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Con la frase su Ancelotti, De Laurentiis conferma che il calcio a Napoli è antropologia

Al Corsport il presidente non fa risalire l’esonero ai risultati ma “a un calcio che non fa per Napoli”. Eleva a modello la diversità che è il collante e il brand della città

Con la frase su Ancelotti, De Laurentiis conferma che il calcio a Napoli è antropologia

Dopo la prima stagione, potendo ricorrere alla clausola rescissoria, avrei dovuto dirgli: “Carlo, per me non sei fatto per il tipo di calcio che vogliono a Napoli, conserviamo la grande amicizia, il calcio a Napoli è un’altra cosa.

È la frase di Aurelio De Laurentiis a Ivan Zazzaroni direttore del Corriere dello Sport. Una frase che certifica la resa definitiva del presidente del Napoli alla realtà che lo circonda. Per spiegare l’esonero di Ancelotti, non accenna ai risultati deludenti del secondo anno in campionato né all’ammutinamento o al cattivo rapporto con alcuni calciatori. Nulla di tutto questo. De Laurentiis torna indietro di mesi, al termine del primo anno. E dice che avrebbe dovuto esonerare Ancelotti dopo il secondo posto e i quarti di finale di Europa League (all’indomani dell’eliminazione nel girone Champions con gol mancato all’ultimo minuto a Liverpool). Perché a Napoli vogliono un altro calcio. Rimarca quella diversità che Rafa Benitez invano contestò. La eleva a modello.

Perdonate l’autoreferenzialità ma per noi del Napolista in questa occasione è impossibile non esserlo. Quando esonerò Ancelotti, scrivemmo che era finita la diversità di De Laurentiis, che il Napoli aveva scelto di rimanere a Frattamaggiore.

Con l’intervista al Corsport, De Laurentiis avalla il caposaldo principale di questa testata: a Napoli il calcio è una questione antropologica che fondamentalmente esula dai risultati. Ancelotti, così come Benitez prima di lui, era ed è culturalmente straniero. Pur essendo arrivato a Napoli decisamente con meno alterigia dello spagnolo che invece, dopo essere stato aspramente contestato, è stato rivalutato. Eppure Ancelotti è un figlio del popolo. Le sue radici contadine – di cui è giustamente orgoglioso – gli hanno consentito di diventare un simbolo del made in Italy nel mondo. Era felicissimo di stare a Napoli. Difficilmente sarebbe andato via di sua sponte. Ma ha comunque acquisito una mentalità cosmopolita. E, dettaglio non trascurabile, ha vinto tanto. Tantissimo. Troppo affinché potesse scattare il riconoscimento. Il tifoso napoletano, ahinoi, non può rivedersi in Ancelotti.

Per questo Sarri era perfetto. E da persona astuta, Sarri ha assecondato gli umori della piazza e ha dato loro quel che desideravano. Ripetiamo: al di là dei risultati. Tant’è vero che appena andato via da Napoli, ha rinnegato tutta l’impalcatura pseudoculturale che si era lasciato appiccicare addosso.

Napoli ha bisogno di una narrazione che sia assonante con i sentimenti della città. Città che ha vissuto e vive un periodo di profondo arroccamento. Nascere qui, comporta un’adesione. Come se si fosse in battaglia contro un nemico che non è meglio definito. Certo recentemente abbiamo notato un atteggiamento simile anche a Milano, abbiamo sgranato gli occhi nel leggere Ferruccio de Bortoli parlare di sentimento anti-lombardo. Ma siamo ancora – per loro fortuna – alle opinioni sparse seppure autorevoli.

A Napoli, invece, è sistemico. De Laurentiis ha messo nero su bianco che un allenatore che ha vinto a Milano, Madrid, Londra, Monaco di Baviera, Parigi, non è adatto a Napoli. Ne ha certificato la diversità. Napoli cercherebbe un altro calcio. E non può essere una questione tattica. Diciamolo, a parte i proclami, quello di Gattuso è un calcio mazzarriano. E lo diciamo senza alcuna volontà di svalutarlo, anzi: non siamo fan del tiki taka. Il Napoli gioca in contropiede. In contropiede ha segnato i gol più importanti. Però la narrazione che si sviluppa attorno a Gattuso, è una narrazione compatibile, Napoli-friendly. L’uomo del Sud, l’umile, Ringhio (termine che prima d’ora chi scrive non aveva mai utilizzato). Poi non sappiamo quanto profondi siano i rapporti tra il club e il tecnico. Lo chiarirà il tempo.

Ma Napoli ha un canovaccio. E De Laurentiis ha istituzionalizzato che intende assecondarlo. Amplificarlo. In fin dei conti, lui vende un prodotto. È abituato al cinema. E ha capito quale prodotto piace agli spettatori napoletani.

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