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Castellitto: «Il cinema non racconta più l’Italia. I cinepanettoni? Mai fatti, ma sono quasi una terapia»

A Specchio: «Descrivono un mondo che non c’è più. I social sono deleteri, un luogo di cecchini dove si umilia la democrazia per l’eccesso di libertà»

Castellitto: «Il cinema non racconta più l’Italia. I cinepanettoni? Mai fatti, ma sono quasi una terapia»

Sergio Castellitto si racconta a Specchio e fa una riflessione sul cinema. Il grande schermo, dice, non racconta più il
Paese.

«Non ci riusciamo più come prima anche perché non puoi fare una separazione tra coloro che fanno i film e coloro che li vanno a vedere. Siamo tutti dentro l’inverno del nostro scontento, come diceva Shakespeare, ma è un inverno che dura da due anni».

Ultimamente si è allargata la dimensione di aggressività espressa, soprattutto a causa dei social.

«Uno dovrebbe avere la forza di chiudere, di spegnere, una delle più grandi conquiste del ventunesimo secolo è il telecomando. Io dei social so poco, non ho profili, mi godo la mia invisibilità. Ogni tanto li frequento per i miei figli, e allora entro in queste specie di giungle di commenti ma io ho sempre pensato che i social siano l’ultima frontiera deleteria dell’informazione, un luogo di cecchini. Sono il primo luogo dove viene umiliata la democrazia proprio grazie all’eccessiva libertà. Una democrazia autorevole sa essere autorevole, non oso dire autoritaria, ma una democrazia che consente e basta che cos’è?»

Gli chiedono se gli hanno mai proposto un Cinepanettone:

«Me li hanno proposti ma per un motivo o per l’altro non li ho fatti. Non sono un moralista, penso che un attore accetti una parte per l’arte, perché il regista lo affascina, perché gli danno una barca di soldi. Sono mille le ragioni. La mia è una storia costruita sul rigore, vengo dal teatro e il teatro ti marchia da questo punto di vista. E poi io ho sempre condiviso le mie scelte con Margaret, è venuto naturale scegliere altre cose. Però mio figlio di quindici anni se li sta vedendo tutti. Sono quasi una terapia. Vederli oggi fa bene, raccontano di un mondo che non c’è più».

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