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Gattuso non ha ancora scelto l’abito per il suo Napoli, nel frattempo ne prova più di uno

Dopo Parma, ha avuto il coraggio di andare avanti. Ma non ha del tutto abbandona il vecchio schema. Li alternerà, torna il Napoli liquido

Gattuso non ha ancora scelto l’abito per il suo Napoli, nel frattempo ne prova più di uno

Come è sceso in campo il Napoli

Dopo il secondo tempo della gara di Parma, Gattuso non ha avuto il coraggio di tornare indietro. Anzi, la frase si può ribaltare in maniera esatta, perfetta: ha avuto il coraggio di andare avanti, in tutti i sensi. Ha avuto il coraggio di insistere su un sistema di gioco (molto) ambizioso e (molto) audace: il 4-4-2 in fase difensiva. Sì, perché la scelta nuova del tecnico calabrese è questa, e riguarda lo schieramento del Napoli quando deve recuperare il pallone. Quando invece gestisce il possesso, il Napoli è una squadra che può assumere molte forme diverse. E che quindi non va ingabbiata in una sola formula – 4-2-3-1, 4-2-4 o anche 4-3-3 che sia.

La partita tattica col Genoa è durata poco, in realtà: 45 minuti più due di recupero nel primo tempo, più i 26 secondi della ripresa prima del gol di Zielinski. Un tempo che però è bastato per capire in quale direzione sta andando il lavoro di Gattuso. Come detto sopra, però, il nuovo Napoli ha una forma più mutevole rispetto al passato, quindi sarebbe corretto parlare di direzioni, più che di un singolo percorso di evoluzione tattica. Una di queste direzioni, la più frequente, è quella del 4-2-3-1 che in realtà è un 4-3-3 mascherato. Come si vede chiaramente da questo frame, che si è ripetuto in momenti diversi della partita:

In questa fase di costruzione, Fabián Ruiz si muove come pivote davanti alla difesa; Mertens è mezzala di centrodestra, mentre  Zieliski è sul centrosinistra (ma spesso i due si sono scambiati la posizione nel corso della partita)

Con questo scaglionamento, il Napoli può rispettare i principi di Gattuso: la difesa del Napoli resta a quattro in fase di costruzione; Fabián Ruiz assolve le funzioni di regista e riceve molto spesso il primissimo passaggio dei centrali – lo spagnolo infatti è stato il secondo giocatore per palloni giocati nella gara contro il Genoa (107, al primo posto c’è Koulibaly con 117); dopo la costruzione bassa, il pallone può essere smistato sulle catene laterali, laddove Gattuso ama che si costruisca il gioco (anche contro il Genoa il 76% delle azioni si sono originate dalle fasce, 44% quella sinistra e 32% quella destra) oppure su due giocatori che si muovono nei mezzi spazi, come se fossero mezzali. Come se fossimo in un 4-3-3.

Come si vede nei frame sopra, uno di questi due elementi è Mertens. È una cosa – anzi: la cosa – che cambia l’approccio al gioco del Napoli: se nel 4-3-3 puro il belga gioca da prima punta e opera da riferimento avanzato (ovviamente a modo suo), in questo 4-3-3 liquido si muove con assoluta libertà. Non è una mezzala, ma può agire e agisce come mezzala; lavora molti palloni e poi, dopo, può attaccare l’area di rigore per il tiro in porta e/o per l’ultimo passaggio. Tutto ciò succede perché ora, a pochi metri da lui, c’è Victor Osimhen. Cioè un attaccante che allunga la squadra, che tiene occupata la difesa avversaria. Così il Napoli crea e ha più spazi in cui far esprimere Mertens, un giocatore con enormi qualità tecnica e pure molto intuitivo– ieri, infatti, il belga è stato il giocatore che ha servito più passaggi chiave (4).

C’è anche il doble pivote

Con questi uomini, ovviamente, il Napoli può costruire gioco anche in un altro modo. E l’ha fatto: durante la partita col Genoa, diverse azioni degli azzurri sono partite con Zielinski e Fabián Ruiz schierati uno accanto all’altro davanti ai centrali di difesa. Non a caso, anche il polacco ha toccato un numero elevato di palloni: 59, più di ogni altro giocatore del Napoli a parte i quattro difensori e Fabián Ruiz. In questi momenti si può parlare di 4-2-3-1 puro: Mertens agisce come trequartista/seconda punta, si muove per ricevere il pallone tra le linee e poi può orchestrare a suo piacere la manovra offensiva; nel frattempo, Osimhen continua ad agire da centravanti di riferimento, dilatando gli spazi in verticale.

