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«Lo sport ha avuto un ruolo nella diffusione del virus, eppure non esistono studi scientifici»

La rivista Frontiers in Medicine sottolinea il ruolo di Atalanta-Valencia (e non solo) ma evidenzia una gravissima lacuna nella raccolta dati

«Lo sport ha avuto un ruolo nella diffusione del virus, eppure non esistono studi scientifici»

Sulla rivista Frontiers in Medicine, un interessante articolo sulla trasmissione del Covid in occasione di grandi incontri sportivi a firma di ricercatori italiani e britannici. Il caso preso in esame è quello della partita di Champions che poi si è rivelata una vera e propria bomba biologica per i contagi, Atalanta- Valencia. Giocata a San Siro il 19 febbraio.  

Dei 45.792 biglietti venduti, si stima che il 95% (43.500 persone) sia stato acquistato in Italia, con solo il 5% (2.500) in Spagna. Se assumiamo che la stragrande maggioranza dei sostenitori di Atalanta provenisse dalla città di Bergamo, allora uno su tre della sua popolazione ha partecipato alla partita“.

Una partita così, scrivono i ricercatori autori dell’articolo, offre evidentemente molte possibilità di commistione tra le persone, sia nello stadio che lungo il percorso, sui mezzi di trasporto, e anche nei bar e locali frequentati dai tifosi prima e dopo il match. Sarebbe stato impossibile mantenere il distanziamento sociale. Inoltre, chi non è andato a Milano si è comunque riunito nelle case o nei bar insieme agli amici per vedere la partita.

Ciò ha creato un’opportunità abbastanza eccezionale per i residenti di Bergamo di riunirsi immediatamente dopo che il primo caso era stato segnalato in Lombardia e quando, quasi certamente, c’erano un numero significativo di persone contagiose sebbene asintomatiche“.

I ricercatori mettono l’accento sul ruolo predominante degli ambienti esterni allo stadio, come i bar, nella diffusione del contagio. Addirittura maggiore rispetto a quanto si è verificato all’interno.

Questa partita può spiegare quanto accaduto a Bergamo? Se lo chiedono. Quella di San Siro non è l’unica partita di calcio giocata durante la pandemia.

“Il personale della sanità pubblica ha indicato la partita tra Liverpool e Atletico Madrid, tenutasi allo stadio Anfield l’11 marzo, a cui hanno partecipato 3.000 tifosi di Madrid, il centro della pandemia in Spagna”.

Ma focolai di contagio si sono rivelati anche altri eventi legati all’ippica o festival, che assomigliano ai grandi eventi sportivi”.

Ebbene, non ci sono molti studi associati agli eventi sportivi, sottolineano i ricercatori. Quasi nessuno. Una delle rarissime eccezioni è quello inglese, pubblicato dal Sunday Times, che ha messo in evidenza che il match di Champions tra Liverpool e Atletico ha provocato almeno 41 morti

Questa scarsità di rapporti è sorprendente, dal momento che i presenti sono spesso affollati insieme, con i cori che offrono un’importante opportunità per la diffusione dei virus respiratori. Pertanto, è difficile evitare la conclusione che la trasmissione di agenti infettivi nell’aria durante gli eventi sportivi sia sostanzialmente sottovalutata”.

Il calcio italiano ha capito che occorreva agire e le partite sono state dirottate verso le porte chiuse. Ma fino al 10 marzo, continuano i ricercatori, i match sono andati avanti. Quando il numero di casi e decessi COVID-19 in Italia era già rispettivamente di 10.149 e 631.

L’articolo continua analizzando il dibattito sulla ripartenza del calcio, immaginando le pressioni dovute agli interessi economici sottostanti, ed ai diritti tv.

La maggior parte dei politici afferma che saranno guidati dalla scienza, ma in larga parta manca prove evidenti. In queste circostanze, sembra poco saggio precipitarsi nel decretare restrizioni su questi eventi e, quando ciò accade, dovrebbe essere accompagnato da un intenso sforzo di ricerca per comprendere molto meglio lgli effetti degli assembramenti e, potenzialmente, dei virus che si diffondono in queste circostanze, prima, durante e dopo le partite”.

L’articolo si conclude con una raccomandazione. Del Covid-19 si sa pochissimo, ma sicuramente è altamente contagioso.

“Se le competizioni sportive riprenderanno nel prossimo futuro, crediamo fermamente che tutte le partite debbano svolgersi a porte chiuse, prestando particolare attenzione ai raduni in luoghi affollati che potrebbero potenzialmente esserci nelle immediate vicinanze degli stadi. Qualora ciò non fosse possibile riteniamo che l’uso di protezioni per il viso, mascherine, come mezzo di controllo dei contagi, pur non potendo garantire il distanziamento sociale che non potrebbe essere mantenuto in grandi incontri, dovrebbe essere reso obbligatorio per gli spettatori. Inoltre, occorrerebbe la sorveglianza intensificata di coloro che partecipano a tali eventi; almeno per l’immediato futuro, dovrebbe essere considerata un mezzo per conoscere meglio le dinamiche della trasmissione di questa malattia e supportare il monitoraggio e il contenimento delle infezioni”.

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