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Le due varianti introdotte da Spalletti: il bisogno di felicità e il senso di appartenenza

Lo psicologo dello sport Alberto Cei analizza il lavoro dell’allenatore del Napoli “per evitare che l’elevato tasso di emotività diventi un carico negativo d’impulsività e di fallosità”

Le due varianti introdotte da Spalletti: il bisogno di felicità e il senso di appartenenza
Db Bologna 17/01/2022 - campionato di calcio serie A / Bologna-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

La qualità del gioco che il Napoli sta esprimendo dipende da fattori che sono normalmente analizzati nei commenti alle partite. Tuttavia è mia impressione che Spalletti ne abbia introdotti due altri, che valorizzano aspetti personali importanti per ogni essere umano e che riguardano il bisogno di felicità e il senso di appartenenza.

Infatti, ha detto: «Dobbiamo rendere felice qualcuno per essere persone felici. Da un punto di vista personale la famiglia, da quello professionale i nostri tifosi, non ce ne fregano i numeri individuali e chi fa gol, dobbiamo portare un risultato di squadra e di gruppo alla nostra città, che faccia sentire i tifosi orgogliosi di noi. Dobbiamo fare qualcosa per l’affetto del pubblico per la nostra maglia».

D’altra parte come si fa a non sposare questo approccio al calcio in una città che ha intitolato lo stadio a Maradona, giocatore che ha rappresentato appieno il calcio come gioia e vincolo dell’appartenere a questa squadra e a Napoli. E allora, certo che si gioca per vincere ma si vince perché si vuole essere felici e fare felici. Non è un passaggio da poco, perché bisogna essere consapevoli di come giocare per raggiungere questo duplice obiettivo, che unisce il risultato all’entusiasmo nato dal fare il proprio gioco. Raggiungere questo obiettivo non è facile, poiché sappiamo che il calcio è uno sport molto emotivo. A causa del gol che è un evento raro, non a caso i tre punteggi più abituali in Serie A in ordine di frequenza sono: 1-1, 2-1 e 1-0. Basta, quindi, un solo episodio per cambiare le sorti di una partita. Questo non avviene negli altri sport di squadra come la pallavolo e il basket dove circa ogni minuto viene assegnato un punto.

Su queste basi, per evitare che l’elevato tasso di emotività diventi un carico negativo d’impulsività e di fallosità da parte delle squadre è necessario che trovi la sua strada nella gioia che il gioco può trasmettere. Quindi, quando si usano parole come: “andiamo in campo per divertirci” non significa che si va a fare una scampagnata, non è un segno di superficialità. Comporta vivere appieno il piacere della sfida, e cioè la gioia di fare al meglio nei momenti difficili quello per cui ci si è preparati.

Direttore scientifico Master di Psicologia dello sport www.psicosport.it

Editorial manager International Journal of Sport Psychology
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