Pochi istanti prima del gol di Zielinski, il Napoli fa partire come al solito l’azione dai centrali difensivi; Zielinski e Fabián Ruiz sono schierati praticamente in linea davanti alla difesa, il polacco riceverà il pallone tutto spostato sulla sinistra e poi punterà l’area avversaria in progressione

Che sia 4-3-3 mascherato o doble pivote, il Napoli ha fatto comunque registrare un cambiamento – di uomini e di disposizione – rispetto al 4-3-3/4-5-1. Si tratta di una modifica importante, perché costringe il Napoli a portare avanti il pallone in maniera diversa. La scelta di rinunciare a un centrocampista di ruolo per inserire Osimhen al fianco di Mertens priva la squadra di un uomo in costruzione bassa, quindi di un’ulteriore possibilità di passaggio tra la linea d’attacco e di centrocampo degli avversari. E allora la manovra deve essere costruita con azioni più veloci, più dirette. Con passaggi che esplorano corridoi verticali, sulle fasce come nella zona centrale.

In questa azione, Mertens compie i classici movimenti e le classiche giocate del trequartista nel 4-2-3-1

Due esempi sono l’azione del gol di Lozano e questa che vediamo sopra. In entrambi i casi, il Napoli ha mosso il pallone in avanti con pochi tocchi, sempre con Mertens a ricevere e poi ad agire da regista offensivo in zona più o meno centrale; nel primo caso, il belga ha condotto la palla e poi si è aperto verso sinistra (da dove ha cercato e trovato l’inserimento di Lozano in area di rigore); nel secondo, invece, ha servito di prima il solito scatto in avanti di Osimhen.

Come detto, scaglionamenti e posizioni cambiano le cose in maniera relativa: con Mertens nella posizione di seconda punta ibrida, il Napoli è costretto a velocizzare e verticalizzare il suo gioco, a rendere meno articolata la sua manovra. Perciò in un certo frangente del primo tempo il Napoli ha sofferto un po’ il possesso palla del Genoa – la percentuale relativa al primo tempo, non a caso, è stata del 50% per entrambe le squadre. Si tratta di un cambio inevitabile: quando una squadra ha necessità di giocare in maniera più diretta, perde qualcosa nella sicurezza della trasmissione arretrata, nella gestione – anche solo apparente – dei ritmi della partita. È un gioco di scambi: per rendere più pericoloso in avanti il suo Napoli, Gattuso ha barattato un po’ di pulizia nel puro possesso palla difensivo, cioè lo strumento con cui controllava le partite.

Il (nuovo) Napoli in fase difensiva

Come detto in apertura, la novità più netta e più chiara del nuovo corso tattico è il cambiamento dello schieramento in fase difensiva. Con Osimhen e Mertens contemporaneamente in campo, Gattuso è passato al 4-4-2, lo schema utilizzato da Ancelotti nel corso della sua esperienza a Napoli. Si tratta di una modifica sostanziale, ma non di concetto: la squadra azzurra, infatti, continua a difendere orientandosi sul pallone, comprimendo gli spazi, con un baricentro alto (posto a 50 metri nella gara di ieri) e cercando di tenere i reparti molto stretti, sull’asse verticale come su quello orizzontale.

Il pressing è selettivo, cioè intermittente: tendenzialmente i giocatori di Gattuso cercano di aggredire il possesso degli avversari, però ci sono momenti della partita in cui questa azione è meno continua; a quel punto gli azzurri tendono a compattarsi, a non scoprirsi, pur non rinunciando mai a restare alti, quindi a creare spazi ampi tra il portiere e la linea difensiva.

È evidente come questa scelta possa diventare rischiosa, in alcuni frangenti. Il cambio di gioco che si percepisce dall’immagine sotto darà il via all’unica vera azione pericolosa del Genoa, quella terminata col tiro sbucciato da Lerager in piena area di rigore. Nell’attimo in cui viene catturato il frame, tre giocatori del Napoli (Insigne, Mertens e Osimhen) sono fuori inquadratura, ma è evidente il blocco 4+4 tra difesa e centrocampo, così come si nota chiaramente che lo spazio attaccato da Pellegrini si sia generato perché gli azzurri stavano difendendo sull’altra corsia – secondo il principio dell’orientamento sul pallone.

Il 4-4-2 del Napoli in fase difensiva, in questo caso, mostra uno dei suoi limiti

La manovra del Genoa diventa pericolosa perché il 4-4-2 del Napoli è destinato a soffrire i cambi di gioco. È praticamente inevitabile: Pellegrini, infatti, si troverà uno contro uno con Di Lorenzo, e il successivo arrivo di Pjaca genererà il due contro due con il terzino del Napoli e con il rientrante Lozano; Fabián Ruiz, l’uomo di parte del doble pivote, arriva in ritardo e quindi non garantisce subito superiorità numerica difensiva. Certo, magari lo spagnolo non sarà un grande scattista né un grande interdittore di centrocampo, ma il problema è soprattutto spaziale, nel senso che non va attribuito ai giocatori: la differenza tra 4-4-2 e 4-5-1 sta proprio nello spazio difensivo che deve essere sorvegliato dai centrocampisti, uno spazio più ampio perché, appunto, è presidiato da un giocatore in meno.

