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Cosa manca al Napoli di Spalletti

Quando il Genoa ha alzato il ritmo, la squadra non è stata in grado di rispondere. E c’è un bug di sistema sui cambi gioco. Molto bene il primo tempo e Insigne

Cosa manca al Napoli di Spalletti
Db Genova 29/08/2021 - campionato di calcio serie A / Genoa-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: esultanza gol Fabian Ruiz

Ecco a voi il 4-2-3-1

Genoa-Napoli 1-2 sarà ricordata come la prima gara ufficiale in cui la squadra azzurra è stata, in tutto e per tutto, una squadra di Spalletti. Contro il Venezia, l’espulsione di Osimhen e la forza non proprio trascendentale degli avversari avevano in qualche modo limitato l’impatto del tecnico toscano, almeno dal punto di vista tattico. A Marassi il Napoli non ha affrontato una squadra di qualità molto superiore rispetto ai lagunari, ma almeno il Genoa aveva una fisicità spiccata, superiore a quella degli azzurri in molti giocatori in campo.

Anche a causa dell’assenza per squalifica di Osimhen, Spalletti ha dovuto vincere la partita cambiando le carte in tavola. Non puntando sulla forza fisica, ma con la tecnica e con la tattica. Anzi, per dirla meglio: con una tattica che potesse assecondare la tecnica – intesa come abilità nei fondamentali, ma anche come caratteristiche – dei giocatori che c’erano in campo. Alla fine, il tecnico toscano ha vinto proprio in questo modo. E sfruttando i cambi.

Ma andiamo per ordine, e iniziamo dalle scelte di formazione. Sulla carta, solo sulla carta, il Napoli è sceso in campo al Ferraris con il 4-3-3/4-5-1: difesa classica, Lobotka pivote, Fabián ed Elmas mezzali, Politano e Lozano ai lati di Insigne. La realtà è stata decisamente diversa, molto più fluida e perciò imperscrutabile: se in fase di non possesso il Napoli si è schierato effettivamente con il 4-5-1, in costruzione la posizione di Elmas, Insigne e Lozano è stata molto variabile, e non solo per i continui interscambi tra loro. Soprattutto Elmas, infatti, non ha quasi mai occupato lo slot di mezzala, spesso si è mosso in zona centrale e più avanzata, come sottopunta. Per la prima volta in gare ufficiali, dunque, il Napoli si è disposto sul campo con il 4-2-3-1 tanto caro al suo allenatore.

Le posizioni medie degli undici titolari schierati da Spalletti: il pallino di Elmas, numero 7, è “coperto” dal pallino numero 24 di Insigne.

Come si intuisce chiaramente già da questo campetto, il 4-2-3-1 del Napoli è stato più che altro una sensazione: la tendenza di Insigne ad accorciare il campo e la verticalità offerta da Lozano hanno infatti sbilanciato lo schieramento sulla destra; qualche metro più indietro, Lobotka ha agito come pivote unico, mentre Fabián Ruiz ha avuto maggiore libertà. Come detto, però, l’elemento che ha offerto gli spunti più interessanti è stato Elmas. Accanto a Insigne, ma anche nel finale vissuto come spalla di Petagna, il macedone ha avuto il ruolo di guastatore offensivo, il compito di inserirsi e riempire l’area di rigore. Anzi, vista la particolare mobilità di Insigne e Lozano, si può dire che l’unica punta certa del Napoli sia stato proprio lui, almeno fino all’ingresso di Petagna.

Nel frame in alto, Insigne è larghissimo a destra – coperto da Di Lorenzo nell’inquadratura – mentre Elmas e Lozano sono a centro area; sopra, invece, si vede chiaramente il 4-2-3-1 del Napoli, solo che Insigne ed Elmas hanno “invertito” le loro posizioni, con il macedone nello slot di prima punta.

Come confermato anche da Spalletti nel postpartita, l’idea alla base di queste scelte tattiche era forzare «una difesa a tre centrali più due esterni a tutta fascia». In occasione del gol di Fabián Ruiz, è andata esattamente così, in tutti i modi possibili. Il cambio di gioco che porta Politano al passaggio decisivo per Fabián è infatti di Insigne, tornato nella sua posizione classica di esterno sinistro; in quel frangente, Lozano era momentaneamente al posto di Insigne nello slot di centravanti; il passaggio verso Insigne viene effettuato da Elmas, che dopo aver scaricato il pallone attacca subito l’area di rigore; dentro i sedici metri del Genoa, accanto al macedone, ci sono Lozano e anche Di Lorenzo, rimasto in avanti dopo una sovrapposizione interna.

