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«Quanti proclami e parole al vento. Poi però premiano Autostrade anche se ha sbagliato»

A Repubblica la mamma di una vittima del Morandi: «Come se un bambino capriccioso rompe un giocattolo, e tu gliene regali uno nuovo. Hanno scoperto i mancati controlli, le bugie. Non gli interessa: tutto qui»

La Repubblica intervista Paola Vicini. E’ la mamma di Mirko, una delle vittime del crollo del Ponte Morandi, che il 14 agosto di due anni fa crollò all’improvviso sotto il diluvio, a Genova, portandosi dietro 43 vittime. Il corpo di Mirko fu l’ultimo ad essere ritrovato, il giorno dei funerali, il 18 agosto.

Paola non era presente alla cerimonia tenuta alla Fiera di Genova. Era vicino alle macerie del Ponte. Aspettava che ritrovassero il corpo del figlio, non voleva andarsene fino ad allora.

«E alle 14.08 mi hanno chiamato sul telefonino: “Per favore, venga all’obitorio: abbiamo appena portato Mirko, deve fare il riconoscimento”. Ho risposto: “grazie, finalmente”. L’ultima delle vittime ritrovate. La sera ho chiuso il mio orologio in un cassetto. Non l’ho più tirato fuori».

Così, non ascoltò in diretta le parole di Di Maio che, parlando di Autostrade per l’Italia, disse:

«Quelli, i nostri ponti e le nostre strade non li gestiranno mai più».

Ma le ha sentite dopo, le ricorda bene.

«Dalla passerella del giorno successivo alla tragedia, non ho perso nulla: quante belle parole, proclami. “Toglieremo le concessioni!”, “Avrete giustizia!”, “Mai più!”. Forse non ero lucida, così come non lo sono oggi e non lo sarò mai più. Ma mi viene da ridere amaro, a ripensarci: quante parole al vento. E quanta cattiveria gratuita, che dolore».

E’ di ieri la notizia che sarà proprio Autostrade a gestire il nuovo viadotto sul Polcevera.

«Due anni fa certa gente doveva stare zitta, invece di rivolgersi a noi poveretti: meglio non creare illusioni, perché poi la verità fa cento volte più male. Hanno scoperto i mancati controlli, i report falsificati, asfalto e cemento in briciole. Le bugie. E hanno avuto tanto tempo, per mettere a posto le cose. Per fare giustizia, come ci dicevano fin dall’inizio. Non è successo nulla. Però a me hanno insegnato che chi sbaglia, paga: qui invece lo premiano, gli danno una nuova opportunità. Come se un bambino capriccioso rompe un giocattolo, e tu gliene regali uno nuovo».

La signora Vicini si scaglia contro le istituzioni.

«Chi ci governa non ha tempo per ascoltarci davvero. E non ha figli, affetti: pensa solo al potere, ai soldi. Non è come noi. Io sarei andata in capo al mondo, per cercare di portare un po’ di pace a questi cuori malati. Loro no. Non comprendono, non gli interessa: tutto qui».

E sul processo è disincantata:

«Autostrade ha già versato 60 milioni di euro di indennizzi. Si va verso la prescrizione, non gliel’hanno detto?».

Suo figlio, Mirko, aveva solo 30 anni. Lavorava all’Amiu, l’azienda comunale per i rifiuti. Il 14 agosto 2018 era al lavoro, sotto il ponte, come tutti i giorni.

«Da allora, tutti i mesi, il giorno 14 porto un mazzo di rose bianche sul posto. Durante il lockdown mi hanno dato un permesso speciale. Adesso l’Inps mi dice che, siccome non era sposato e non aveva figli, la sua vita vale meno di quella degli altri. Ne ho parlato col presidente Mattarella. È l’unico che in due anni mi ha risposto».

In Italia va sempre così, dice.

«È tutto un teatrino: fanno finta di controllare e si fanno vedere tutti impegnati a lavorare, a garantirci sicurezza. Così poi gli rinnovano la concessione. E si va avanti come prima. Come sempre. È la storia della giustizia in Italia. Rassegniamoci».

Non sarà presente all’inaugurazione del nuovo ponte, ne è certa.

«L’altro giorno mi ha chiamato il sindaco Bucci, per invitarmi. Gli ho risposto: “Lei è fortunato, ha due figli e in questo momento può telefonargli. Io no. Io di sicuro non ci vado, e mi auguro che abbiano la decenza di non invitare anche quelli di Aspi. Chi se ne importa se hanno la concessione: la loro presenza sarebbe inaccettabile, mentre rievocano i nomi dei nostri cari. E poi, su quel ponte non mi ci vedrete mai nemmeno in futuro: l’ho giurato a Mirko, e a tutti gli altri. Mai più»

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