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Il suicidio del Cagliari nel giorno in cui Hamsik torna nel vivo del gioco del Napoli

Napoli-Cagliari, l’analisi tattica: l’uomo regalato a Sarri sulle fasce, la qualità del gioco e delle idee degli azzurri. Grandi Mertens e Ghoulam.

Il suicidio del Cagliari nel giorno in cui Hamsik torna nel vivo del gioco del Napoli

Regalare un uomo

Molto spesso, in questo spazio d’analisi, ci siamo concentrati sulla distinzione tra due concetti tattici fondamentali: i principi di gioco e il modulo. Molto spesso tendiamo a confondere i significati, ma poi ci sono partite come Chelsea-Manchester City che ci mostrano (ricordano) le differenze: difesa a tre contro difesa a tre, eppure idee di fondo e riferimento completamente diverse. Il concetto di modulo è quindi secondario, è una parte del discorso tattico, ma non va comunque sottovalutato. Napoli-Cagliari, esattamente come Napoli-Benevento, è una dimostrazione di quanto una scelta di sistema possa essere penalizzante per un allenatore.

Non è un caso che abbiamo citato le due uniche partite in cui il Napoli, in pratica, non è andato mai in difficoltà. Rastelli, esattamente come Baroni, ha letteralmente regalato un uomo al Napoli scegliendo un modulo con quattro difensori e due attaccanti. La differenza sta nella disposizione del resto degli uomini: il Benevento ha utilizzato un 4-4-2 puro, regalando al Napoli un uomo a centrocampo; il Cagliari si è schierato invece con un 4-3-1-2 o 4-3-2-1, regalando di fatto lo stesso uomo, stavolta sulla fascia.

Qualcuno obietterà: anche la Spal ha giocato con due attaccanti veri, eppure il Napoli ha avuto dei problemi. In fase di possesso come in fase di non possesso. A differenza dei suoi colleghi, Semplici ha però schierato tre difensori e altrettanti centrocampisti. Una scelta fatta per coprire tutti gli spazi e tutti i triangoli di gioco con almeno due calciatori (ad esempio il centrale di destra con l’esterno basso e l’interno, stessa cosa dall’altro lato). Accettare un’inferiorità numerica cronica con questo Napoli vuol dire suicidarsi, letteralmente. Anche perché la squadra di Sarri possiede oramai una varietà di schemi e soluzioni molto ampia.

Due immagini che spiegano i concetti trattati in precedenza. In alto, lo schieramento medio delle due squadre nel primo tempo, Napoli con il 4-3-3 e Cagliari con un modulo ibrido tra 4-3-2-1 e 4-3-1-2. I sardi, nella grafica, sono in dodici perché viene contata anche la prima sostituzione. Sotto, un frame di gioco in fase di attacco e difesa posizionale. La terza linea a quattro di Rastelli non è inquadrata, ma il punto sta nella posizione di centrocampo e attacco. Pur rimanendo molto bassi, i tre centrocampisti e gli uomini del tridente occupano e presidiano solo la fascia destra, perché la disposizione scelta (e ben visibile) è quella del 4-3-1-2. In questo modo, il Cagliari fa densità in zona palla ma non ha la possibilità di coprire l’intera ampiezza difensiva, o magari di recuperare velocemente sul cambio di gioco. Hysaj ha un’ampia porzione di campo da attaccare senza possibilità di essere pressato.

La varietà di soluzioni di cui parliamo sopra si legge nel fatto che il Napoli abbia utilizzato molto lo strumento del passaggio a media gittata. La motivazione è facilmente intuibile, basta guardare l’immagine di sopra: un cambio di fascia permette agli esterni del Napoli di giocare in superiorità numerica, perché lo scivolamento da una fascia all’altra dei rossoblu non può che essere lento, e macchinoso. Questa dinamica porta a due conseguenze: una grande pericolosità offensiva, perché l’attacco di una fascia libera comporta sempre una costruzione semplificata di occasioni;  una maggior tenuta difensiva, perché il possesso viene facilitato e quindi esasperato. Non è un caso che il dato percentuale, alla fine, dica 72% Napoli e 28% Cagliari.

Ecco allora come vanno letti i 78 palloni lunghi del Napoli in 90′: si tratta di aperture, di servizi per cambiare fascia e per cambiare gioco, una soluzione per aprire il campo ma anche per conservare il possesso e addormentare la partita. Una scelta logica per sfruttare l’impostazione errata di Rastelli. Per fare un confronto con un’altra partita, basti sottolineare che i palloni lunghi contro la Spal, per la squadra di Sarri, sono stati meno della metà (38).

La qualità

Da qui, a pioggia, possono essere analizzati tutti gli aspetti. Il Napoli ha messo insieme il 95% di precisione nei passaggi, 25 tiri in porta, 22 occasioni create in Open Play, una sola conclusione concessa dall’interno dell’area di rigore (Pavoletti in acrobazia dopo dieci minuti). Un dominio netto, incontrastato, neanche troppo forzato nell’intensità.

Le 25 conclusioni verso la porta costruite dal Napoli.

Merito dell’elevata qualità degli uomini di Sarri, ormai in grado di gestire e comandare, con tranquillità, tutte le fasi di gioco. Tra i calciatori in campo, spicca (di nuovo, finalmente) Marek Hamsik. Lo slovacco è il primo calciatore del Napoli per palloni giocati (135), e questa è una notizia ancora migliore rispetto al gol segnato in apertura di match. Sì, perché un Hamsik nel vivo del gioco permette al Napoli dl allargare ancora di più lo spettro di possibilità tecniche e tattiche per forzare le difese avversarie.

Accanto allo slovacco, altra prestazione assoluta per Faouzi Ghoulam, terzo per palloni giocati (125) e primo per occasioni costruite (5 passaggi chiave) insieme a Mertens.

Un attimo prima del gol: Hamsik ha trovato Mertens in posizione di centravanti arretrato, il belga è retrocesso di qualche metro per offrire una soluzione di passaggio. Mentre Hamsik elabora l’inserimento, Mertens ha attirato su di sé tre difendenti del Cagliari; nel cerchio giallo, con lui, c’è Ghoulam che ha portato in area un quarto calciatore di Rastelli. A quel punto, Mertens indovina l’imbucata per Hamsik, ma potrebbe tranquillamente scaricare per Insigne, lasciato completamente solo sul lato sinistro dell’area.

Il belga, che proprio contro il Cagliari, lo scorso anno in Sardegna, disegnò la prima prova da favola come centravanti, risulta essere ancora decisivo. L’assist per il gol di Hamsik è una vera sciccheria, e nasce da una giocata tipica da attaccante associativo. L’idea base è quella di muovere la difesa: per farlo, Mertens accorcia al limite dell’area, attira a sé gli avversari e lascia il corridoio libero per l’inserimento del compagno, in quel caso di Hamsik. Il tocco d’esterno è la pennellata di genialità finale, ma il gol realizzato in apertura è molto più tattico di quanto si possa pensare. È il frutto di un lavoro, di una filosofia. Di un cocktail tra le scelte tattiche di un tecnico che valorizza le doti dei suoi calciatori e la forza di questi ultimi.

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