Proprio la presenza di tre attaccanti avversari in area ha costretto i difensori di Ballardini a schiacciarsi, a retrocedere molto sul cambio di gioco di Insigne verso Politano; si può dire, quindi, che lo spazio per il bel sinistro a giro di Fabián, per il tiro che ha sbloccato il risultato, sia una conseguenza tattica dell’atteggiamento del Napoli. Di tutta una serie di meccanismi e movimenti teorizzati da Spalletti, e poi realizzati dai giocatori in campo.

Il gol di Fabián Ruiz

Un nuovo Insigne

Un’altra idea teorizzata da Spalletti e realizzata dai giocatori in campo è stata quella di trascinare Insigne fuori dalla sua comfort zone. Di metterlo in una posizione e in una condizione differenti rispetto a quelle che ama, che predilige. Certo, c’entrano le assenze di Osimhen e di Mertens, c’entra il fatto che Petagna sia evidentemente e pubblicamente coinvolto in una vicenda di mercato. In ogni caso, però, resta il fatto il tecnico del Napoli ha deciso di schierare Insigne in un nuovo ruolo.

Come abbiamo visto, la presenza e i movimenti di Elmas rendono eccessiva, e neanche troppo veritiera, l’idea per cui Insigne sia stato il centravanti del Napoli nella partita col Genoa. Spalletti in realtà gli ha lasciato molta libertà dal punto di vista geografico e creativo, e Insigne se l’è presa tutta, dimostrando – una volta di più, anche se la verità è che deve dimostrarlo soprattutto a sé stesso – di poter essere un giocatore non solo utile, ma anche efficace, se non addirittura decisivo, quando viene schierato al centro, o comunque lontano dalla zolla prediletta, dalla sua fascia sinistra.

Tutti i palloni giocati da Insigne durante Genoa-Napoli.

Il campetto che vedete sopra, in cui sono segnati tutti i palloni giocati da Insigne, non basta a restituire la varietà mostrata dal capitano del Napoli. Anche i numeri sono piuttosto significativi: Insigne è stato il giocatore che ha tirato di più verso la porta avversaria (6 volte); inoltre è stato il giocatore offensivo che ha toccato più palloni (77) e che ha tentato più passaggi lunghi (7, come Fabián Ruiz). Quest’ultimo dato è molto importante, nell’economia del gioco di Insigne e del Napoli: la squadra di Spalletti – come in occasione del primo gol – ha utilizzato spessissimo lo strumento del cambio di gioco lungo, dimostrando di aver messo da parte l’idea per cui il campo si possa risalire solo con un reticolato di passaggi corti. Anche Insigne, probabilmente uno dei giocatori più innamorati del passing game praticato dal Napoli negli ultimi anni, sta dunque mostrando di voler/poter padroneggiare nuovi meccanismi.

Il problema della perdita di intensità

Il racconto del primo tempo di Genoa-Napoli è sublimato in queste chiavi tattiche, e nell’azione del gol di Fabián. La squadra di Spalletti ha tenuto agevolmente il controllo della gara – 62% di possesso palla, un solo tiro concesso agli avversari – e ha mostrato di avere un discreto set di giochi offensivi da cui pescare per superare le resistenze degli avversari. Certo, anche il Genoa ha avuto le sue colpe: la squadra di Ballardini è stata troppo timida e troppo poco intensa per creare qualche problema al Napoli. Siamo certi di questa cosa alla luce di quanto è avvenuto nella ripresa, quando i rossoblu hanno cambiato registro, evidenziando alcune delle criticità cui Spalletti dovrà porre rimedio nelle prossime settimane.

Ballardini è passato al 3-5-2 puro inserendo Pandev al posto di Hernani, e oltretutto ha ordinato alla sua squadra di alzare l’intensità del suo gioco. Per il Genoa, una scelta di questo tipo comporta una ricerca più frequente della verticalità, e degli scontri a corpo corpo. Nella ripresa, infatti, i rossoblu hanno aumentato il numero dei lanci lunghi (26 contro i 19 del primo tempo) e dei passaggi diretti verso il terzo di campo più offensivo (da 40 a 48).

Il Napoli non è riuscito ad assorbire bene questi cambiamenti. Anzi, la squadra di Spalletti è apparsa tramortita dalla maggiore foga degli avversari. Al punto da concedere una tripla occasione – a Ghiglione e Rovella – e poi un gol al limite del regolamento, a Pandev. Di Bello ha annullato la rete del macedone dopo il consulto del Var, ma anche quell’azione, non a caso viene da dire, è frutto di un pallone a scavalcare il centrocampo, per cercare di creare una situazione in cui molti giocatori del Napoli vanno in difficoltà, vale a dire i duelli fisici uno contro uno.

Il gol del Genoa, quello valido.

