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Milan, per la Procura c’è l’ombra del riciclaggio nel passaggio da Fininvest a Li Yonghong

La Gazzetta dello Sport ricostruisce l’inchiesta in corso e ripercorre un anno di operazioni azzardate e nebulose. Mister Li potrebbe passare presto la mano al fondo Elliott.

Milan, per la Procura c’è l’ombra del riciclaggio nel passaggio da Fininvest a Li Yonghong

L’articolo della Gazzetta

La Procura di Milano, nella persona del sostituto procuratore Fabio De Pasquale, sta indagando sulla vendita del Milan. Sul passaggio di quote tra la Fininvest e Li Yonghong. Non è una novità, lo sappiamo da giorni. Anzi, da mesi – anche se la prima inchiesta, annunciata da La Stampa, fu smentita da fonti giudiziarie. Ora, però, l’intera vicenda viene ricostruita nei dettagli dalla Gazzetta dello Sport. La rosea scrive di una «relazione super dettagliata redatta dall’ufficio legale di Fininvest che spiegava punto dopo punto la trattativa che aveva visto uno sconosciuto cinese portarsi a casa una delle società più famose al mondo. E garantendo alle casse di Fininvest la cifra monstre di 740 milioni di euro». Si tratterebbe di un documento depositato alla Procura di Milano, e che conterrebbe tutto ciò che serve agli inquirenti per chiarire un’operazione nebulosa fin dal primissimo giorno. E che non escluderebbe l’ipotesi del riciclaggio.

La Gazzetta vede e rilancia: «Fininvest ha già fatto sapere di considerarsi parte lesa nel caso si scoprisse che i soldi fatti arrivare da Li siano fonte di guai giudiziari. Un timore in rialzo. Anche perché i continui scossoni dati alla proprietà cinese sembrano portare verso un cambio di proprietà. A fine ottobre (se non prima) Elliott dovrebbe diventare padrone del Milan». Di questo avevamo già scritto qui, negli ultimi giorni. E che ora viene spiegata in maniera approfondita, step by step, nella ricostruzione della Gazzetta.

Luglio 2016

I cinesi annunciano che acquisteranno il Milan al telefono. Una chiamata alla Fininvest, «dall’altra parte della cornetta c’è Han Li (braccio destro di Li Yonghong e anche l’unico dei due che parli inglese). L’operazione sarà conclusa attraverso la Sino-Europe, con fondi personali, senza bisogno di banche (evitando così una due diligence, il controllo accurato dei conti previsti dalle legge quando nella trattativa sono coinvolti soggetti politicamente esposti come Berlusconi) e con una doppia caparra a fondo perduto da 200 milioni di euro. Uno scacco matto nei confronti degli altri pretendenti».

I primi 100 milioni arrivano da Li attraverso Credit Suisse, «banca tirata in ballo nello scandalo sui Panama Papers e più volte accusata di aiutare l’evasione fiscale dei suoi clienti». I secondi 100 milioni viaggiano verso Milano grazie a un passaggio tra Isole Vergini Britanniche e Hong Kong. Come dire: non il massimo in quanto a trasparenza finanziaria. «Un modo per rendere complicata qualunque tracciabilità, alzando un muro su eventuali indagini», scrive la Gazzetta. L’acquisto si conclude ad aprile, con i 303 milioni arrivati dal fondo Elliott. Quindi, attraverso un prestito ad altissimo tasso di interesse.

Poi è arrivata l’inchiesta del New York Times, non proprio l’ultimo dei fogli locali, a indagare sulla solidità patrimoniale di Mister Li. A un passo dal closing, si riaffaccia nell’operazione Bee Taecheaubol. Sì, il famoso mister Bee scomparso all’improvviso. Vorrebbe riprendere il discorso interrotto per acquistare il Milan, dietro di lui ci sono «una delle più importanti banche finanziarie al mondo e i fondi del Qatar». Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che Li Yonghong permette di chiudere prima. Cioè subito. Non è andata proprio benissimo.

Gli scenari

La Gazzetta spiega anche quali potrebbero essere gli scenari dell’immediato futuro. Intanto, la rosea chiarisce subito: «Il club non rischia il fallimento, nonostante l’eventuale default del suo proprietario». Anche se, nei giorni scorsi, «il consiglio di amministrazione ha chiesto a Li Yonghong un aumento di capitale di 10 milioni. Prima “rata” di una ricapitalizzazione da 37,4 milioni. Servono per la gestione ordinaria fino al 30 giugno. Di quella somma, richiesta entro venerdì 23 marzo, per ora non c’è traccia ma il Milan resta tranquillo, convinto che a giorni la questione si possa risolvere». Con i primi 10 milioni come garanzia.

Li potrebbe pagare e restare in sella, accettare un nuovo prestito da Elliott oppure decidere di passare la mano. Le ipotesi più concrete sono le ultime due, ed entrambe farebbero aumentare l’importanza del fondo nella gestione del Milan. Soprattutto nell’ultimo caso, che tecnicamente viene definito «rottura di un covenant» – cioè di un paletto nel contratto tra Elliott e Li Yonghong -, il club passerebbe sotto la gestione del fondo. Che rientrerebbe del prestito prendendosi le quote della società. Per rivenderla, per gestirla, questo si vedrà in seguito. Ci sarebbe un’altra strada, quella della ricapitalizzazione. Sta provando a batterla Fassone a Londra, attraverso incontri con Merryll-Linch. Però «diversi operatori finanziari, considerate le difficoltà di Li e la somma elevata, sono pessimisti sulla possibilità che la ricerca vada a buon fine».

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