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Nicchi: “Gli arbitri sono gli ultimi a sentire i cori perché devono seguire il gioco. Mettiamo i razzisti in galera”

Intervista al Corriere dello Sport: “Non scaricate il razzismo su di noi. Non possiamo sospendere le partite e trasformarle in un problema di ordine pubblico”

Il Corriere dello Sport intervista il presidente dell’Aia Marcello Nicchi sul tema razzismo dopo quanto accaduto a Lukaku a Cagliari. Solo l’ultimo di una serie di episodi razzisti verificatisi nei nostri stadi.

“Ci sono procedure che vanno applicate, procedure molto chiare stabilite dalla Figc, come la chiusura di determinati settori e di intere curve. Noi arbitri abbiamo una grande responsabilità nella gestione della gara, ma è utile sgombrare il campo dagli equivoci e voglio dirlo con chiarezza: non si può pensare di scaricare sugli arbitri questo problema. Per questo gli arbitri non cambieranno atteggiamento”.

Per combattere il fenomeno, dice Nicchi, innanzitutto non deve essere sottovalutato.

“E poi penso che i razzisti vadano individuati immediatamente, bloccati e portati in galera. Servirà anche come deterrente, ne sono convinto”.

Nicchi è convinto si possa fare.

“Oggi negli stadi ci sono decine e decine di telecamere, agenti, ispettori di polizia, c’è la Procura che si può coinvolgere. Si sa perfettamente chi va allo stadio, si conoscono i nomi di chi comanda nelle curve. Basta volerlo e si può fare”.

Gli arbitri, spiega, sono gli ultimi a vedere episodi del genere, perché devono seguire il gioco.

“Dobbiamo preoccuparci del gioco, i nostri arbitri hanno le cuffie, c’è il Var a cui prestare attenzione, c’è una partita da gestire, non soltanto da un punto di vista mentale. Immaginate l’arbitro di un Roma-Lazio che deve rapportarsi in continuazione con i giocatori, come si può pensare che possa valutare quanto succede nelle curve?

Sulla sospensione delle partite:

“L’arbitro non può assumersi la responsabilità di sospendere una partita e trasformarla in questione di ordine pubblico. Ci sarebbe il pubblico da far evacuare, l’ordine da mantenere: non possiamo caricarci questa incombenza. Le regole ci sono: applichiamole”.

Il fenomeno, spiega, è stato finora sottovalutato anche da un punto di vista culturale:

“Dobbiamo capire che questa è una grande questione civile. Io vorrei vedere i padri che di fronte ai “buuu” dicono ai figli: Senti quello scemo, tu non farlo mai”.

Nicchi aggiunge che non bisogna mai lasciare soli quelli che subiscono insulti del genere ed esprime la sua solidarietà a tutti i giocatori che in questi anni “sono stati oggetto di questa vergogna”.

“Al Consiglio Federale si sta lavorando in sintonia. C’è una Figc attiva, il presidente Gravina è un uomo che le cose le dice e le fa: è arrivata l’ora di intervenire”

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