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L’incontro De Laurentiis-giocatori può chiudere la fase del furore. Ad Ancelotti il Nobel per la Pace

Altro che Greta. L’uomo che conosce le cose della vita, il valore dell’attesa e che sa lavorare durante le tempeste. Astolfo è tornato dalla luna. Venerdì si apre una nuova pagina

L’incontro De Laurentiis-giocatori può chiudere la fase del furore. Ad Ancelotti il Nobel per la Pace

In una stanza c’è il candidato al Nobel per la Pace. Altro che Greta Thunberg. Lei si sarebbe arresa di fronte alle asperità ambientali che spiravano lungo l’asse Los Angeles-Castel Volturno. Nemmeno lei avrebbe potuto nulla. Il tifone Aurelio, scatenato da tante piccole correnti avverse, l’avrebbe spazzata via. Lei, non Carlo Ancelotti l’Indurain del pallone. L’uomo che viene assurdamente descritto come un signore abituato a prendere i biscotti col thè alle cinque del pomeriggio. E invece è un rivoluzionario vero. E, anzitutto, un uomo che conosce la vita e l’uomo. E che da piccolo, come peraltro da lui scritto in qualche libro, ha compreso che le cose vanno fatte maturare. C’è un tempo d’attesa. Lui, figlio di contadini, lo ha sempre saputo bene.

Coloro i quali osservano e giudicano il calcio (quindi anche noi), sono sempre alla ricerca di sentenze, di conclusioni definitive. È questa la principale differenza. È come pensare che ogni crisi matrimoniale, anche grave, si concluda con una separazione. Non è così, ovviamente. Perché poi interviene la vita. La vita c’è sempre. Ecco, Ancelotti conosce questo principio base. E quindi si pone in una situazione non solo di attesa, ma di lavoro nell’attesa. Si può lavorare, c’è tanto da lavorare col mare in tempesta ma il mare sempre in tempesta rimane. Bisogna comunque aspettare che si calmi. Ma come ti comporti durante la tempesta, è fondamentale, salva la vita a te e ai tuoi compagni d’avventura.

L’Indurain del pallone ha tenuto i fili di una situazione per certi versi assurda. Situazione che però non è esplosa all’improvviso. In questa vicenda non esistono attori senza responsabilità. Perché sapere quel che accade nella nave e chiudere gli occhi pensando che tutto primo o poi andrà al suo posto, è un errore. Anche grave. Non dimentichiamo – mai – le mele marce di Arrigo Sacchi.

È possibile che la reazione di De Laurentiis sia anche figlia di una consapevolezza. Ma il punto non è la reazione in sé. Il punto è, anzi era, credere che il futuro del Napoli fosse legato alla vertenza con i calciatori. Sono due cose distinte e separate. Prima o poi, la fase del furore doveva esaurirsi. Prima o poi, Astolfo doveva tornare dalla luna. E qui va fatto un inciso: non condividere la posizione di De Laurentiis negli ultimi giorni, soprattutto perché non aveva compreso cosa gli stava accadendo in casa, non vuol affatto dire che hanno ragione coloro i quali ora gonfiano il petto dicendo che lo avevano sempre detto. Blaterano di politica aziendale, loro che, giustamente (sagge mogli), a casa non mettono bocca nemmeno sulla suddivisione dei soldi per la spesa. E ci fermiamo qui: tre righe sono più che sufficienti.

Tornando alle cose serie, scorgiamo nell’incontro di venerdì l’inizio della fase due. Lo speriamo. Fase due che ovviamente dovrà portare a conclusioni radicali, oggi finalmente necessarie per quasi tutti. Ma non può diventare la vetrina del Napoli. Il Napoli deve tornare a fornire notizie di calcio, deve rimettersi in carreggiata. Come ben sa l’Indurain della politica.

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