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De Laurentiis: «Ho chiesto a Spalletti se avesse rallentato gli allenamenti»

A Radio Kiss Kiss Napoli: «Siamo partiti come una locomotiva, anche senza Lobotka, poi qualcosa deve essere successo. Ha detto di no. Ho piena fiducia in lui».

De Laurentiis: «Ho chiesto a Spalletti se avesse rallentato gli allenamenti»
Db Monaco di Baviera (Germania) 01/08/2017 - Audi Cup / Atletico Madrid-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, intervistato da Carlo Alvino per Radio Kiss Kiss Napoli.

Ha detto che il ritiro è una forma arcaica di un calcio vecchio.

«Sì, il problema del ritiro è che è successivo ad una vampata di calore che ti prende da tifoso, perché anche se sei presidente, quando vedi una partita diventi un tifoso, come quelli che vengono allo stadio, che meritano rispetto. Non ho mai avuto una vampata di calore e di colore come nei venti minuti successivi a quel finale di Empoli-Napoli, ero diventato rossissimo, mia moglie ha pensato che stessi male. In quel momento hai offeso l’identità del napoletano, tutti i tifosi che erano lì e che ti guardavano in tv, sei senza parole, non sai cosa fare. Quando senti anche dire, anche dallo stesso Spalletti, che ci vuole il ritiro, lo dici, poi a freddo rifletti: ma che è ‘sta stupidata? Molti giornalisti e opinion leader non hanno ancora capito che il calcio è un’industria con regole precise. A volte sorrido quando leggo ‘De Laurentiis è un padre padrone, non ha messo delle persone al posto giusto in società’. Io non credo, credo che il Napoli in 17 anni abbia fatto una cavalcata senza precedenti. Quando sono arrivato il Napoli non esisteva più. Alla Uefa noi non esistevamo nemmeno. Quando siamo arrivati in A grazie a Reja, ai ragazzi che avevamo in quel momento e alla spinta del tifo, abbiamo registrato il 525esimo posto in Serie A, poi abbiamo avuto una continuità che ci ha portati tra i 15 club più importanti che esistono. Roma, Inter e Milan sono dal 34esimo posto in poi. Il Covid ci ha massacrati, ci ha fatto perdere 220 milioni quando stavamo rinforzandoci. Abbiamo preso sotto gamba la pandemia, ma a un certo punto abbiamo fatto mercato invernale che non facevamo mai, con Lobotka, Demme, Petagna, abbiamo investito tanti milioni in Osimhen, come prima in Lozano e ci siamo ritrovati con sponsor che andavano via, con gli stadi chiusi, con delle entrate che non c’erano più, eppure siamo ancora qua e qua vogliamo rimanere».

«Ieri ho parlato per un’ora con lo staff tecnico e Spalletti e ho detto che siamo partiti come una locomotiva, anche senza Lobotka tanto osannato, evidentemente la preparazione estiva ha dato buoni risultati, poi qualcosa deve essere successo. Ho chiesto se sono sicuri che non ci sia un rallentamento negli allenamenti, che forse sono poco allenati. Loro hanno risposto di no. Ho piena fiducia in Spalletti, l’ho pregato di valutare bene queste ultime partite perché noi siamo partiti con la precisa idea di riconquistare la Champions. Temo di perderla? Ci mancano 4 punti, pensare di non farli in 4 partite sarebbe un fallimento. Ieri mi sono seduto a tutti i tavoli dei calciatori, ho detto loro che sono delle aziende, che non sono solo miei dipendenti ma anche delle singole aziende e quindi come gruppo unitario e unito devono combattere col coltello tra i denti perché ne va di mezzo la loro credibilità professionale ed etica. Devono difendere il colore azzurro, per me sono un gruppo straordinario ed è un peccato non massimizzarlo. Mi ascoltavano attentamente, qualcuno è anche entrato nel merito e mi è piaciuto, dimostrando partecipazione alla dialettica. Ho detto loro che i tifosi hanno sempre ragione, anche quando hanno torto, perché loro non possono sapere tutte le verità che sono dietro una società, un gruppo, un allenatore, il tifoso va e vuole sublimare e recuperare le ansie della vita, delle mogli, dei figli, e vogliono resettare con la squadra del cuore».

