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Il nervosismo di Allegri è lo specchio della forza del Napoli (forza, non solo bellezza)

La continuità è diventata un punto di forza del Napoli di Sarri che ora comincia a far paura. L’estetica è il marchio di fabbrica, ma gli azzurri sono andati oltre

Il nervosismo di Allegri è lo specchio della forza del Napoli (forza, non solo bellezza)
Allegri e Sarri

In testa anche l’anno scorso

Il Napoli torna da solo in testa alla classifica. Non più dopo 25 anni. Ma dopo appena dodici mesi. Lo scorso anno, alla quarta giornata, la Juventus venne sconfitta in rimonta 2-1 dall’Inter di De Boer, mentre il Napoli la sera prima aveva superato 3-1 il Bologna grazie a una doppietta di Milik che prese il posto di Gabbiadini. Durò una giornata il primato. Il Napoli pareggiò a Marassi contro il Genoa, con il paradossale post-partita in cui Sarri denunciò di essere lasciato da solo dalla società a parlare degli arbitraggi, e la Juve ne diede quattro al Cagliari. Poi arrivò l’ottobre nero. Prima della definitiva rinascita.

Quante cose sono cambiate, non i giocatori

Un anno dopo, sono cambiate tante cose. Non la rosa che è rimasta più o meno la stessa. Ma l’autostima e la consapevolezza di questa squadra sono decisamente di un altro pianeta. Il Napoli ha vinto sette partite consecutive: un’impresa che nei campionati europei che contano è riuscita soltanto al Barcellona di Messi. E se sommiamo anche gli ultimi cinque match della scorsa stagione, i successi di fila in Serie A per la squadra di Sarri salgono a dodici. Dodici partite: un terzo di campionato.

Sono tante le differenze rispetto allo scorso anno. Ed è importante e istruttivo che le differenze non riguardino i calciatori. Come detto, sono praticamente gli stessi. Con un centravanti in più: Dries Mertens. Il Napoli oggi è decisamente una squadra più strutturata. Più robusta. Non si vincono sette partite di fila per caso.

La vittoria sul suicida Cagliari è stata accolta con molto entusiasmo. Il Napoli ha ripreso la danza calcistica alla Muhammad Alì. Ha dimostrato che fin qui le piccole non le soffre più- Ma, ci sia consentito dire, la rivoluzionaria novità del Napoli 2017-2018 non è il torello nei confronti del malcapitato Cagliari. Così come non lo è la goleada al malcapitato Benevento. Lo è invece la vittoria strappata con i denti sul campo della Spal con un’azione personale di Ghoulam a otto minuti dalla fine. Un gol frutto della disperata voglia di vincere. E, ancora, il ribaltone nei confronti dell’Atalanta grazie a un coniglio estratto dal cilindro di Zielinski. È rivoluzionario il modo con cui il Napoli ha annichilito la Lazio in due minuti dopo essere stato sotto di un gol. Successi impensabili senza una ferrea determinazione a raggiungere l’obiettivo.

Sarri ha lavorato su altri aspetti della squadra

Sarri fa bene a nascondersi – meno bene a prendersela con l’universo mondo, ora è il turno delle Nazionali – e a rimanere perfettamente calato nel ruolo di architetto dello spettacolo. Ma il suo Napoli, almeno fin qui, nell’analisi delle sette partite di campionato, è una squadra decisamente diversa da quella della scorsa stagione. Non lo abbiamo sentito lamentarsi per il successo sul campo della Spal, anzi. Silenziosamente, ha lavorato e sta lavorando per rafforzare altri aspetti della sua squadra. Che poi, piaccia o meno, sono quelli che ti rendono competitivo. E che mettono paura agli avversari. E Sarri lo sa benissimo.

La continuità

È la continuità che rende il Napoli una seria candidata per lo scudetto. E che ieri ha reso incredibilmente nervoso Allegri alla Domenica Sportiva, di fronte a una domanda innocente di Sconcerti. Il Napoli non sembra più la squadra capace di grandi partite e poi di amnesie. Ha vinto in maniera diversa. Di forza, di bellezza, di cinismo, di fortuna. Ora sono gli altri ad arrovellarsi con la domanda: “perderanno punti prima o poi?”. E parliamo di Allegri che resta, per chi scrive, di gran lunga il più lucido nell’analisi del calcio italiano e anche l’allenatore della squadra favorita per la vittoria finale. 

La dittatura estetica

Il bel gioco resta il marchio di fabbrica. Ma la capacità di adattamento del Napoli di Sarri è decisamente aumentato. Si vede in campo. E si legge in classifica. Del resto, è una dote comune a tante grandi squadre, anche a quelle entrate nel mito come il Barcellona di Guardiola o il Milan di Sacchi. Pochi ricordano, tanto per fare un esempio, che il Barça vinse la prima Champions dopo aver eliminato in semifinale il Chelsea con un gol di Iniesta all’ultimo minuto dopo aver subito praticamente per tutta la partita. Ammesso, e ovviamente non concesso, che l’estetica sia oggettiva. Anni fa, decisamente in controtendenza, Michele Dalai scrisse un libro che è un must per tanti calciofili in purezza: perché la dittatura dell’estetica è una delle più grandi tavanate mai dette da quando l’uomo inventò il cavallo.

Il silenzio dei dietrologi

Un’ultima osservazione riguarda i dietrologi in servizio permanente. Quelli che l’Atalanta in non sappiamo quanti anni non aveva mai fermato la Juventus. Come del resto il Napoli allo Juventus Stadium. È finita come sappiamo: 2-2 in rimonta, con gol di Caldara il cui cartellino è della Juve. Il campionato è lungo, molto lungo. Il Napoli è forte, molto forte. Più a lungo manteniamo la calma, meglio è.

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