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Anche il cda di Autostrade conosceva il rischio che incombeva sul viadotto Morandi

Risale a marzo il verbale con cui la società autorizza il progetto di rinforzo agli stralli considerandolo, però, solo un intervento ordinario

Anche il cda di Autostrade conosceva il rischio che incombeva sul viadotto Morandi
L'amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci (D) e il presidente di Autostrade Fabio Cerchiai (S), durante una conferenza stampa a Genova, 18 agosto 2018. ANSA/LUCA ZENNARO

Nonostante tutte le criticità del ponte Morandi evidenziate in decine di documenti emersi finora dalle indagini sul crollo (a partire dalla relazione dello stesso ingegnere che lo aveva progettato, del 1967) e lo stato di degrado del pilone 9, il Ministero si è preso 150 giorni per dare il via ai lavori previsti da Autostrade, la società concessionaria ha derubricato il progetto di rinforzo degli stralli come semplice intervento ordinario e la circolazione sul viadotto non è mai stata bloccata. Sono questi, in sostanza, i temi trattati oggi dai quotidiani in merito al viadotto Polcevera.

Per il Provveditorato ligure si trattava di un semplice intervento ‘locale’

Il 1 febbraio 2018 il verbale del Provveditorato ligure che approva il progetto di restyling da effettuare sul ponte classifica l’intervento come ‘locale’, ovvero riguardante elementi isolati. Nessuna urgenza per la sicurezza, dunque: semplicemente un rinforzo ad alcune porzioni limitate della costruzione che non apportava modifiche sostanziali alla struttura nel suo complesso.

Il ritardo del Mit nell’approvare il progetto

Il Mit si prende quattro mesi per approvare il progetto (da febbraio a giugno 2018), nonostante la convenzione con Autostrade preveda solo 90 giorni per decidere su simili interventi. Eppure, a leggere la corrispondenza intercorsa tra il dirigente della manutenzione ordinaria e straordinaria di Autostrade, Michele Donferri Mitelli e il Mit, sembrerebbe urgente decidere in merito ed intervenire.

L’urgenza che emerge dalle mail di Autostrade al Mit

Cinque le mail acquisite dagli investigatori, spiega il Corriere della Sera, datate 6 febbraio, 8 febbraio, 23 marzo, 27 marzo e 13 aprile. Una per ricordare che si è già fuori dalle tempistiche previste. Un’altra per ricordare l’incremento di sicurezza necessaria sul viadotto Polcevera e i consistenti ritardi accumulati e non recuperabili. E le ultime per dire che non avendo ricevuto risposte, Autostrade provvederà all’avvio dell’iter approvativo dell’intervento, cioè alla preselezione delle imprese per la gara d’appalto.

L’argomento era sempre lo stesso: il ritardo del decreto ministeriale, necessario per far partire i lavori.

La stasi di Autostrade

Autostrade, intanto, non installa i sensori consigliati dal Politecnico di Milano, anzi, addirittura, il primo agosto 2018, firma un’altra convenzione con l’Università di Genova per commissionarle un nuovo studio e nuovi accertamenti che avrebbero avuto luogo da settembre.

Il cda di Autostrade sapeva tutto

Non solo. È ormai chiaro che il cda di Autostrade per l’Italia sapeva della situazione del ponte Morandi, della necessità di intervenire, del progetto di potenziamento dei tiranti e del fatto che si trattava di “lavori fondamentali per la statica del ponte”, come aveva scritto la Spea nel redigere il progetto esecutivo dei lavori. Non può essere altrimenti, visto che lo stanziamento di 20,5 milioni per ristrutturarlo supera la soglia entro cui l’amministratore delegato ha potere di firma autonoma (5 milioni).

Il progetto fu discusso nel cda di Autostrade a fine marzo e fu autorizzato senza essere classificato come “intervento di somma urgenza” ma solo come opera migliorativa, intervento ordinario.

La circolazione sul Ponte avrebbe potuto essere fermata

La finanza ha sequestrato il verbale dell’assemblea, per capire come fu descritta la situazione del ponte. Secondo il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, infatti, se il restyling avesse assunto i contorni di un intervento necessario alla sopravvivenza del viadotto, e dunque non fosse stato considerato solo ‘migliorativo’ ma ‘impellente’, sarebbe stato possibile coinvolgere il Consiglio superiore dei lavori pubblici e imporre “limitazioni più severe al passaggio di veicoli, incluso il blocco totale”.

Autostrade assicurerebbe, però, scrive Repubblica, che non c’è stata alcuna forzatura per non chiudere il ponte: “In un anno e mezzo ci sono stati più di 500 cantieri”, dice la società, aggiungendo che, dal 2008 al 2017, la spesa per la manutenzione del viadotto avrebbe superato di 75 milioni di euro quella stabilita nel piano finanziario.

Le indagini sui video mancanti di Autostrade

La Finanza ha intanto chiuso gli accertamenti sull’assenza di video di Autostrade che riprendono il crollo. La Stampa dichiara che “è vero che una telecamera ha subito un blackout e l’altra puntava altrove, ma si è trattato di difetti di alimentazione e non di manomissioni”.

 

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