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«Al Seregno non era calcio, ma Gomorra. Era proibito anche salutare gli avversari: dovevi fare la guerra»

Il portiere Fumagalli racconta alla Gazzetta l’inferno del club brianzolo: «Mi minacciarono dicendo: ‘Non rivedrai più la tua famiglia, stasera saluta tuo figlio»

«Al Seregno non era calcio, ma Gomorra. Era proibito anche salutare gli avversari: dovevi fare la guerra»

Sulla Gazzetta dello Sport di ieri una brutta storia che riguarda il Seregno, club brianzolo militante in Serie C. La Procura di Monza sta indagando sulla società ipotizzando i reati di minaccia e violenza privata. Si parla di bullismo tra i giocatori, di congiure interne al club e addirittura di un messaggio vocale del presidente Erba.

Lo scorso 12 novembre, tanto per cominciare, è successo di tutto. In allenamento, racconta la rosea, due giocatori del Seregno hanno aggredito due compagni. Da quel momento i carabinieri hanno iniziato a sentire diversi testimoni per ricostruire i fatti. Lo stesso giorno, è stato sospeso dal club il direttore generale, Ninni Corda, successivamente licenziato per giusta causa. La motivazione ufficiale erano «incresciosi episodi» verificatisi nelle settimane precedenti.

Oggi la rosea torna sul tema intervistando Ermanno Fumagalli, portiere 39enne di origini bergamasche che ha militato anche nel Seregno.

Sono stati proprio lui ed altri compagni, scrive la rosea, a raccontare al presidente Davide Erba quanto accadeva nello spogliatoio, cosa che ha portato all’allontanamento del dg Ninni Corda e di due suoi fedelissimi, il difensore Christian Anelli e il centrocampista Federico Gentile, tutti e tre arrivati la scorsa estate dopo la promozione del Seregno in C. E ha fatto scattare l’inchiesta della Procura di Monza.

Racconta cosa accadeva quando la squadra perdeva. Racconta che era proibito persino salutare gli avversari. Ovviamente pubblichiamo un brevissimo stralcio dell’intervista.

“Una volta siamo stati convocati alle 6 del mattino e abbiamo corso per un’ora. Dopo la sconfitta contro la Juventus Under 23 siamo arrivati alle 7 e abbiamo dovuto rivedere la gara del giorno prima. Non era una squadra, era una caserma. Sempre in trincea“.

Fumagalli dice di essere stato anche minacciato.

“Stava per incominciare l’allenamento e mi si sono avvicinate alcune persone che conoscevo perché bazzicavano attorno alla squadra. ‘Ti veniamo a prendere a casa, forse non hai capito’. ‘Non rivedrai più la tua famiglia, stasera saluta Jacopo’. Quando hanno fatto il nome di mio figlio, non ho più capito niente”. Ho avuto paura. Mia moglie, con due figli in casa, non era più serena. Non era calcio, era Gomorra.

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