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Sul Ponte Morandi mancavano i sensori, per la Procura la mancata installazione fu dolosa 

Tranciati nel 2015 durante dei lavori di manutenzione, non furono mai reinstallati da Autostrade, nonostante fossero stati caldeggiati anche dal Cesi

Sul Ponte Morandi mancavano i sensori, per la Procura la mancata installazione fu dolosa 

Sul Ponte Morandi mancavano i sensori che avrebbero dovuto monitorare il viadotto. Lo abbiamo scritto diverse volte, nei mesi successivi alla tragedia. Erano stati tranciati durante dei lavori di manutenzione, nel 2015 e Autostrade non li aveva mai re-impiantati. La novità è che ora la Procura di Genova ritiene che la mancata sistemazione dei sensori fu dolosa.

E’ questa la nuova ipotesi degli investigatori: dolo sui mancati interventi manutentivi sul viadotto.

La reinstallazione di quei sensori, del resto, era stata più volte caldeggiata da esperti, tra cui anche il Cesi, Centro elettrotecnico sperimentale, nel 2017.

Della circostanza si discusse anche nel secondo incidente probatorio, quando la perizia degli esperti del gip sulle cause del crollo sottolineò, appunto, come

«non era stato dato seguito alle raccomandazioni del Cesi per l’installazione di un sistema di monitoraggio dinamico permanente con l’individuazione di specifici livelli di soglia».

Quei sensori, secondo la ricostruzione dei finanzieri, un anno prima della rottura avevano fornito i dati con cui era stato stilato nel 2014 il documento in cui era stato scritto che il ponte Morandi era a «rischio crollo», unico viadotto in Italia. Proprio questo documento, secondo gli inquirenti, dimostrerebbe che la società era a conoscenza dei rischi e che comunque non fece nulla.

Non solo. I pm Massimo Terrile e Walter Cotugno e l’aggiunto Paolo D’Ovidio hanno anche contestato «la rimozione o l’omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro». Una contestazione che farà spostare la competenza da un giudice monocratico al collegio.

 

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