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La Nazionale non è il club. Vale per Insigne come per Messi (anche Mancini e Ancelotti)

Contesti tecnici e tattici diversi, che disperdono il talento: la storia è piena di calciatori che non sono riusciti a confermarsi nelle proprie nazionali.

La Nazionale non è il club. Vale per Insigne come per Messi (anche Mancini e Ancelotti)

Il day after di Italia-Ucraina

Pochi minuti fa, abbiamo pubblicato il risultato di un’indagine mediatica svolta sui quotidiani del giorno. Si parla di Italia-Ucraina 1-1, si parla di Lorenzo Insigne. L’attaccante del Napoli è stato rimandato, se non bocciato, dai cronisti sportivi. Con delle motivazioni semplici: «Non è affilato come in campionato», «è un lontano parente rispetto al suo rendimento con il Napoli» e cose così. Abbiamo sottolineato quanto sia stata realistica la lettura di Luigi Garlando, in un editoriale della Gazzetta: «Aspettiamo con fede Insigne, che continua a procedere a singhiozzo: grande nel Napoli col Liverpool, di nuovo normalizzato dalla maglia dell’Italia».

Vero, Insigne perde qualcosa quando sveste l’azzurro del Napoli e veste quello della nazionale. Solo che si tratta di una versione miope, o che non tiene conto di un’altra possibile sfaccettatura della realtà, della realtà dei risultati. Semplicemente: Insigne rende bene in un contesto funzionante, e funzionale al suo modo di giocare. Quando si ritrova in un contesto meno funzionante o meno funzionale, il suo rendimento cala. È talmente semplice da apparire banale, quasi più banale della semplificazione giornalistica per cui il grande calciatore deve essere grande anche in nazionale. Certo, confermare le proprie doti di leader e – in questo caso – attaccante di razza con la maglia di una selezione blasonata sarebbe una sorta di certificazione. Solo che il mondo è pieno di esempi che vanno in direzioni differenti, o che comunque mostrano i limiti di questa visione.

Messi, Mancini, Ancelotti

Non vogliamo arrivare a Messi, o forse sì. Ci sono diverse correnti di pensiero sul rendimento di Leo in nazionale, anche perché da una parte ci sono i risultati di squadra (zero trofei a parte l’Oro olimpico del 2008) e dall’altra c’è il primo posto assoluto tra i marcatori storici della Seleccion – Messi ha segnato 65 gol in 128 apparizioni con l’Argentina. In ogni caso, la percezione di Messi-nel-Barcellona e quella relativa al Messi-nell’Argentina sono decisamente diverse. E il motivo ci appare elementare: il Barça si esprime con un gioco pensato ed attuato intorno a Messi, i compagni di squadra di Leo sono scelti e indottrinati per assecondare le qualità del loro leader. Com’è giusto che sia, dopotutto, quando sei il calciatore più forte del mondo.

È una questione di mercato: il Barcellona può scegliere di costruire la squadra che vuole, o giù di lì, intorno al suo fuoriclasse. I tanti ct argentini che si sono scambiati la panchina negli ultimi anni hanno dovuto “accontentarsi” della generazione degli anni Ottanta e Novanta. E allora Messi ha un rendimento diverso con l’Argentina.

Le differenze tra Chiellini – Bonucci e Albiol – Koulibaly

Con le dovute proporzioni, è lo stesso identico discorso di Insigne con l’Italia. Un esempio semplice: da dieci anni o poco meno, Chiellini e Bonucci compongono la cerniera centrale della difesa azzurra. Insigne è stato sempre abituato a giocare con Albiol e Koulibaly, due calciatori che avviano il gioco in modo diverso, non è solo una questione di Napoli-Juventus e/o di campanilismo, quanto di pura costruzione tecnico-tattica della squadra. Giustamente Prandelli, Conte, Ventura e ora Mancini hanno scelto i migliori difensori a loro disposizione. E i migliori attaccanti, un gruppo di cui Insigne fa parte a pieno titolo. Può essere che i due sottoinsiemi non riescano a fare una buona intersezione tra loro? Può essere che Lorenzo sia meno adatto a loro piuttosto che ai suoi compagni del Napoli, e allora è inutile pretendere da lui una cosa che non potrà mai arrivare?

Che poi, altri due protagonisti di questa storia hanno vissuto la stessa identica vicenda. Come Insigne, Mancini e Ancelotti non sono mai riusciti a sfondare con la maglia azzurra. L’attuale ct è stato silurato e/o ignorato da Bearzot, Vicini, Sacchi, Maldini; l’allenatore del Napoli ha attraversato più o meno le stesse ere azzurre e ha messo insieme 26 presenze totali. Il discorso che oggi vale per Insigne-Napoli valeva trenta o venti anni fa per Mancini-Sampdoria e per Ancelotti-Roma-Milan. Anche allora, in tanti si chiedevano perché.

Così va il calcio

La risposta è semplice: perché così va il calcio. Ci sono calciatori di altissimo livello che rendono meglio e/o solo all’interno di un certo contesto. Grazie alla cura Ancelotti, Insigne sta dimostrando di poter fare altro rispetto a quanto gli avessimo riconosciuto, anche noi del Napolista. Sta diventando un attaccante continuo e concreto, 7 gol nelle prime 10 partite stagionali non si segnano per caso, ma solo quando un giocatore è a suo agio nel suo (nuovo) ruolo e all’interno del (nuovo) sistema.

Evidentemente, Insigne non viene e non può essere sfruttato allo stesso modo nella Nazionale. Che poi non è solo una questione di Insigne, a dirla tutta: gli ultimi risultati positivi dell’Italia risalgono agli Europei del 2016, Lorenzo era una parte marginale di quel progetto ma comunque seppe dare il suo contributo in terra di Francia. Intorno a quella esperienza positiva, le nazionali di Prandelli, Ventura e oggi Mancini hanno messo insieme tante brutte figure.

Come abbiamo scritto sopra: magari sarà anche colpa di Insigne, magari non parliamo di un fuoriclasse risolutore e risolutivo, ma di certo il Napoli (quello di Benitez, quello di Sarri, quello di Ancelotti) gli ha offerto gli spazi e le attribuzioni giuste per rendere al meglio. E gli ha offerto una squadra in grado di assecondare il suo gioco come di fare certi risultati. L’Italia, invece, non funziona, non gioca bene, non vince. A prescindere da Insigne.

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