«Mertens? Gli avevo mandato un regalo ma volevo vedere il bambino, vispissimo, con occhi azzurro Napoli. Abbiamo parlato, ho una passione per Palazzo Donn’Anna, mi sono beato del panorama. Il rinnovo? Gli ho detto che ha un’opzione per un altro anno, in questi tre anni è successo di tutto, compresa la guerra, ci dobbiamo sedere, stabilisci tu quando e me lo fai sapere. Se vuoi rimanere veramente al Napoli, siamo qui. Ciro credo sia innamorato dello stile di vita che ha abbracciato a Napoli, calcisticamente ha lasciato il segno, a lui andrebbe consegnato un pallone tutto azzurro con la scritta in oro grazie Ciro. Penso che non ci dovrebbero essere problemi ma mai dire mai».

«Il Napoli del futuro? Dal 22 maggio dovremo fare una full immersion di pensiero. Io sono sempre stato proiettato verso il futuro, più che verso il passato. Dovremo fare un’analisi di dove sta andando il calcio, secondo me c’è chi si vuole attaccare la medaglia istituzionalmente parlando e non pensa di fare danni, ma le partite stanno diventando troppe e a discapito dei campionati nazionali, ma questo viene fatto in dispregio dei tifosi, utenti del calcio. Se favorisci l’Inghilterra per la questione Superlega, dove ci sono tanti club che si chiedono come fanno a non stare in Champions, allora hanno pensato di recuperare delle squadre in base ai valori raccolti in X anni precedenti, ma qui dobbiamo intenderci: il calcio è industria? Allora questi signori si devono fare da parte e le Leghe devono autoamministrarsi. Non si possono fare tutte queste partite senza avere incidenti, altrimenti si dovrebbero avere squadre da 40 giocatori, e come li alleni, li scegli, mantieni lo spogliatoio in equilibrio?».

« Kvaratskhelia? Nome impronunciabile. Troveremo una soluzione, magari una crasi, come con Zapata. Non lo posso chiamare Giorgia perché al femminile non è una grande accoglienza. Possiamo dire che è un giocatore del Napoli».

«Il Napoli si adeguerà al livello del calcio nel mercato nazionale e internazionale. Indice di liquidità? Le proposte devono nascere in Lega, non nella Figc, che non finanzia la Lega. Siamo noi a finanziare la Figc, si sono invertite troppo le parti. Bari? Vedremo come risolvere la diatriba, secondo me è stato un passaggio inopportuno, sembrava quasi una vendetta ed è un’offesa contro i tifosi. Chi sa che io ho un obbligo di vendere a una certa data potrebbe farmi proposte irriverenti, quindi mi fanno anche un danno economico».

«Tu non puoi venire in serie A e non fare mercato, bisognerebbe che si iscrivessero al campionato quelli con i conti in ordine. C’è qualcosa che non funziona. Da sette anni dicono che bisogna ridurre le squadre a 18, oggi forse bisogna ritornare al 1986, quando erano 16, ma ogni volta si cerca di modificare le modalità di votazione in Lega affinché si possano fare piccoli giochi disonesti di potere, che mettono alla berlina il calcio italiano, che diventa sempre meno competitivo, incapace di portare determinati fatturati che si dovrebbero avere».

«Mi ero preposto di stare a Castel Volturno di più, ma era il primo anno di Spalletti che ha un suo carnet importantissimo, perché a 62 anni non gli si può negare il passato da palmares. A inizio anno ho detto che la priorità era recuperare la Champions. Strada facendo, vi siete ingolositi e avete parlato di scudetti, lo diceva la classifica, ma io sono molto preoccupato della continuità negativa del San Paolo. Si sono incazzati sia Maradona che San Paolo? Credo che i problemi siano quelli di una valutazione che io farò a fine anno su tutti i vari reparti, che devono dal mio punto di vista essere più crossabili e crossati tra loro e non rimanere ognuno dipartimentalmente separato e poi addossare le responsabilità uno agli altri per giustificarsi».

«Infortuni muscolari? Farò una classifica tra le altre squadre, quante partite hanno fatto le altre e quanti incidenti muscolari ci sono stati, faremo un confronto e con serenità e trasparenza affronteremo il problema».

«Ai tifosi chiedo scusa a nome di tutta la squadra e di tutte le sue componenti, venite sempre allo stadio, abbiamo bisogno del vostro tifo positivo, non ascoltate le discutibili cavolate che vi propinano i vari giornalisti ex spesso calciatori del nord. Il Sud, e Napoli soprattutto, sono forse 300 anni che fanno invidia al mondo, è una croce che dobbiamo portare sulle spalle ma che prima o poi ci farà risorgere».

 

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