ilNapolista

Genova: indagata la Spea. Un’ispezione del 2011 rivelava (con foto) lo stato precario del ponte

Oggi la commemorazione delle vittime della tragedia. Giallo sui documenti presentati da Autostrade al Ministero

Genova: indagata la Spea. Un’ispezione del 2011 rivelava (con foto) lo stato precario del ponte

Genova un mese dopo. È il giorno della memoria.

Oggi, sui quotidiani, la cronaca dei primi minuti successivi alla tragedia, le testimonianze dei soccorritori che raccontano la posizione dei corpi senza vita, la condizione dei feriti, i tentativi disperati di salvarli, di trovare qualcuno ancora vivo, di salvare chi, su quel ponte, ha rischiato di trovare la morte.

La Stampa dedica due pagine alle fotografie delle vittime. Il Fatto Quotidiano pubblica la lettera di Egle Possetti, sorella di Claudia, morta con il marito Andrea Vittone e i figli di lei, Manuele e Camilla. Pagine che grondano dolore, sulle quali restare solo in silenzio.

La commemorazione a un mese dal crollo

Sarà silenzio quello che oggi avvolgerà Genova.

Due i momenti di celebrazione per ricordare le vittime, organizzati da Regione Liguria e Comune di Genova – racconta Il Corriere della Sera. Alle 11.36, ora esatta del crollo, la città si fermerà per un minuto di silenzio in loro memoria. Sono previsti annunci sonori e visivi nelle stazioni, dove tutti i treni fischieranno. Suoneranno anche le campane delle chiese e le sirene del porto. Le bandiere saranno ammainate in segno di lutto.

Le indagini non si fermano

Non si ferma il fronte giudiziario e neppure gli interrogatori.

Da ieri è indagata anche Spea, l’azienda del gruppo Atlantia che ha curato, per Autostrade, il progetto di retrofitting strutturale che avrebbe rinforzato il ponte. Un progetto consegnato alla fine di settembre 2017, dopo due anni di studio: due anni che agli occhi degli inquirenti sembrano davvero troppi.

Per Spea è indagato Antonino Galatà, l’ad della società, che ieri ha ricevuto un avviso di garanzia nel quale gli si contesta, spiega La Repubblica, la violazione della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società e, nello specifico, il mancato rispetto delle normative sulla sicurezza dei lavoratori.

Determinante l’interrogatorio della funzionaria di Autostrade, nonostante i “non so” e i “non ricordo”

In particolare, si è scoperto che la mai spedita a gennaio scorso dalla funzionaria di Autostrade a Galatà, era stata scritta, in realtà, dal direttore centrale operativo di Autostrade, Paolo Berti e indirizzata per conoscenza anche al dirigente della manutenzione di Autostrade, Michele Donferri. Lo ha rivelato l’interrogatorio della funzionaria stessa, racconta La Repubblica, dopo una serie di “non so” e “non ricordo”.

Nella mail, per la prima volta, comparirebbe la parola“rischio” legata alle condizioni di stabilità del viadotto. Ascoltato dal pm Terrile, Galatà avrebbe detto di non essere stato a conoscenza di particolari criticità, che non era mai stato messo al corrente, prima di ora, di eventuali pericoli. Ha specificato: “se a me nessuno mi dice niente… alla fine io mi devo fidare dei miei ingegneri”. Proprio a quel punto dell’interrogatorio – riporta La Repubblica – il magistrato gli avrebbe mostrato la mail scritta da Berti. Ricordiamo che Berti e Donferri sono tra i 20 indagati.

L’assenza di manutenzione straordinaria

Dalla lettura dei documenti sequestrati dalla Guardia di Finanza appare chiaro che, per venticinque anni, il ponte Morandi non sia stato mai soggetto a manutenzione straordinaria. Anche questo è riportato da La Repubblica: dal 1993, quando vennero rinforzati i tiranti della pila 11, il ponte è stato sottoposto solo a interventi di manutenzione ordinaria: “Solo routine. Rattoppi, riparazioni delle solette, rinforzi dei giunti”.