Anche il gol realizzato da Cambiaso nasce alla stessa maniera, da una situazione similare. In questo caso l’azione del Genoa è più d’accerchiamento, ma il pertugio decisivo si materializza quando Politano perde lo scontro fisico con Pandev. Proprio il fatto che il duello decisivo sia stato quello tra Politano e Pandev, due giocatori non proprio robusti, mostra come il Napoli del secondo tempo abbia accusato un puro calo di intensità. Mentre il Genoa, da parte sua, ha accentuato proprio quella componente del gioco. E alla fine ha trovato un gol del tutto meritato. Lo dicono anche i numeri: nella seconda frazione di gioco, i rossoblu hanno tirato per 5 volte verso la porta di Meret, centrando lo specchio in due occasioni; il Napoli è arrivato a quota 6, però con 5 tentativi finiti nello specchio della porta.

La rete di Cambiaso e il precedente segmento di partita, come detto, hanno evidenziato alcune criticità del Napoli. Spalletti, in realtà, sta già lavorando su uno di questi problemi, quello relativo alla fase passiva che perde di intensità e quindi di efficacia in alcuni frangenti. Il tecnico toscano, rispetto a Gattuso, vuole che la sua squadra difenda in maniera più ambiziosa, accorciando il campo appena possibile, compattandosi solo dopo che gli avversari superano la prima linea di pressione. È una strada intelligente, perché permette(rebbe) di supportare al meglio anche il possesso palla ricercato – non solo orizzontale, ma anche verticale – che stiamo vedendo in queste prime uscite.

Difendere più forte, difendere meglio

Un altro aspetto da correggere riguarda la difesa sui cambi di lato, soprattutto sui cross da quinto a quinto di centrocampo – parliamo ovviamente di avversari che si schierano con una difesa a tre. Di Lorenzo, esattamente come fatto nella finale degli Europei in occasione del gol di Shaw, tende a farsi attrarre verso il centro dell’area di rigore; dall’altro lato, Mário Rui paga un fisico non proprio da corazziere. In un sistema orientato sul pallone come quello praticato dal Napoli negli ultimi anni, e ora anche da Spalletti, soffrire questo tipo di situazione è praticamente inevitabile. È un bug di sistema. E lo è anche al di là di questi difetti dei due laterali bassi titolari – e delle loro riserve. Perciò, l’obiettivo di Spalletti deve essere quello di evitare che questi cross partano.

Per farlo bisogna insistere. Bisogna rendere ancora più aggressivo e quindi soffocante il pressing, tutta la fase di pressing. Soprattutto alla luce della buonissima condizione di Manolas e Koulibaly, e dell’evidente intelligenza posizionale di Lobotka, questa idea sembra praticabile. Magari una strada alternativa potrebbe essere quella di intervallare questa fase passiva così alta e ambiziosa con momenti di maggior gestione, ma questi sono meccanismi di selezione che andranno affinati col tempo. Su cui Spalletti potrà/dovrà lavorare per rendere più equilibrato, quindi più sicuro, il suo Napoli.

Conclusioni

Anche perché non sempre la partita si risolverà con i cambi – Ounas è entrato benissimo – o con una punizione deviata in rete da Petagna. A Genova, il Napoli ha rischiato di perdere due punti perché non ha saputo controbattere all’aumento di intensità – fisica, quindi anche tattica – degli avversari. Insomma, non è riuscito a salire di livello quando sono stati i giocatori di Ballardini a farlo. Questo discorso, ovviamente, resta nell’ambito di questa rubrica, cioè riguarda gli aspetti tattici e strategici della partita. Dal punto di vista emotivo, ne ha scritto Massimiliano Gallo qui, la gara e il momento di difficoltà sono stati gestiti in maniera perfetta. Da Spalletti, sì, ma anche dai suoi giocatori.

Il compito primario di un allenatore e dei suoi giocatori, però, è trovare delle soluzioni di campo ai problemi che nascono sul campo. Nel calcio le energie e la solidità mentali sono fondamentali, ma a questo livello è doveroso puntare prima su tecnica e tattica. Da questo punto di vista, Spalletti sembra avere un quadro abbastanza chiaro, in cui vanno messe a punto poche cose. Il fatto che sia riuscito a sostituire Osimhen senza avere un reale backup dell’attaccante nigeriano, ma inventandosi una variazione tattica e di principi di gioco, è una notizia importante per il futuro del Napoli. Segna una differenza netta rispetto al passato. Ci dice che la squadra azzurra ha un allenatore che, pur avendo delle idee e delle preferenze, sa che i suoi giocatori possono essere letali in molti modi diversi. Devono solo rendersene conto, ed essere messi nelle condizioni per farlo.

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