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Ci hanno venduto Gattuso come un fondamentalista tattico, in realtà non è affatto così

Gattuso non amerà mai alla follia il Napoli “difensivo” visto a San Sebastián. Ma questa alternativa c’è, esiste. E va sfruttata

Ci hanno venduto Gattuso come un fondamentalista tattico, in realtà non è affatto così

Il Napoli di Gattuso, il Napoli che vorrebbe Gattuso

In una delle interviste rilasciate nel postpartita di Real Sociedad-Napoli, Gennaro Gattuso ha detto che la sua squadra «ha fatto la partita che doveva fare, anzi ha fatto una grande partita tattica. Però io vorrei che facesse qualcosa di più. So di chiedere troppo, ma se lo faccio è perché credo nella qualità dei miei giocatori». Queste parole sono solo apparentemente banali. In realtà sono profondissime pure se schiette, inquadrano in maniea chiara ciò che è successo allo stadio Anoeta di San Sebastián – ma anche quello che sta succedendo al Napoli in questa stagione. Per sintetizzare: c’è una certa differenza tra il Napoli potenziale e il Napoli reale, tra la squadra che Gattuso vorrebbe e la squadra che Gattuso ha costruito. Si è visto chiaramente nella gara di ieri sera, lasciata gestire quasi completamente alla Real Sociedad.

Questione di numeri e di sensazioni. Cominciamo dai numeri: a fine partita, il dato bruto del possesso palla è nettamente a favore della Real Sociedad (65%-35%); anche la quantità dei tiri tentati arride alla squadra di Alguacil (14-6, 3-1 nello specchio della porta). Per quanto riguarda le sensazioni, è stato evidente come gli spagnoli muovessero il pallone in modo molto più fluido e ricercato del Napoli: il loro 4-3-3 di partenza diventava sempre 3-4-3, probabilmente il sistema migliore per imbucare il pallone dietro le linee avversarie, soprattutto se una delle tue mezzali è David Silva. Ovvero un uomo in grado di giocare 65 palloni e di servire 4 passaggi chiave – praticamente ha costruito un’occasione ogni 16 tocchi.

La mappa di tutti i palloni giocati da David Silva

A onor del vero, vanno anche citati altri numeri e vanno raccontate altre sensazioni. Per esempio, va detto che solo uno dei 3 tiri in porta della Real Sociedad è stato davvero pericoloso (quello disinnescato da Ospina nella ripresa con un grande intervento alla sua destra, pochi centimetri al di qua del palo); e poi va detto che il Napoli ha sempre dato l’impressione di essere concentrato, perfettamente in grado di giocare come la partita gli imponeva, restando dietro senza schiacciarsi troppo, rinunciando al controllo della palla e dei ritmi ma cercando anche di pungere non appena si presentava un’occasione.

È successo nei primissimi minuti, quando Insigne e poi Mário Rui hanno sfiorato il gol; non è più successo nella seconda parte dei primi 45′ di gioco, quando la squadra di Gattuso ha dovuto riorganizzarsi dopo l’uscita di Insigne; infine, è successo nel momento-chiave della gara, quello del gol di Politano.

La disposizione difensiva del Napoli: 4-4-2 stretto e compatto, ma non troppo schiacciato nella propria metà campo

Petagna, la difesa, Koulibaly

Dal punto di vista tattico, ci sono diverse buone notizie per Gattuso. La prima è che il Napoli ha saputo giocare il tipo di partita che ha giocato – accorta, reponsabile, tattica – anche con il 4-4-2 in fase difensiva. È come se Gattuso fosse tornato indietro di qualche mese, precisamente alle gare contro Inter e Juventus in Coppa Italia, senza rinunciare al sistema che sembra più adatto al Napoli di oggi. Ai giocatori di oggi. Certo, anche alcune scelte di formazione sono state d’aiuto: la presenza di Lobotka nello slot che solitamente è occupato da Mertens e (soprattutto) il cambio Petagna-Osimhen hanno contribuito a tenere il Napoli più corto, più compatto in fase difensiva.

L’ex centravanti della Spal ha alcune caratteristiche antitetiche rispetto a quelle di Osimhen: non allunga la squadra, piuttosto tende ad accorciarla; quando si muove per “chiamare” il passaggio ai compagni, preferisce ricevere il pallone sui piedi (o sulla figura) piuttosto che sulla corsa; si spende molto di più nei ripiegamenti. Una delle (poche) contiguità tecnico-tattiche tra le due punte di Gattuso riguarda la tendenza al duello individuale, soprattutto sulle palle alte: contro la Real Sociedad, Petagna ha vinto 2 duelli aerei (quota record per il Napoli) e ha servito 3 passaggi di testa ai propri compagni.

La mappa dei 27 palloni toccati da Petagna, praticamente a tutto campo

L’altra buona notizia riguarda il perfetto rendimento della difesa, dal punto di vista tattico e individuale. Come spiegato anche da Gattuso nel postpartita, il Napoli ha dovuto adattare la sua fase di non possesso alle caratteristiche avversarie. La Real Sociedad ha esasperato la sua costruzione bassa fin dai primi minuti di gioco, così da “chiamare” il pressing del Napoli e poi cercare di risalire il campo con la sua arma migliore: i servizi dietro le linee avversarie, laddove Silva e Oyarzabal sapevano farsi trovare liberi in maniera costante. Se la squadra di Gattuso avesse continuato ad aggredire gli avversari fin dentro la loro metà campo, ad allungarsi per forzare il pressing, avrebbe rischiato di subire tantissime imbucate. Alcune le ha pure subite, come si vede da questa occasione da gol che abbiamo vivisezionato con frame e video:

Dopo più di un minuto di possesso palla basso, la Real Sociedad è riuscita a portare cinque uomini del Napoli nella sua metà campo (frame 1 dall’alto); a quel punto la squadra di Gattuso è spezzata in due, anche perché Demme si è fatto attrarre troppo in alto e ha lasciato Bakayoko solo in mezzo alle due mezzali della Real Sociedad, Merino e Silva (frame 2); l’estremo difensore trova proprio quel corridoio, serve Merino che a quel punto può appoggiare facilmente il pallone per Silva (frame 3); la Real Sociedad si è aperta il campo e crosserà dalla destra in situazione di parità numerica in area di rigore (video).

