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Bonomi: «Posso mai tirarmi indietro se l’industria calcio lancia un grido d’allarme?»

Al CorSport: «Sono un civil servant. La mia indipendenza dia fastidio a chi vuole che il calcio resti com’è. In Italia vince l’interesse miope» 

Bonomi: «Posso mai tirarmi indietro se l’industria calcio lancia un grido d’allarme?»

Sul Corriere dello Sport una lunga intervista del condirettore Alessandro Barbano a Carlo Bonomi presidente della Confindustria che alcuni club di Serie A vorrebbero a capo della Lega. All’ultima votazione dell’assemblea dei club solo uno dei presidenti lo ha votato, De Laurentiis, con l’intento di bruciare la sua candidatura.

Bonomi si dichiara pronto a scendere in campo, ma solo in presenza di una maggioranza compatta. Proprio nel giorno in cui emerge la notizia che le proprietà americane di Bologna, Genoa, Spezia e Roma si sono svegliate, hanno capito che serve una battaglia politica, e fanno il nome di Bini Smaghi.

«Sono un civil servant. Lo spirito di servizio è la mia bussola. Se la sesta industria del Paese lancia un grido d’allarme, posso tirarmi indietro?».

Ma, aggiunge:

«Sul mio nome ho chiesto ampia convergenza. Deve essere chiaro a tutti che è così. Altrimenti ognuno resta a casa sua. La convergenza non sarebbe soddisfatta da un’elezione con sei, sette contrari su venti».

Gli viene chiesto se l’unico voto a suo favore sia un segno di ostilità o una provocazione. Fa capire di aver messo in conto che qualcuno non desideri una riforma seria e dice:

«Se sarà più di qualcuno, la mia disponibilità cessa all’istante. Confindustria viene prima».

Sull’intervista rilasciata ieri da Miccichè al Corriere della Sera, dalla quale emerge un quadro imbarazzante della Lega:

«Miccichè è un grande manager che si è messo a disposizione. Quando ha tentato di toccare alcuni interessi, hanno trovato un pretesto formale per farlo saltare. La litigiosità è dovuta a uno scontro di interessi. C’è chi vuole gestire il calcio come un feudo personale e chi lo vuole portare nel futuro. Bisogna imparare dallo sport professionistico per eccellenza, quello americano: anche tra i proprietari dell’NBA c’è una dialettica talvolta aspra, ma poi si converge sempre su un obiettivo comune. Qui invece vince l’interesse più miope, più breve e più parziale. Guardate quello che è accaduto sui diritti tv. Si è preferito rinunciare a espandere i ricavi, pur di mantenere il controllo del sistema».

Bonomi è il candidato di Scaroni e dei grandi club? Il numero uno della Confindustria, scrive il CorSport, non tradisce irritazione:

«Qui non si tratta di cambiare paradigmi: la vera sfida non è tra big e piccoli ma tra chi vuole un calcio migliore e chi invece lo vuole così com’è. A questi ultimi capisco che la mia indipendenza dia fastidio».

Respinge al mittente le illazioni su un possibile conflitto di interesse per l’incarico in Confindustria («su questo parlano il mio impegno e la mia etica. Se qualcuno teme che mi distragga vuol dire che sto facendo bene il mio lavoro. Ma non avverrà») e confida nella certezza che «quanto ho fatto in Confindustria sia replicabile», ovvero bilanci in utile e partecipate a posto. «Si può fare anche nel calcio con una gestione seria, indipendente rispetto ai conflitti dei club».

Sui ristori:

«Su questo voglio essere molto chiaro. Un conto è un ristoro contenuto per le spese sanitarie sostenute dai club durante la pandemia. Un altro conto un ristoro per risanare bilanci in squilibrio da anni. Un sostegno alla transizione del calcio verso la sostenibilità è concepibile solo in cambio di un impegno chiaro e pluriennale per una gestione manageriale capace di far crescere i ricavi e contenere le spese. In piena collaborazione con le istituzioni dello Sport e del Paese. La mia disponibilità è solo a questo fine».

Niente plusvalenze.

«Il fai play finanziario deve essere ferreo. E niente finte compravendite per gonfiare gli attivi patrimoniali».

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