Sul CorSera uno studio danese che analizza i movimenti in campo dei calciatori della Super League. Il centravanti è esposto per due minuti a un metro e mezzo dal positivo. I compagni per un minuto e mezzo
Secondo uno studio dell’università di Aarhus, in Danimarca, nel caso in cui ci sia un giocatore positivo in campo a rischiare di più sono i centravanti.
Lo studio, di cui oggi parla il Corriere della Sera, si basa sull’analisi del movimento dei calciatori in 14 partite del campionato danese, la Super League. I ricercatori hanno immaginato la presenza di un giocatore infetto e analizzato per quanto tempo gli altri giocatori si trovano nel raggio di un metro e mezzo da lui, ovvero alla distanza sotto la quale il rischio di contagio è considerato rilevante.
“Lo studio spazio-temporale mostra che durante una partita i giocatori rimangono entro la distanza di infezione tra zero e 657 secondi, poco meno di 11 minuti. La media è un minuto e 28 secondi per giocatore. Ma dall’analisi dei 15.750 risultati emergono differenze enormi da ruolo a ruolo: il professor Thomas Andersen ha spiegato che in media i centravanti sono esposti per due minuti rispetto al minuto e mezzo della media, quindi mezzo minuto abbondante in più”.
Un tempo che comunque non è così lungo da essere considerato davvero pericoloso. Lo spiega il professor Thomsen, immunologo dell’Università di Copenaghen.
«Il National Board of Health si aspetta che tu sia a meno di 2 metri da una persona infetta per più di 15 minuti prima di considerarlo un contatto rilevante, quindi non c’è dubbio che il tempo indicato nello studio non è critico».
Dallo stesso studio emerge che i dilettanti e i ragazzi dei settori giovanili hanno la metà delle probabilità di contagio rispetto ai professionisti perché non sono così veloci e vicini agli avversari come i calciatori di alto livello.