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Per il Psg il giocatore più costoso del pianeta vale un caffé, siamo al “Mbappé sospeso”

Leonardo dice che “i soldi sono l’ultima cosa” nel rinnovo del francese: “Ci accordiamo in 2 minuti”. Il denaro, a quel livello, è un discorso da pezzenti

Per il Psg il giocatore più costoso del pianeta vale un caffé, siamo al “Mbappé sospeso”
Milano 10/10/2021 - Uefa Nations League / Spagna-Francia / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: esultanza gol Kylian Mbappe'

Noi ancora a contare spiccioli, dieci-cento-mille milioni… ha poca importanza. Già il solo fatto di mettersi lì col pallottoliere, feticisti di commercialismo pallonaro, fa di noi dei poveracci. Uomini semplici convinti che nel calcio i soldi siano tutto (“il fatturato!”), quando in realtà sono già niente. Basta essere il Psg, aver sforato la stratosfera dell’economia, per darsi un tono automatico di superiorità. Un’eleganza, un galateo nel non tradirsi pari agli altri. Uguali maddeché. Vuoi rinnovare il contratto a Kylian Mbappé? “Non è questione di vil danaro”. Leonardo l’ha detto in un passaggio di un‘intervista-fiume a L’Equipe, con la levità d’un principe ereditario:

“Non abbiamo fatto un’offerta specifica. La cifra sarà l’ultima cosa che metteremo sul contratto. Con lui non abbiamo quasi mai parlato di soldi. Perché non è di questo che si tratta. Kylian ha un valore così grande che penso sia tranquillo al riguardo. È secondario. Penso che per mettere l’importo, alla fine ci vorranno due minuti. È una questione di sentimenti”.

Per il Psg il più costoso giocatore del pianeta è un caffè. Potrebbero lasciare un Mbappé sospeso al bar, non fosse che anche quella narrazione è un trucchetto retorico (a Napoli nessuno sospende niente da un bel pezzo, a parte il senso del ridicolo). Un’inezia. L’ultima voce d’un contratto che si suppone stratosferico, per i nostri parametri mortali. A quella quota “valgono i sentimenti”. A Leonardo tocca tenersi stretto gli istinti e le ambizioni dell’attaccante, tanto il portafogli gonfio è un dettaglio scontato. Cafone persino parlarne. Roba da barboni.

L’ha detto bene Jonathan Liew sul Guardian a proposito di Abramovich:

“il moderno proprietario di una società di calcio è essenzialmente una sorta di rinnegato, un attore indipendente, che risponde solo alla propria coscienza teorica e al richiamo della sirena del suo desiderio”.

E’ un’ulteriore passaggio di stato materiale, questo. Il calcio passa dalla finanzia dei bilanci liquidi ad uno stato gassoso. Entra – pubblicamente ma con pudicizia di modi – in un’economia rarefatta. In cui la pecunia è uno sfondo, come la scenografia d’un teatro. Svia lo sguardo, devia il nostro punto di vista di persone che devono ancora pagare pane e latte al supermercato. Restiamo avvinti dagli zeri in eccesso di talune trattative. Quelli invece non si sporcano. Come Briatore che faceva shopping a Portofino coi conti in sospeso che passava a saldare l’assistente solo dopo. Perché dev’esserci una distanza – anche umana – tra il dare e l’avere. Al livello del Psg si ha, punto e basta. “Noi non vendiamo”, dice Leonardo. E perché dovrebbero? Che senso avrebbe? Per i soldi? Suvvia. Te lo lascio un Mbappé poco zucchero al banco?

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