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Le lacrime di Djokovic

Come Icaro, si è avvicinato troppo al sole. Il pensiero di un traguardo così immenso, lo ha consumato. Ora, in ogni caso, se ne è liberato

Le lacrime di Djokovic
Londra (Inghilterra) 01/07/2018 - Wimbledon / foto Antoine Couvercelle/Panoramic/ Insidefoto/Image Sport nella foto: Novak Djokovic ONLY ITALY
Nessuno dal 1969, quando l’immenso Rod Laver lo centrò per la seconda volta, ha mai realizzato il Grande Slam (la vittoria nello stesso anno di Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open). Erano altri tempi: si giocava solo su due superfici, in Australia non andava quasi nessuno e la tecnologia degli attrezzi e gli studi sulla preparazione fisica non avevano livellato le differenze di talento e permesso a un numero maggiore di atleti di essere competitivo.
Già da qualche decennio era ritenuto impossibile che qualcuno, dopo Laver, potesse riuscirci di nuovo. Centrare il Grande Slam è intuitivamente un obiettivo che richiede sacrifici immensi per un periodo lunghissimo a mente e fisico, oltre che uno sconfinato talento (che non si misura solo nella “sensibilità” con la racchetta), una netta superiorità nel rendimento e, non da ultima, una bella dose di fortuna. Per capire come sia estremamente complesso centrarlo, basti pensare che nel tennis del Duemila è già incredibile vincere tre Slam nello stesso anno.

Da quando però lo scorso luglio ha vinto a Wimbledon, Djokovic era conscio che, volente o meno, per due mesi lui e tutti gli appassionati avrebbero avuto un solo pensiero: ce l’avrebbe fatta a rendere possibile quel che si pensava nessun uomo potesse fare nel tennis moderno? Nole sarebbe davvero potuto diventare una sorta di divinità tennistica? La risposta a queste domande era forse già stata scritta, come tante vicende umane, nei miti greci. In questo caso viene a mente quello celebre di Icaro, il quale, con le ali di cera progettate dal padre Dedalo – inebriato dalla sensazione del volo – arrivò troppo vicino al sole, finendo per scioglierle e cadere rovinosamente a mare.

Djokovic si è lentamente consumato nel pensiero di un traguardo così immenso, giocando male prima le Olimpiadi ad agosto, poi durante tutto lo US Open, nel corso del quale ha perso per la strada set che gli sono costate preziose ore di fatica, che sono pesate molto nella sfida contro Medvedev autore a sua volta di una prestazione ottima. Nonostante queste difficoltà, Nole si è spinto ai limiti dell’impossibile: a New York è arrivato in finale, comunque a una sola partita da un successo che lo avrebbe reso senza più discussioni il più grande di sempre.
Nemmeno a un nemico si augurerebbe di vivere lo stress che in particolare deve avere accompagnato Nole nelle 24 ore precedenti la finale. Contro un bravissimo Medvedev, laureatosi vincitore degli US Open 2021, il serbo ha pagato l’ossessione che lo ha divorato in particolare negli ultimi due mesi, giocando in maniera irriconoscibile una partita in cui è parso scarico mentalmente e fisicamente. Icaro simboleggia il desiderio di liberarsi dai vincoli delle leggi dei mortali, di sentirsi come un dio. Icaro ammonisce su ciò che può accaderci quando desideriamo l’impossibile e dimentichiamo la nostra umiltà. Analogamente al figlio di Dedalo, Novak è arrivato quasi a fare quello che gli uomini non possono, ma poi, una volta giunto vicinissimo al traguardo, ha perso nettamente la finale, giocando malissimo: il meraviglioso sogno che lo ha divorato si è trasformato così in incubo, a un passo dal “sole” è precipitato malamente.
Il numero 1 al mondo nei minuti che precedevano la fine della partita è tornato umano scoppiando, nel corso di un cambio campo, in un pianto nervoso per l’affetto avuto da parte del pubblico durante la sua vana ricerca di successo. Ma forse quella commozione era anche dovuta ad altro: la sensazione che stava per liberarsi di un pensiero per certi versi assurdo che deve avergli reso durissima la vita in questi mesi. Non resta che augurargli che la sconfitta sia per lui la fine di questa storia, che rappresenti in ogni caso una liberazione. Soprattutto si spera che la sua caduta non continui rovinosa in queste settimane, continuando a consumarlo in rimpianti per l’immensa impresa sfiorata così da vicino.
Nonostante alcuni dicano il contrario, la verità è che vincere non è l’unica cosa che conta, caro Nole, e noi assieme a te lo ripetiamo ad alta voce.
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