È una tassa da pagare per giocare un calcio offensivo con questo sistema: se il Napoli ha dimostrato di essere più pericoloso in avanti quando affianca Mertens a Osimhen, deve per forza rinunciare a qualcosa. Come detto in alto, il possesso diventa inevitabilmente meno fluido e quindi viene a mancare la sensazione di controllare, anzi dominare il gioco lungo tutto l’arco di una partita. In difesa, invece, certi spazi si dilatano inevitabilmente. Gattuso dovrà lavorare su questi aspetti per trovare equilibrio, lo ha ripetuto anche nelle interviste del postpartita. In ogni caso, dovrà scegliere di partita in partita, e dentro ogni partita, qual è l’assetto migliore per la sua squadra. Ogni scelta, nella tattica calcistica come nella vita, presenta infatti dei pro e dei contro.

Il cambio Elmas-Insigne

In virtù di tutti i concetti che abbiamo espresso finora, il cambio Elmas-Insigne ha finito per accelerare il progetto di cambiamento varato da Gattuso. Rispetto al suo capitano, il macedone è un giocatore più mobile e vario nel suo gioco in fase di possesso, e ovviamente è più portato alle coperture preventive. Non è una critica a Insigne, piuttosto un’evidenza tecnica e antropometrica: in fase di attacco posizionale, cioè con la difesa avversaria schierata, Lorenzo ama ricevere il pallone sui piedi per dirigere l’azione nella sua porzione di campo preferita, il mezzo spazio di centrosinistra; inoltre è un giocatore puramente offensivo, che non ha una gran corsa sul lungo, quindi i suoi (continui, immancabili, encomiabili) recuperi difensivi sono il frutto di un lavoro tattico di adattamento, di aiuto per la squadra, piuttosto che una sua caratteristica spontanea.

In alto la heatmap di Insigne riferita alla partita Parma-Napoli; in basso, quella di Elmas riferita alla gara di ieri contro il Genoa. È evidente come il macedone p

Elmas, di contro, è un puro esterno a tutta fascia. Anche lo scorso anno, a San Siro contro l’Inter nella semifinale di andata di Coppa Italia, il macedone fu schierato al posto di Insigne e mostrò di essere adatto a questo ruolo, pur con caratteristiche diverse (e in un Napoli diverso). Come detto, è naturalmente più portato a rinculare in fase difensiva, ed è più rapido – anche se meno creativo e qualitativo – nella giocata in verticale rispetto a Insigne.

Insomma, per dirla in breve: anche se raramente effettua un grande passaggio per i compagni o un tiro di grande qualità verso la porta, Elmas tocca meno il pallone quando la difesa avversaria è schierata; in più, tende a essere più diretto e verticale quando conduce la palla e/o la smista verso i compagni. Nella gara di ieri, il suo profilo è sembrato più adatto a quello di Insigne per il ruolo di quarto centrocampista (o esterno offensivo) a sinistra, soprattutto se pensiamo alle partite in cui il Napoli dovrà essere ancora più attento in difesa e rapido nelle azioni offensive. Certo, Insigne resta una risorsa da sfruttare: uno dei compiti più ardui di Gattuso sarà proprio trovare l’equilibrio adatto tra le esigenze della squadra e quelle del capitano.

Conclusioni

In verità il discorso relativo a Insigne si può estendere a tutta la squadra, a tutti i giocatori. Gattuso ha capito che la presenza di due attaccanti in campo (dall’inizio o a partita in corso) e il conseguente passaggio a un gioco più verticale (come richiesto dalle caratteristiche di Osimhen) sono delle opzioni di cui tener conto. Anzi, contro il Genoa la partita del Napoli è iniziata proprio così, con la volontà di colpire l’avversario a costo di sacrificare parte dell’equilibrio raggiunto lo scorso anno con il 4-3-3 puro. Quel sistema di gioco, però, aveva già denunciato dei problemi in fase offensiva contro certi avversari; problemi che si sono ripresentati anche nel primo tempo della gara di Parma.

Nelle interviste postpartita, Gattuso ha ammesso che senza il secondo gol di Zielinski sarebbe tornato al 4-3-3. Lo avrebbe fatto per ritrovare l’equilibrio che il Napoli sembrava aver perso nella seconda metà del primo tempo. È evidente che lo stesso allenatore azzurro viva un momento di indecisione. Di comprensibile indecisione. In questo momento, la sua squadra è in fase di riassetto, di bilanciamento, e domenica affronterà la Juventus nel primo vero test impegnativo della stagione.

Non è utopico, né tantomeno sbagliato, pensare che in questa fase Gattuso possa alternare il sistema di gioco visto ieri con quello utilizzato nella scorsa stagione. Anche perché la strada del Napoli potrebbe essere proprio questa: la profondità della rosa consente e consentirà di variare uomini e schieramento; Gattuso potrà farlo in base alla condizione interna, in base alla forza degli avversari, per ogni partita e durante ogni partita. Il concetto di Napoli liquido in un calcio liquido è tornato attuale, e potrebbe essere la soluzione giusta.

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