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La stagione del Benevento e gli applausi del Vigorito, apprendistato e lezione di sport

La “festa-retrocessione” del Benevento e della sua gente hanno regalato un’immagine di puro sport e professionalità. Il club sannita deve ripartire da quanto fatto (tra errori e “riparazioni) in questa stagione.

La stagione del Benevento e gli applausi del Vigorito, apprendistato e lezione di sport

Gli applausi

Un’immagine suggestiva, significativa, che ha fatto il giro d’Italia e non solo. Lo stadio Vigorito che applaude il Benevento, i giocatori del Benevento che applaudono il loro pubblico. Una squadra retrocessa da tempo, da tempo matematicamente ultima in classifica.

Il giusto atteggiamento, così hanno sentenziato un po’ tutti. L’intero ambiente di Benevento e del club giallorosso ha onorato il campionato, una frase spesso utilizzata a sproposito, viene da dire addirittura “abusata”. Non c’è stato altro che l’espressione dello sport nei suoi valori più puri e riconoscibili, la forza e la voglia di migliorare la propria condizione, di fare risultati nonostante il risultato finale fosse già compromesso.

Gli errori commessi

Sì, perché il finale di stagione del Benevento – anzi, l’intero girone di ritorno – è stato molto diverso dalla prima parte dell’anno. Un semplice confronto di punti, giusto per chiarire le proporzioni: 4 punti nel girone d’andata, 17 in quello di ritorno. Un’altra scrematura temporale: 21 punti fatti dalla 15esima giornata in poi, tutti con De Zerbi in panchina (il tecnico bresciano è subentrato a Baroni dopo 9 turni).

Colpa/merito delle scelte di Vigorito, di una rosa costruita con poca cognizione di causa. Con troppi acquisti e pochi giocatori realmente all’altezza della categoria. Tanto che prima del match di ritorno contro il Napoli, fummo praticamente costretti a scrivere un pezzo per ricostruire i vari step del mercato, per fare un po’ d’ordine nella politica disordinata di Vigorito.

Il Benevento 1.0 è stata una squadra letteralmente inadeguata alla Serie A. L’evoluzione di gennaio, pensata e attuata da De Zerbi, ha avuto una realtà diversa, per qualità e rendimento. Con la media punti del girone di ritorno (17 punti in 18 partite) avrebbe quantomeno lottato per la salvezza fino all’ultima giornata.

Il pubblico

Il Vigorito, inteso come stadio/ambiente, ha compreso questa dinamica. Ha applaudito gli sforzi e l’impegno della società, poi il tentativo di dignità estremo della squadra di De Zerbi. Che, dal punto di vista tattico, ha saputo rappresentare una risposta alla retorica della “difesa per la salvezza”, della “garra per i punti”. Non c’è mai stata la rinuncia a un calcio estetico e propositivo, e forse anche questo ha contribuito a costruire e cementare il legame emotivo con la gente sannita.

Che ieri, dopo la vittoria col Genoa, ha espresso tutti questi sentimenti con la festa-retrocessione che abbiamo visto. In molti hanno (incautamente) accomunato il pomeriggio di Benevento alle immagini arrivate da Amburgo, al Volkstadion inferocito e assediato. Solo che c’è una grande differenza tra i due club, tra le due storie, quindi anche tra obiettivi e aspettative. Certo, le reazioni ad Amburgo sono ingiustificabili, ma le due realtà non possono essere avvicinate.

Al di là di paragoni esagerati, restano il piacere e la sensazione di assoluta bellezza vissuta ieri a Benevento, il senso di sport e professionalità sgorgato ieri dal campo e dagli spalti del Vigorito. Uno stadio che ripartirà della Serie B, insieme a un club che ha avuto un impatto difficile con il calcio dei grandi, ma che poi ha saputo dare una dimensione accettabile alla stagione. Vediamola in questo modo: il Benevento ha fatto un giusto apprendistato, Benevento ha dimostrato di essere sempre, continuativamente, all’altezza di quest’anno straordinario. Appuntamento a presto, sarebbe giusto che ci sia un’altra occasione per questa realtà, per questa società. Per questa gente, soprattutto.

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