Serie A riflette sull’offerta Mediapro: è davvero sostenibile? Per il triennio 2021-24 gli ispano-cinesi offrono in tutto 1 miliardo e 233 milioni per dare alla Serie A un suo canale tematico.
Sul Corriere dello Sport un’ampia pagina a firma Alessandro Barbano sulla battaglia per i diritti tv tra Sky e Mediapro per i diritti tv della Serie A.
Con gli ingaggi lievitati del 20% in un anno e un debito superiore ai 4 miliardi, la Serie A, ovvero De Siervo, ha tirato fuori dal cilindro la carta Mediapro.
Mediapro è una multinazionale dello sport con sede a Barcellona, controllata da un importante fondo cinese.
Nel febbraio 2018 si è aggiudicata i diritti tv della Serie A per tre anni, ma il bando fu sospeso tre mesi dopo da un’ordinanza del tribunale di Milano per violazione dei principi antitrust.
La Lega così si accontentò dei 973 milioni l’anno offerti da Sky e Dazn insieme.
Ora Mediapro rilancia per il triennio 2021-24, con un’offerta più ghiotta. 1 miliardo e 150 milioni a stagione, più 55 milioni per i diritti d’autore e 78 per i costi di produzione. In tutto 1 miliardo e 233 milioni per dare alla Serie A una piattaforma per autoprodurre e vendere le partite direttamente agli utenti. Un proprio canale e un unico intermediario che sarebbe appunto Mediapro.
Per approvare l’idea e cedere i diritti tv, l’assemblea dei presidenti di Serie A dovrebbe votare a maggioranza dei due terzi, ma i presidenti sono divisi. Da un lato c’è chi considera ghiotta la cosa, dall’altro chi ritiene che l’operazione non sia sostenibile.
Mediapro promette alla lega 4,1 milioni di clienti residenziali già al primo anno di esercizio, abbonati con un canone di 27-34 euro al mese. Ma il massimo storico dei clienti del calcio, in Italia, è stato di 3 milioni e 700mila nella stagione 2016-17, quando c’erano Sky e Mediaset e il canone era decisamente più basso.
“Immaginare che tutta questa potenziale clientela, peraltro abbonata anche a servizi diversi dal calcio, possa spostarsi d’amblè nel giro di poche settimane su un canale monotematico a un prezzo più alto significa giocare d’azzardo”
C’è poi una questione di forma, fa notare Barbano.
“Si può bandire la cessione dei diritti tv attraverso un’offerta pubblica al mercato e contemporaneamente definirli a trattativa privata con un soggetto predeterminato?”
La legge lo consente, dice De Siervo ed è vero perché la legge Melandri centralizza le vendite dei diritti tv nell’assemblea di Lega ma ripartisce le quote tra le società; impone un bando pubblico per la cessione ma autorizza la Lega a realizzare e distribuire una serie di suoi contenuti se il valore delle offerte ricevute sul mercato viene ritenuto soddisfacente.
Ecco perché De Siervo ha potuto tirare dal cilindro Mediapro, scrive Barbano.
“È l’idea di un calcio fai-da-te, giocato, confezionato e giudicato in proprio. Dove le immagini decisive, ma anche le telecronache, le domande ai protagonisti, le pagelle sono autoprodotte dal sistema”.
Ma è possibile che la libertà editoriale e il pluralismo siano “spiccioli nelle tasche bucate dei presidenti”?