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Puerta, il tennista dopato (sconfitto da Nadal) che ora ammette: “Ho fregato il Tas”

Lo scoop de La Nacion: l’argentino risultò positivo dopo la finale del Roland Garros persa nel 2005: “Riuscii a farmi ridurre la pena raccontando una bugia”

Puerta, il tennista dopato (sconfitto da Nadal) che ora ammette: “Ho fregato il Tas”

Il 5 giugno 2005, un argentino, Mariano Puerta, perde la finale del Roland Garros. Vince Nadal: 6-7 (6-8), 6-3, 6-1 e 7-5. Il primo dei dodici Slam parigini dello spagnolo. Due giorni dopo aver lasciato Bois de Boulogne, Puerta è con la sua famiglia in un ristorante sulla Costanera, a Buonos Aires. Si alzano tutti, cuochi, camerieri, commensali. Una standing ovation. Quattro mesi dopo, Puerta cammina per strada, la gente distoglie lo sguardo, qualcuno gli urla “imbroglione!” alle spalle. Perché Mariano Puerta è un dopato. Positivo all’antidoping proprio per quella finale del Roland Garros, sconfitto dal re dell’agonismo feticcio dei complottisti: è lui, Nadal, il dopato nascosto del tennis, dicono ancora. Con quel bicipite anabolizzato e una continuità di risultati quasi patologica. E invece Nadal i veri dopati li batteva persino.

Puerta è il caso di doping più scandaloso nella storia degli sport argentini, dopo Maradona a USA 94. Perché ora l’ex tennista, arrivato proprio nell’agosto di quel 2005 nella top ten del tennis mondiale, rivela a La Nacion di aver imbrogliato il Tas: la teoria usata nel suo appello per ridurre la prima squalifica era “una bugia”. Ma la sua nuova spiegazione, lungi dal chiarire lo scenario  – scrive l’autorevole quotidiano argentino – genera ancora più controversie e ipotesi. La Nacion scrive di aver contattato tre delle persone più influenti della sua squadra all’epoca (l’allenatore Andrés Schneiter, il preparatore fisico Darío Lecman e Jorge Brasero), e le loro versioni differiscono da quelle del reo-confesso.

Puerta per di più era un recidivo: nel 2003 restò fermo nove mesi per l’assunzione di un farmaco per l’asma considerato “anabolico”. La seconda condanna fu pesante: otto anni di squalifica e la restituzione di circa 887.000 dollari vinti in quel semestre. Con la “bugia” la sanzione fu ridotta a soli due anni.

Nella sua dichiarazione – che ora ammette essere mendace – davanti ai vari tribunali (e più tardi davanti ai media), Puerta spiegò che, pochi minuti prima della finale a Parigi, andò al ristorante dei giocatori con l’attrice Sol Estevanez (che divenne poi sua moglie). E che la donna aggiungeva alla sua acqua alcune gocce di Effortil, un farmaco che usava per il dolore mestruale e che conteneva etilefrina. Bevve inavvertitamente dalla sua bottiglietta, ed è così che, secondo lui, assunse la sostanza dopante.

Ora, 15 anni dopo il fatto, Puerta dice che questa spiegazione era falsa: una strategia difensiva messa a punto dei suoi rappresentanti legali, guidata da Eduardo Moliné O’Connor, vicepresidente della Corte suprema di giustizia argentina, leader dell’Associazione argentina di tennis, membro dell’International Tennis Federation e – incredibile – anche del tribunale arbitrale per lo sport, il Tas, tra il 1998 e il 2006.

Puerta, che dopo aver dichiarato bancarotta in Argentina, si è rifatto una vita negli Stati Uniti, ora ammette che il doping – svelato all’epoca da uno scoop de L’Equipe – era effettivamente tale. Colpa, dice ora, di alcune pillole “compromesse” di vitamine fornitegli dal suo preparatore atletico, Dario Lecman. Il quale, invece, nega tutto.

“La spiegazione che abbiamo usato come strategia era una bugia. Ma non ho avuto un vantaggio sportivo. Non voglio essere visto come un imbroglione “.

Il racconto che fa Puerta è proprio quello di un atleta che aveva bisogno di un “aiutino”. Nel dicembre 2004 termina la stagione vincendo il Guadalajara Challenger ma al 133° posto della classifica mondiale. Gli integratori gli servono per aumentare le sue performance contro alcuni giocatori:

“Erano pillole che non usavo sempre, dipendeva da come mi sentivo. Se stavo bene e giocavo contro qualcuno che mi ha dava tempo di gioco, non le prendevo. Ma giocare contro Agassi non era lo stesso che giocare contro Corretja. Contro Agassi appena completavo il mio colpo la palla era già tornata nel mio campo…”.

“Ho trascorso anni senza leggere niente. È come se avessi sempre voluto cancellare tutta questa storia dalla mia vita. E ora, quando ho letto di nuovo la storia del bicchiere, non mi è piaciuto. Non era il modo in cui voleva essere ricordato”.

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