Garanzini sul boom di rigori in Serie A: “I calci di rigore sono diventati come le ciliegie, uno tira l’altro. Con i guardoni in sala Var a improvvisare la loro brava autopsia senza tener conto alcuno di distanze, dinamiche, posture”
“Al tempo del post-coronavirus i calci di rigore sono diventati come le ciliegie. Uno tira l’altro”.
E’ il commento di Gigi Garanzini, su La Stampa, al boom di rigori in Serie A: 152 in 30 giornate.
“Mettiamola così. Quest’anno in generale, e in questa ripresa fuori stagione in particolare, si fa un uso smodato della cosiddetta massima punizione. Da parte di arbitri grandi e piccoli, o rispettivamente presunti tali: così che se Rocchi in Lecce-Sampdoria concede tre rigori di cui ce n’era forse uno, la giornata successiva Abisso ne fischia altrettanti in Parma-Fiorentina, gli ultimi due risibili”.
Perché? Si chiede Garanzini, senza trovare una risposta condivisibile, ma una sola certezza:
“Quel che si sa è che se nel resto del campo si gioca a pallone, nelle due aree di rigore si gioca alla roulette russa: con i guardoni in sala Var a improvvisare la loro brava autopsia senza tener conto alcuno di distanze, dinamiche, posture. Tant’è vero che Irrati, in teoria il più bravo alla Var e di sicuro uno dei meno bravi in campo, vigliacco se va mai a rivedersi un episodio quando arbitra e andrebbe richiamato alla verifica”.
Questo nuovo calcio, in cui si gioca ogni tre giorni, con il caldo, conclude Garanzini, è duro per tutti, sia per i calciatori che per gli arbitri.
“Per questo servirebbe maggior comprensione reciproca. Se a Soriano, col fiato mozzo, scappa detto a Pairetto «sei scarso», non è un complimento: ma nemmeno reato. Al massimo, un pensiero condiviso con chiunque veda arbitrare Pairetto“.