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Non cercate il burattinaio, il nemico del Napoli e di Ancelotti è l’Italia dei mediocri (il nostro calcio)

Il primo passo di una società mediocre è rimuovere ed allontanare il centro decisionale, renderlo sacro, inspiegabile, incomunicabile. E Ancelotti lo ha capito. Non illudiamoci sul ricompattamento dell’ambiente napoletano

Non cercate il burattinaio, il nemico del Napoli e di Ancelotti è l’Italia dei mediocri (il nostro calcio)

 

Per la maggior parte sono persone che prestano servizio in ministeri, molte di loro possono scrivere in modo stupendo un rapporto da un ufficio statale a un altro; oppure sono persone che come occupazione vanno a spasso, leggono i giornali nelle pasticcerie.

In tempo di conflitto è importante capire chi si sta affrontando. Né il Napoli né Carlo Ancelotti sono alla facile ricerca del burattinaio nascosto che renda felici le masse che gridano al complotto. Non è la mano nera del calcio che un professionista dall’esperienza del nostro tecnico può andar scovando.

Per capire quale sia l’avversario che il Leader Calmo e il Meno Calmo Presidente hanno di fronte valgano queste tre righe sopra riportate: sono tratte dai Racconti di Pietroburgo del grande Nikolaj Gogol’, lo scrittore russo genialmente saccheggiato da Paolo Villaggio per dar vita al suo Ugo Fantozzi. Le persone descritte in questo stralcio, che passeggiano lungo la Prospettiva Nevskij di una San Pietroburgo di fine Ottocento, sono lo stuolo di uomini e donne di medie capacità, medie esperienze e medi sentimenti, che affollano gli uffici della città come un esercito di funzionari addetti a spostare carte mille volte al giorno da una scrivania all’altra. Senza motivo e senza scopo. Sono i Ragionier Filini e i Geometra Calboni ante-litteram: sono i mediocri.

Il Meno Calmo Presidente ne ha data una diversa ma pur sempre efficace definizione: in Serie A i signori che vanno a spasso e leggono giornali nelle pasticcerie sono quelli che, se non esistesse il calcio, starebbero a pelare patate. Il Fantozzi che alberga in ogni uomo ha quotidianamente paura di morire, è conscio della limitatezza dei propri mezzi per cui non può far altro che alimentare artificiosamente la necessità della propria presenza costruendo quante più sovrastrutture possibile, con l’obiettivo di finire a coprire un microscopico ruolo di comando in una di esse. Magari generando la necessità di un assistente al Var dove poter svernare una volta raggiunto il limite dei contributi previdenziali. Il desiderio di esercitare una piccola vessazione, di infliggere qualche fastidio al prossimo, è la caratteristica saliente del mediocre che, in questo fasullo senso di autorità, affoga il vero terrore di ogni funzionario: la pensione.

Dunque, se state cercando il capo della cupola, siete lontani dalla reale posta in palio. Forse anche Calciopoli è un termine fuorviante e che non sono certo attecchisca nella mente di Ancelotti. Il problema del calcio italiano, specchio fedele della realtà sociale del nostro paese, sta nella scarsa qualità umana dell’intero movimento. Negli uomini e le donne che lo compongono. Nella impreparazione degli arbitri. Nei giocatori che portano la nazionale ai minimi storici. In un giornalismo sciatto – il richiamo ai gettonati da 500 euro è il senso della pericolosità di una categoria che non fa altro che inquinare le acque del calcio per, una volta ancora, generare micro-sacche di potere. Ed un tifo imbarazzante per la propria povertà – di presenza, di modi, di fantasia, di passione: lo sta dicendo tutta Europa che i nostri stadi fanno letteralmente schifo e non perché manchino i servizi igienici ma per la disperante ignoranza di chi li abita, quella che lascia allibiti Conte, Capello, Ancelotti, tutti coloro che hanno messo piede in una qualunque struttura sportiva oltre confine.

Il Leader Calmo ha colto nel segno di questa mediocrità puntando il dito sul tema politico che è la etero-direzione. La burocrazia di cui la mediocrità si ciba è anzitutto opaca, per sua stessa definizione. Deve coprirsi perché sa di risultare imbarazzante alla luce del sole e coprendosi si rende manipolabile. I funzionari dei racconti di Gogol’ sono come gli arbitri della Serie A italiana, incapaci di assumersi responsabilità, dunque pronti a costruire una cabina di comando distaccata, lontana, coperta dal segreto. Il primo passo di una società mediocre è rimuovere ed allontanare il centro decisionale, renderlo sacro, inspiegabile, incomunicabile. Questo fa sì che la gente si convinca che esistano perversi giochi di palazzo che hanno vita in quei luoghi. Chi segue e osserva fantastica di queste inviolabili stanze dei bottoni mentre i grandi classici della letteratura e del cinema hanno provato a insegnarci che i salotti dei megadirettori ci sono interdetti solo perché la qualità delle decisioni prese e di coloro che devono assumersene la responsabilità è comicamente imbarazzante.

Per decenni in Italia si è posto l’accento retorico sulla storia melodrammatica dei cervelli in fuga, delle forze migliori che espatriano. Ci si è sempre rifiutati di capire che per diventare uomini e donne l’altrove è necessario. Learn, earn and serve sogliono dire gli americani: impara usando le istituzioni della tua comunità, guadagna esperienza e danaro con quanto hai imparato e poi torna a servire la comunità dalla quale sei partito. Questo ciclo, non solo professionale ma anche umano, in Italia è totalmente interrotto; in parte perché l’emigrazione, unita ad un generale disinteresse alla cosa pubblica, ha drenato pericolosamente le risorse del nostro paese. In altra parte perché l’Italia è diventata una sponda riservata a chi ritorna in un afflato eroico, dove per eroismo si intende saper banalmente dire che un coro di insulti rimane un coro di insulti, dentro e fuori uno stadio, e chi li pronuncia è un maleducato prima ancora che un disadattato.

La battaglia è enorme e siamo pronti a farla al fianco di Ancelotti, dei giocatori e della società. Ma non ci si illuda sulla ritrovata compattezza dell’ambiente. Napoli rimane sgretolata e una sua coscienza civile non si ricostruisce per strappi o per episodi. In città sono tanti quelli che accostano quanto avvenuto lo scorso mercoledì sera al finale di campionato del 2018, con il famoso scudetto perso in albergo. Al di là della abissale differenza degli eventi sportivi, esiste qui una diversità sostanziale sul senso politico del gesto di Ancelotti confrontato a quello di Sarri: mentre il primo, forzandosi in una calma da grande leader (che ha imparato, guadagnato ed è pronto a servire), sta indicando i temi da affrontare e le porte da sfondare, il secondo (all’inizio del proprio tardivo ciclo) ha gestito in una sostanziale acquiescenza il presunto torto subito, finendo poi – come è noto – sulla sponda del più forte. Questa è infatti la differenza tra un uomo che conquista menti, cuori e partite e chi si accontenta di vestire i panni di Masaniello. Ci vorranno forse anni prima che Napoli smetta di seguire i rivoltosi remissivi ed inizi ad ascoltare chi è più bravo, in silenzio. Ma non saremo certo noi a demordere.

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