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L’educazione sarda di Cuccureddu: «Ai genitori dico “hai mai giocato a calcio? No? E allora zitto e ascolta”»

La leggenda Juve al Corsera: “Oggi si lamentano se i figli non giocano sul sintetico. Ma nel fango si impara di più”

L’educazione sarda di Cuccureddu: «Ai genitori dico “hai mai giocato a calcio? No? E allora zitto e ascolta”»
La foto di Cuccureddu inviata dal figlio Luca alla pagina Instagram "Calcio - Ultimi Romantici"

Antonello Cuccureddu, 434 partite con la Juve, 28 gol, sei scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. La foto che lo ritrae su un campo di Alghero a passare le linee di calce per i ragazzini è diventata virale per lo stacco tra la carriera e l’umiltà di quel piccolo lavoro. Lui al Corriere della Sera dice che è “divertente”: “Quando ero bambino giocavo sul fango, per strada. Adesso per molti genitori senza il sintetico sembra che i figli non possano giocare. E invece impari di più: uno stop su questo campo ha rimbalzi diversi. E comunque il nostro è bello morbido, sabbioso”.

Vedi alla voce romanticismo vintage. Il pallone che tutti amano. Le sue risposte sono così, come i ricordi.

“La prima partita in maglia bianconera la giocai proprio in Sardegna, contro quel Cagliari di Gigi Riva che a fine stagione avrebbe vinto lo scudetto. Il giorno dopo un giornale titolò “figlio cattivo”, perché avevo segnato il gol del pareggio. Ma io giocavo per vincere, sempre, anche quando dopo dodici anni lasciai la Juve per la Fiorentina e mi ritrovai ad affrontare i miei ex compagni. Mia moglie, Ivana Mazzi, è toscana. L’avevo conosciuta nel ristorante dove andavamo a mangiare, lei era lì con amici. Non capisce nulla di calcio, credo sia venuta a una sola partita in tutta la mia carriera, e forse è stata una delle mie fortune. Ma se l’immagina se tornavo a casa dopo aver perso e mi toccava litigare sulla prestazione?“.

Cuccureddu ha allenato un giovanissimo Del Piero, nella Primavera della Juve.

“Un altro così non l’ho ancora trovato, si nota già da piccoli quando hanno quel talento in più e bisogna seguirli e accompagnarli”.

Nella sua scuola impone delle regole ferree:

“La scuola prima di tutto: se uno va male a scuola sta in panchina. E poi, seconda regola, gioca solo chi si allena. Ai genitori suggerisco, se i ragazzini non studiano, di togliergli per punizione il telefonino o il computer o la bicicletta, ma non lo sport, che è scuola di vita: altrimenti gli viene la depressione. I genitori devo dire che sono tutti molto rispettosi, e poi io i loro figli li faccio ruotare sempre. Ma quando qualcuno esagera faccio una domanda semplice? Ma tu nella vita hai giocato al calcio? No. E allora guarda e ascolta. E nessuno protesta“.

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