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Forte del record dei morti in Lombardia, Gallera vuole fare il sindaco di Milano: «Non mi tiro indietro»

L’assessore al Welfare a Repubblica: «Non penso alla popolarità. Nessuno in Italia o in Europa era preparato a tutto questo. Non è una guerra, ma quasi»

Forte del record dei morti in Lombardia, Gallera vuole fare il sindaco di Milano: «Non mi tiro indietro»
Repubblica intervista l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. Ogni giorno, alle 17.30, in diretta social fa il punto della situazione sul territorio regionale. Ha puntato tutto sulla comunicazione, e lo comprendiamo visti i risultati disastrosi della sanità lombarda messa in ginocchio dal coronavirus. La provincia di Bergamo è stata umanamente distrutta, quella di Brescia non se la passa tanto meglio. Eppure l’assessore della regione con il record mondiale di morti per coronavirus ha il coraggio di non tirarsi indietro di fronte a una domanda sull’eventuale candidatura a sindaco di Milano.
«Sono milanese, sono stato vent’anni al Comune, conosco ogni via della mia città e ne sono innamorato. Mi sono sposato qui, ho due figli al liceo, se servirà candidarmi, non mi tirerò indietro».
Siamo al “senza vergogna”. A dimostrazione che nulla è cambiato. La speranza è che cambi l’atteggiamento della cittadinanza. Non più prona e disinteressata ma rabbiosa e pronta a combattere per i propri diritti.
Aggiunge che lui non pensa alla popolarità:
Da un mese sto dentro al bunker della Regione Lombardia, dalle 8 a mezzanotte, l’emergenza non finisce, questo Covid-19 è esploso e se mi fermo un secondo a leggere i messaggi favorevoli, o a pensarci… ok, va bene. Ma non ho metabolizzato l’aumento della popolarità, ci sarà poi il tempo per farlo.
Racconta la sua carriera politica e racconta gli è venuto naturale mettersi davanti a Facebook e «spiegare da assessore che cosa accadeva. Ho cercato sempre di essere chiaro, trasparente e concreto. Di dire tutto e nello stesso tempo di certificare che il nostro sistema sanitario regge. Infondere speranza e non drammatizzare».

Per il resto dell’intervista Gallera dice che secondo lui il tassi di mortalità che si registra in Lombardia (13%) sia molto più basso. Ci sono i contagiati sommersi da calcolare. «Faremo i conti alla fine».

Ricorda che
«all’inizio siamo stati criticati per i “troppi tamponi”. Poi, dopo la prima settimana, le “linee guida” dicevano di fare tamponi solo a chi arriva in ospedale con la polmonite. In ogni caso il tampone non dà la certezza assoluta. (…) Ha più senso organizzare i tamponi per categorie, cominciando dal personale sanitario. E il vero tema è l’isolamento».

Si difende dicendo che «nessuno in Italia o in Europa era preparato a tutto questo», ed è vero «che l’Europa avrebbe dovuto mettere in quarantena chiunque arrivasse dalla Cina, ma chi avrebbe potuto immaginarlo. La cognizione l’abbiamo avuta a fine gennaio, stiamo però appurando se il virus non ci avesse raggiunto prima».

Dichiara che Atalanta-Valencia può essere stata il detonatore del contagio: «sicuramente, tanta gente insieme a festeggiare».
E conclude:
«Non è una guerra, ma quasi, chi non l’ha capito si svegli».
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