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Il nuovo equilibrio del Napoli di Sarri

Il Napoli non è cambiato molto, ma sta vivendo degli upgrade importanti in alcune fasi di gioco, e nella gestione mentale delle partite.

Il nuovo equilibrio del Napoli di Sarri

Crescita

Molto spesso, il racconto calcistico utilizza dei termini che non hanno un significato tecnico reale. Si pensi ai concetti di grinta, cinismo, intensità, maturità. Come individuiamo in maniera univoca una squadra più cinica dell’altra? Oppure un calciatore più grintoso? Tutto vive sulla volatilità, sulla suggestione e sulla soggettività del giudizio di ognuno. Per questo, parlare ad esempio di Napoli “più maturo” potrebbe voler dire mille cose. Potrebbe avere significati differenti in base al contesto di riferimento, perché ad esempio sono diminuiti i gol subiti ma si è anche abbassata la media gol rispetto all’ultimo periodo dell’anno scorso.

Partendo da questa base concettuale, parlare di “crescita” del Napoli significa individuare quantomeno un insieme di aspetti che hanno subito una modifica. Alcuni di questi, ovviamente, sono stati già esaminati dal Napolista. Qualche settimana fa abbiamo scritto della fase difensiva, interpretando i miglioramenti in questo senso dal punto di vista dell’intensità. Poi abbiamo parlato di gestione dei momenti di gioco, un indicatore di quella “maturità” comunemente intesa. Insomma, ci sono tanti spazi ideali in cui individuare l’upgrade della squadra di Sarri, tanti punti in cui l’evoluzione è visibile.

Attaccare, ma anche saper gestire

Il discorso composito sull’intensità del gioco e sulla lettura dei momenti della partita ha portato il Napoli a “limitare” la sua spinta offensiva a periodi ben definiti lungo i 90 minuti. È una consuetudine che abbiamo apprezzato in maniera netta contro Milan e Shakhtar: contro i rossoneri, 13 dei 16 tiri totali sono arrivati nel primo tempo; nel match di Champions situazione inversa, con 4 conclusioni nella prima frazione e 17 nella seconda.

Stessa dinamica anche per altre partite: con il Sassuolo, 21 conclusioni nei primi 65′ e poi 25′ di assoluta gestione dopo il 3-1, con appena 5 tentativi verso la porta avversaria. A Bologna, situazione ribaltata: 9 tiri negli ultimi 25′, 8 nei precedenti 65.

In stile Mourinho

Sono dati grezzi, eppure indicativi di una nuova tendenza: il Napoli ha imparato a tenere in mano la partita per lunghi periodi, senza stancarsi. C’è un bellissimo pezzo su José Mourinho pubblicato da L’Ultimo Uomo, in cui si parla del manager portoghese e si racconta una delle sue specialità: far riposare la squadra quando è in possesso di palla. Leggiamo giusto un passo: «Lo scopo è mantenere energie fisiche e psichiche, che per M. vanno sempre insieme. Non si deve pensare tutto il tempo ad attaccare. Ci dev’essere un possesso palla di tipo difensivo, dichiaratamente fine a se stesso piuttosto che alla penetrazione offensiva per novanta minuti. Lo scopo è mantenere le energie e la concentrazione, rimanere concentrati». Ecco, il Napoli 2017/2018 è in grado di fare questo. E di accelerare quando serve, scatenando l’enorme potenziale tecnico del suo attacco.

Difendere compatti

Conseguenza diretta del discorso appena sopra: concedere, per un periodo di gioco, spazi agli avversari. Che non significa dar loro la possibilità di concludere in porta, sia chiaro. Il Napoli, secondo i dati di Whoscored, è la squadra che concede meno tiri alle squadre avversarie (8 per partita, uno in meno della Juventus). Significa accettare momenti in cui c’è la necessità di difendere in maniera diversa, facendo densità e diminuendo la pressione pura e ossessiva.

Intendiamoci: la chiusura immediata sul portatore di palla resta la prima arma del Napoli in fase di non possesso, così come lo scivolamento orizzontale con difesa alta prevale sulla difesa in area. Eppure, in certi momenti (ad esempio contro il Milan) il nuovo Napoli riesce a innescare un meccanismo difensivo che permette di superare quei momenti in cui il pressing viene superato. Quei momenti in cui gli avversari alzano l’intensità, magari, e poi hanno una certa qualità per portare avanti bene il pallone. Ce ne siamo accorti anche contro lo Shakhtar, nel primo tempo. Lungo i 45′ iniziali, il Napoli non è stata una squadra particolarmente brillante in fase offensiva, eppure ha concesso ai suoi avversari appena 6 tiri e due occasioni nitide. La prima su errore in uscita di Diawara, la seconda su intervento azzardato di Hysaj.

Confronti difensivi: in alto, un frame tratto da Roma-Napoli. I giallorossi ripartono con un pallone in verticale, il Napoli è in fase di dominio territoriale (primo tempo) e tiene un baricentro altissimo, con quattro calciatori sulla linea di metà campo e tutti gli altri in zona offensiva. Nella seconda immagine, in basso, il Napoli gestisce in maniera diversa una fase differente di partita: lo Shakhtar è aggressivo, la squadra di Sarri mantiene i suoi principi di difesa alta e aggressione. Ma nel frattempo porta otto uomini sotto la linea del pallone.

Il Napoli ha imparato a giocare con un altro tipo di impostazione difensiva, quella della compattezza e dell’attesa. Anche in un regime di questo tipo, riesce a subire poco se non nulla – al netto di svarioni individuali, come spiegato sopra con Diawara. La regolazione dell’intensità, la gestione delle energie, tutti concetti che rientrano nella definizione della “grande squadra”. E che, sul campo, si traducono così.

Conclusioni

Sì, il Napoli è una squadra diversa. Forse meno estetizzante, non meno estetica. Forse meno frenetica, non meno esplosiva. Un altro termine che ci viene in mente, rispetto a quelli già utilizzati, è “equilibrata”. Ecco, il concetto migliore è forse questo: dopo un lavoro di due anni e un po’, caratterizzato anche da particolari eventi extracampo, Sarri ha trovato il punto di equilibrio e di incontro tra l’affermazione di un sistema di gioco tecnico, di possesso, offensivo, adatto a sfruttare le caratteristiche dell’organico, e la concretezza e la furbizia necessaria per portare a casa certe partite, quindi certi punti. Ha lavorato in modo che nessuno dovesse rinunciare a nulla, calciatori, pubblico, analisti, semplici commentatori. Probabilmente questa è la “maturità”, questo è il “cinismo”. Quello che si chiedeva a questa squadra, e che sembra essere stato trovato.

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