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Ponte Morandi. L’Empa: “sabbia e iuta nelle macerie”. Autostrade spinge per il difetto di costruzione

Arriva un esposto sul costo elevato del nuovo ponte e altre incongruenze. Tirato giù il primo pezzo di viadotto

Ponte Morandi. L’Empa: “sabbia e iuta nelle macerie”. Autostrade spinge per il difetto di costruzione

La traduzione del report Empa è da rifare, lo abbiamo scritto ieri, quando abbiamo anche riportato le anticipazioni del documento, estremamente tecnico, contestato dai legali di Aspi. Tuttavia ci sono elementi che emergono dal documento su cui, oggi, si soffermano i giornali.

I dubbi dei periti svizzeri sui materiali

I tecnici dell’Empa parlano di “corpi estranei” nei trefoli rotti. Scrivono che sono stati rinvenuti “materiale di iuta concrezionato, residui di grasso su parti in acciaio e frammenti di asfalto libero”.

Tutte cose che lì dentro non ci dovevano essere.

E ancora, in un altro capitolo dell’analisi si fa riferimento a “tracce di sabbia” presenti in componenti dell’impalcato.

Già così com’è, insomma, il responso del laboratorio svizzero sembrerebbe consolidare l’ipotesi di carenze strutturali impossibili da riscontrare con la manutenzione, come sostenuto dai consulenti di Autostrade: “Difetti e sciatterie concretizzatisi durante la costruzione del manufatto”, scrive Il Secolo XIX. Qualcosa che alleggerirebbe parecchio la posizione del concessionario.

I tiranti, scrivono i tecnici svizzeri, erano “degradati da tempo” ma non sarebbero stati gli stralli a cedere per primi, come abbiamo scritto già in passato, ma sarebbero stati tirati giù da altro, probabilmente l’impalcato.

“Secondo i tecnici di Autostrade – scrive Repubblica Genova – a quanto si apprende da fonti vicine alla concessionaria, si tratterebbe di una possibile prova del fatto che i lavori di costruzione del viadotto non furono fatti a regola d’arte”.

La iuta “sarebbe stata usata per far scorrere meglio i fili dentro i trefoli al momento della posa”, spiega il quotidiano: una prassi comune, “ma poi non sarebbe stata rimossa. Con il risultato di rendere umida l’area dentro i tiranti (impossibili da perlustrare all’interno a meno di tagliarli), generando in definitiva un rischio più alto di corrosione.

Giù il primo pezzo di ponte

Ci sono volute dieci ore, ma alla fine è stato rimosso il pezzo di impalcato tra le pile 7 e 8. Ora i buchi sul viadotto sono due.

Sulla trave è stata posta la bandiera di Genova: “Rappresenta il nostro orgoglio e la nostra voglia di ripartire più forti di prima”, ha dichiarato il governatore Toti.

Il pezzo di impalcato, scrive Il Secolo, resterà lì finché la magistratura non avrà deciso il da farsi: potrebbe essere conservato o fatto a pezzi e portato in discarica.

Il riutilizzo delle macerie

I detriti del Morandi vivranno una seconda vita ad Arenzano e Sestri. Saranno utilizzati per creare protezioni ai litorali danneggiati dalla mareggiata del 29 ottobre, come quello di Arenzano.

Parte del materiale verrà utilizzato dalle imprese che si occupano della demolizione per creare la strada di cantiere. Il calcestruzzo verrà recuperato e sbriciolato.

Una parte dei detriti – dopo essere stati inertizzati – finirà a mare, “per tombare lo specchio acqueo di Sestri Ponente e consentirà così allo

stabilimento Fincantieri di ‘ribaltarsi’, scrive Repubblica Genova. Si darà vita ad una piattaforma in grado di lavorare navi più grandi di quelle attuali (dal limite di 110mila tonnellate di stazza lorda si passerà a 150mila).

L’esposto: il nuovo ponte è troppo costoso

Alla Corte dei Conti, nei giorni scorsi, è stato depositato un esposto firmato da una cinquantina tra ingegneri, architetti, docenti universitari e liberi professionisti di diverse città italiane.

In esso vengono segnalate, racconta Repubblica Genova, “presunte incongruenze e anomalie” nelle decisioni che hanno portato a scegliere il progetto di ricostruzione della cordata Fincantieri.

Il capofila dell’iniziativa è il professor Enzo Siviero, ingegnere esperto di ponti. Nell’elenco compare anche Gabriele Camomilla, l’ingegnere che nel 1992 per conto di società Autostrade partecipò all’intervento di rinforzo agli stralli della pila 11.

I firmatari sostengono che i 200 milioni di costo del progetto siano una spesa eccessiva e spiegano che conservando le parti di ponte non crollato si sarebbe potuto ricostruire il viadotto con 100 milioni di euro.

FOTO REPUBBLICA

 

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