I documenti mai trasmessi da Autostrade al Ministero

Il Fatto va ancora oltre, raccontando che il 27 agosto, secondo quanto riportato da fonti ministeriali, dalla segreteria di Edoardo Rixi, sottosegretario alle Infrastrutture, partì una mail diretta alla Direzione generale di vigilanza sulle concessionarie autostradali, il cui responsabile è Vincenzo Cinelli (anche lui indagato).

“Al fine di acquisire maggiori informazioni circa il livello di conoscenza di questa Amministrazione sull’effettivo stato del ponte, apparso carente, si prega codesta direzione di fornire entro sette giorni alla scrivente segreteria, oltre alla copia della convenzione una copia della corrispondenza intercorsa con Autostrade, relativamente agli atti che almeno negli ultimi 12 mesi (dalla data del crollo) codesta direzione ha ritenuto di dover adottare nei confronti della società stessa, affinché quest’ultima realizzasse gli interventi necessari”, era scritto nella mail. Eppure nulla ancora sarebbe pervenuto nelle mani del sottosegretario, scrive il quotidiano.

Il report di un’ispezione del 2011 racconta di cavi arrugginiti e ossidati

Quali documenti ha consegnato Autostrade al Ministero in questi anni? Domanda Il fatto Quotidiano. Riportando quanto pubblicato ieri da Fabrizio Gatti su L’Espresso: documenti che comprendono analisi e foto (scattate tra il 2011 e il 2016) che mostrano cavi arrugginiti e ossidati proprio nei piloni 9 e 10 e che secondo Gatti Autostrade avrebbe fornito già dal novembre 2017 al ministero.

Il materiale risale a due ispezioni compiute dalla Spea: una dell’agosto 2011 e l’altra del maggio 2013. Nei documenti si legge che i ferri a vista “sono risultati deformabili anche solo facendo leva con uno scalpello: si può quindi ritenere che non presentino più la tensione prevista e siano da ritenere non efficaci”.

Leggiamo nel dettaglio le considerazioni dei tecnici presenti nella documentazione: “La guaina è apparsa ossidata, l’iniezione di malta è assente, sono stati visti 3 dei 4 trefoli che si muovono con facilità facendo leva con uno scalpello. I fili dei trefoli sono ossidati”. Ancora: “Nel 2011 la trave di bordo lato mare presentava un distacco tra l’anima e il ripristino del bulbo inferiore… nel primo quarto della campata il copriferro presentava in più punti forte risonanza”.

Si parla anche di “fili apparsi fortemente corrosi e ridotti di sezione. In ogni cavo sono stati osservati almeno quattro fili rotti. Tutti i fili esaminati risultarono deformabili e si poté quindi ritenere che fossero ‘non efficaci’… Negli anni attuali non è stato possibile ripetere l’esame dei cavi in quanto la zona è stata protetta con una rete per evitare la caduta di materiale”. Vengono analizzati 3 punti di 3 tiranti del pilone 10 – quello oggi pericolante – e 2 su 2 tiranti del pilone 9. I tecnici ipotizzano: uno dei cavi avrebbe perso il 75% della capacità di carico, per altri due si sfiora il 50.

Come è possibile che questi studi, passati da Spea ad Autostrade e poi al Ministero, non abbiano suscitato un allarme immediato? Scrive Il Fatto: “sul banco degli accusati, come era emerso dagli avvisi di garanzia, non c’è più soltanto chi gestiva il ponte. Ma anche chi doveva controllare: il Ministero”.

Gli uffici ministeriali, interpellati da Gatti, respingono le accuse: “Prima della richiesta di eseguire i lavori di retrofitting dei piloni non avevamo ricevuto nessuna informazione da Autostrade sul ponte. E comunque quei lavori, se ritenuti così urgenti, potevano essere avviati anche nelle more della nostra approvazione”. Ma soprattutto: “Nell’elenco delle infrastrutture in condizioni più delicate che Autostrade ci ha fornito non c’era il Morandi”.

Foto tratta da L’Espresso

ilnapolista © riproduzione riservata