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Ora il calcio fa l’offeso. Gravina stufo che si consideri il calcio un peso per la salute pubblica

Il Corsport scrive che è stato infastidito da De Luca che ha (giustamente) detto che il protocollo non vale niente. Sapesse quanto sono infastiditi gli italiani dal calcio

Il calcio fa l’offeso. Il ridicolo sembra non avere dimora tra i dirigenti italiani del pallone. Ecco cosa scrive oggi il Corriere dello sport.

Stavolta Gravina ha preferito non rispondere ufficialmente (a De Luca, ndr) – lo aveva già fatto dopo le critiche di Galli, parlando di «dichiarazioni che alimentano confusione e inutili tensioni» – ma è rimasto parecchio deluso da queste esternazioni (De Luca ha giustamente definito il protocollo un documento che non vale niente, ndr). Anche perché il protocollo è un atto ufficiale, scritto da una commissione medica e validato dal Comitato tecnico scientifico del governo.

Cosa c’entri, non si sa. Non è che su un documento viene validato dal Cts, poi ha valore superiore a una legge dello Stato. Lo capirebbe persino un bambino di quattro anni.

Il Corriere dello sport, con tono da nota quirinalizia, scrive che

nei palazzi inizia a circolare un certo fastidio per quella che viene ritenuta una valutazione «errata» dell’importanza socio-economica del pallone. Mentre vengono pagati stipendi milionari, infatti, il professionismo genera 1,4 miliardi di contribuzione fiscale e previdenziale (per ogni euro investito dal governo nel settore c’è un ritorno di 16 euro) con un’incidenza del 71,5% sulla contribuzione dell’intero comparto sportivo, oltre che un risparmio annuale in termini di spesa sanitaria di 1,2 miliardi. Gravina è stanco di veder considerato questo mondo come un peso per la salute degli italiani.

Sapesse quanto sono stanchi gli italiani di assistere agli sfacciati e continui privilegi degli attori del calcio italiano mentre il resto del Paese sta vivendo un periodo drammatico.

«Chi ci ritiene degli irresponsabili dice una corbelleria incredibile» ha sottolineato lunedì dopo l’incontro con Spadafora. Durante il lockdown il ministro era quasi un avversario, oggi invece è considerato l’alleato principale per l’operazione salvezza di una delle più grandi aziende del Paese.

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