e, infine, la gara stessa.”

Tre mele d’oro? Mi sono chiesto. E se fossero proprio i tre gol del Napoli che le hanno poi fatto perdere la gara?

Nella letteratura classica greca e latina vi sono molte incertezze sulle paternità di Atalanta, ma quando ho letto che, secondo alcune leggende, Atalanta è madre di Partenopeo, avuto da Ippomene, ho fatto un salto sulla sedia e mi sono chiesto: Partenopeo? ma nella lingua italiana non sta anche come sinonimo di napoletano?

Poi torno ancora su Atalanta e pensando alla squadra di calcio penso anche a Gasperini che l’ha plasmata e indirizzata da anni e quando leggo che “Nelle Metamorfosi di Ovidio, Venere narra ad Adone l’episodio della gara fra Atalanta ed Ippomene. Secondo questo racconto, la dea si adira con il vincitore che dimentica di ringraziarla dell’aiuto ricevuto e, per vendicarsi, pervade gli sposi di desiderio mentre sono in visita al tempio di Cibele. Quest’ultima, furiosa nel vedere il suo tempio profanato dalla passione dei due giovani, li trasforma in leoni e li condanna a trainare il suo carro”.

Quando leggo questo mi tornano subito in mente la rabbia e il livore col quale l’attuale allenatore (il coach si direbbe in lingua non italiana) della squadra di Bergamo affronta in genere le sconfitte della sua protetta.

Poi, finalmente, completando la lettura, apprendo anche che “Con ispirazione a questa figura mitologica, il 17 ottobre 1907 venne fondata a Bergamo la squadra dell’Atalanta Bergamasca Calcio, detta per l’appunto “La Dea”.”

Mitologia a parte, la realtà è che abbiamo vinto un’altra volta.

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