La preparazione tattica della Real Sociedad e la qualità dei giocatori a disposizione di Alguacil hanno costretto il Napoli a contenere, se non proprio a evitare, questo tipo di approccio, così da cancellare preventivamente certi scompensi tattici. Del resto non esiste un modello perfetto, allora Gattuso e i suoi uomini hanno dovuto rivedere i loro piani per limitare i danni. È così che il pressing è diventato via via sempre più accorto, più selettivo, la squadra azzurra cercava di non retrocedere ma alla fine conveniva ritrarsi di qualche metro nella propria metà campo, così da chiudere gli spazi e rendere (tendenzialmente) sterile il possesso palla della squadra basca. Poi è arrivato il gol di Politano, che ha accentuato queste dinamiche.

In un contesto del genere, si sono esaltati Maksimovic e (soprattutto) Koulibaly, protagonisti di una prestazione davvero autorevole, di grande forza e personalità. Anche questa definizione si nutre di numeri e sensazioni: Maksimovic ha accumulato 10 eventi difensivi tra tackle riusciti (1), palloni intercettati (2), palloni respinti (5) e tiri bloccati (2); Koulibaly ha toccato quota 11, ma si è concentrato di più sui tackle riusciti (4) e palloni respinti (5), meno su palloni intercettati (0), e tiri bloccati (2). Entrambi, poi, hanno dato la sensazione di completarsi a vicenda. Di intendersi perfettamente.

Tornare indietro per andare avanti

Questo adattamento tattico del Napoli a una partita difficile potrebbe sembrare un passo indietro per la squadra di Gattuso. In realtà non lo è, perché dimostra – una volta di più – l’elasticità e l’intelligenza dell’allenatore calabrese. Gattuso è volato in Spagna per affrontare una delle migliori squadre dell’Europa League, ha impostato un turn over importante (sette cambi rispetto alla formazione schierata a Benevento) e nonostante tutto questo ha vinto la partita. Ma ha anche mostrato un’altra faccia possibile del suo Napoli.

Su questo sito, qualche settimana fa, scrivevamo di come Gattuso «avrebbe potuto alternare il 4-2-3-1/4-4-2 con il 4-3-3 della scorsa stagione. Anzi, la strada Napoli potrebbe essere proprio questa: la profondità della rosa consente e consentirà di variare uomini e schieramento; Gattuso potrà farlo in base alla condizione interna, in base alla forza degli avversari, per ogni partita e durante ogni partita». In effetti il Napoli sta andando in questa direzione: contro la Real Sociedad, per esempio, Gattuso non ha ripescato il 4-3-3/4-5-1, ma ha varato la versione più “coperta” del nuovo modulo.

È evidente che il tecnico del Napoli voglia lavorare con continuità sul sistema di gioco che ha “inventato” per questa stagione, ma allo stesso tempo sta esplorando tutte le variabili possibili. Per quanto riguarda gli uomini, ma anche l’atteggiamento. Anzi, sta scoprendo queste variabili insieme alla sua squadra. Ecco, magari Gattuso non amerà mai alla follia il Napoli “difensivo” che abbiamo visto a San Sebastián. Ma questa alternativa c’è, esiste. E va sfruttata in partite come quella di ieri, così com’è stata sfruttata da gennaio 2020 in poi, quando c’era un equilibrio da ritrovare. Anzi, da ricostruire.

Conclusioni

Il punto fondamentale è che le partite si possono vincere in tanti modi. Gattuso ci è stato presentato – anzi: ci è stato venduto – come un allenatore idealista, come un fedele servitore di una precisa religione tattica: quella del gioco sistemico e del possesso palla. Probabilmente è così che lui vede il calcio, potrebbe anche darsi che voglia arrivare proprio lì, con il suo Napoli. Ma nel frattempo il suo Napoli è stato ed è ancora una squadra multiforme, che vuole giocare in modo diverso. E che sa farlo. Con questa rosa, con questi giocatori, si tratta probabilmente dell’approccio migliore: alcuni concetti fissi, quelli che determinano un’identità ormai metabolizzata, e poi tante variabili conosciute, studiate, preparate in allenamento e poi attuate sul campo. Gattuso sta lavorando proprio così, altro che idealismi.

Ecco perché, quando ha parlato del Napoli «che vorrei facesse qualcosa di più», le parole e la mimica di Gattuso non erano quelle di un professionista deluso. In realtà l’allenatore del Napoli sa perfettamente che Osimhen, Mertens, Lozano, Politano, Zielinski, Koulibaly, Manolas, Fabián Ruiz e tutti gli altri formano un gruppo di enorme qualità, ma eterogeneo. Quindi non possono (ancora?) esprimere un certo tipo di calcio con continuità e sicurezza. Non possono (ancora?) comandare tutte le partite attraverso strumenti come possesso palla insistito, riaggressione alta, giochi di posizione sulle fasce. Però possono vincerne tante, anzi tantissime, modellandosi in base a sé e agli avversari. Allargando, piuttosto che concentrando, la loro conoscenza del gioco. È un progetto ambizioso, perché potenzialmente infinito. Ma potrebbe portare il Napoli in una nuova dimensione, anzi tutto questo sta già avvenendo.

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