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Vella: «Il cibo del virus siamo noi. Stando lontani gli uni dagli altri, stiamo cercando di affamarlo»

L’infettivologo al CorSera: «Il farmaco siamo noi tutti. Non si deve perdere mordente. Bisogna stringere ancora. Ho dubbi che farmaci non disegnati contro questo determinato virus possano andare bene»

Vella: «Il cibo del virus siamo noi. Stando lontani gli uni dagli altri, stiamo cercando di affamarlo»

Sul Corriere della Sera un’intervista all’infettivologo Stefano Vella. Fa parte del comitato tecnico scientifico della Regione Sardegna per il Covid-19.

La curva dell’epidemia si è stabilizzata, cosa che indica che le misure in vigore in Italia sono giuste, ma è fondamentale mantenere il distanziamento sociale, spiega. E’ l’unico strumento che abbiamo per difenderci, per ora.

«Il cibo del virus siamo noi, uomini, la nuova specie da conquistare. Se fossimo tutti vestiti da palombari, il virus sparirebbe perché senza le nostre cellule non può vivere. Stando lontani gli uni dagli altri stiamo cercando di affamarlo. Il farmaco siamo noi tutti. Il rischio è che vedendo i dati sempre meno negativi la gente possa perdere mordente nel sacrificarsi. E invece bisogna stringere ancora. Lo capisco quanto sia difficile. Alla quarantena si aggiunge la durezza di una quotidianità per molti già precaria».

Il cammino è ancora lungo.

«La montagna del Covid-19 non è come il Cervino che come arrivi in cima subito riscendi. Questa è una montagna a forma di panettone».

Vella si esprime anche sulle terapie che sono allo studio, a partire dai farmaci utilizzati contro l’Aids.

«I farmaci usati finora sono cosiddetti riposizionati. Anche per l’Hiv all’inizio abbiamo provato di tutto. Per sei anni abbiamo usato l’Azt finché un studio non ci ha detto che da solo non serviva a nulla. La vera svolta sono state le terapie specifiche. E così sarà in questo caso. Ho dubbi che farmaci non disegnati proprio contro quel determinato virus possano andare bene, devono essere tagliati addosso, oggi lo sappiamo fare».

Il Covid-19, spiega, è un virus subdolo.

«È una malattia imprecisa, non come il morbillo che sai quando comincia e quando finisce. Nella metà dei casi decorre in modo asintomatico, per un altro 30% ha un decorso lieve moderato mentre una parte dei pazienti vanno in crisi respiratoria grave. C’è una reazione abnorme del sistema immunitario che perde la testa perché attaccato da virus che non conosce, scatena una reazione infiammatoria che intasa polmoni in modo impressionante».

 

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