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Immaginando il Napoli del post-Sarri: chi potrebbe essere il successore?

Semplici, Giampaoli, Tuchel, Sampaoli, Allegri, Conte, Ancelotti: un’analisi fantasy sui possibili pregi e difetti dei successori di Maurizio Sarri.

Immaginando il Napoli del post-Sarri: chi potrebbe essere il successore?
Sarri / Foto Matteo Ciambelli

Uno spunto

L’intervista di Aurelio De Laurentiis uscita questa mattina conteneva una risposta politicamente corretta su Sarri. Questa: «Sono innamorato del mio tecnico, lo terrei con me altri dieci anni. Se però vorrà andar via, ce ne faremo una ragione. E troveremo un altro come lui».

Inutile dire che queste parole hanno acceso la nostra fantasia, ci hanno offerto uno spunto interessante. Mettiamo il caso che Sarri, a fine anno, decida di andare via a prescindere dal risultato finale. Insomma, bypassiamo scudetti, retrocessioni, semifinali Champions o uscite ai gironi. In ogni caso possibile, Sarri decide di andar via. E allora De Laurentiis deve iniziare i casting per i nuovi allenatori. «Un altro come Sarri», ha spiegato il presidente.

Da qui abbiamo deciso di partire per vagliare tutti i possibili candidati. È un giochino senza data di scadenza, nel senso che saremmo contenti anche noi qualora Sarri rimanesse a Napoli per i dieci anni auspicati da De Laurentiis. Però la possibilità c’è, Sarri ha un contratto fino al 2020 e una clausola esercitabile da chiunque voglia tesserarlo. Valore di questa clausola: 8 milioni. Quindi, come dire: nulla di assurdo. De Laurtentiis ci ha dato l’idea, noi esploriamo l’atlante delle possibilità.

Idee

Ecco, appunto. Un atlante, diviso per settori, capitoli, categorie. Diciamolo nel modo che vogliamo. In ogni caso, bisognerebbe capire se e quanto sarebbe giusto innestare una sorta di continuità con l’era-Sarri- Nel senso: il Napoli dovrebbe proseguire sulla strada dei tecnici idealisti, legati a un’idea di gioco particolare e ben riconoscibile? Sarri rappresenta l’esasperazione di questa categoria, del resto anche Benitez rispondeva a canoni di “bel gioco”, sicuramente più di Mazzarri.

I due allenatori toscani, probabilmente, rappresentano l’esempio migliore per individuare il discorso, per tracciare profili e differenze. I tattici alla Sarri, i grintosi alla Mazzarri. Ecco, da quale parte dovrebbe pendere la bilancia dell’eventuale scelta?

Nomi

Noi non abbiamo una nostra preferenza. O meglio, ci pare più giusto fondare il nostro gusto su uno o più nomi piuttosto che sul semplice concetto di fondo (le categorie di sopra). E allora abbiamo pensato a diverse soluzioni – Semplici Giampaolo, Tuchel, Sampaoli, Allegri, Conte, Ancelotti. Che ora passiamo ad analizzare

Ecco, questa potrebbe essere una griglia ipotetica “giusta”, perché ampia e composita. Ci sono tutte le gradazioni: il tecnico giovane e rivelazione, il profeta del bel gioco italiano e straniero, l’alchimista tattico e dell’identità, il gestore, il vincente e il top coach assoluto. Sempre per quell’idea di voler condensare tutto in un “titolo”, ecco. Ovviamente, sono nomi “rappresentativi”, fatti al di là di una reale dinamica contrattuale o di un interesse fattivo del Napoli.

Le soluzioni Semplici/Giampaolo rappresenterebbero un tentativo fin troppo smaccato di riprodurre le dinamiche dell’era Sarri. Il primo è una suggestione “di carriera”: nonostante alleni la Spal, ha deciso di non rinunciare a un certo tipo di calcio e di approccio. È un tecnico rivelazione, reduce da anni di gavetta e perciò non offre garanzie rispetto alla gestione dei grandi nomi. Come il primo Sarri, esatto.

Giampaolo, invece, rappresenterebbe il post-Sarri meno traumatico dal punto di vista del gioco. Lo insegna lo splendido passaggio ad Empoli, ma anche la carriera precedente (prima del rilancio in Toscana, come post-Sarri)  racconta la storia di un allenatore da sempre amante di un certo tipo di calcio, di automatismi chiari, puliti, esteticamente gradevoli. Insieme alla consistenza rispetto ai grandi campioni, nel caso di Giampaolo ci sarebbe da valutare anche l’impatto emotivo. Spesso, in carriera, l’allenatore marchigiano è stato accusato di essere “molle”, o comunque scarsamente sanguigno. A Napoli questa caratteristica può costare tanto, soprattutto nel rapporto con i media e l’ambiente.

Estero

Tuchel e Sampaoli rappresentano due facce di una stessa medaglia. In primis, ci sarebbe da affrontare la reticenza di Napoli al tecnico straniero. Rafa Benitez sa bene di cosa stiamo parlando. Entrambi, poi, incarnano una propria cultura del gioco, dell’idea di gioco. Tuchel è figlio della generazione germanica dei laptop trainer, metodo scientifico per ricreare sul campo dinamiche veloci, di recupero palla rapido e ossessivo, transizione immediate, ritmi altissimi. Sampaoli, invece, ha un carattere più latino ma imposta un calcio similare: reparti stretti, pressing esasperato e una costruzione forse più lenta rispetto al modello tedesco.

L’altra differenza riguarda l’atteggiamento rispetto alla vita, a quello che scorre attorno al campo. Glaciale viscerale e sanguigno – oltre che legato a concetti identitari – Jorge Sampaoli. Ecco, profili del genere – riconoscibili a livello internazionale, per importanza ma anche per stili di gioco – potrebbero in qualche modo segnare una rottura non eccessiva con l’era Sarri. Controindicazioni? La possibilità che una loro rivoluzione possa non attecchire, innanzitutto. Una mancata comprensione da parte dei calciatori o del pubblico rispetto a un’idea di calcio potrebbe castrare fin dall’inizio un progetto così. Si pensi al caso de Boer all’Inter. E poi torniamo al punto iniziale: soprattutto dopo tre anni di grande calcio e buonissimi risultati, quale sarebbe lo spirito di squadra e città nei confronti di un nuovo sistema, tra l’altro proveniente dall’estero? Ecco, noi sceglieremmo un tecnico con queste caratteristiche. Ma avremmo paura che possa fare una brutta fine. Questa brutta fine.

Gradazioni italiane

Infine, i profili interni. Allegri è il gestore, Conte è il motivatore, Ancelotti è la crasi tra i primi due tecnici e ci mette sopra l’esperienza ad altissimo livello. Ecco, questi sono progetti decisamente utopici. Li abbiamo inseriti per completare l’intero spettro di possibilità, ma è difficile che un tecnico che lascia la Juve, il Chelsea o il Bayerm Monaco (addii reali o solo ipotetici) possa accettare Napoli. È il senso della frase di De Laurentiis «ne troveremo un altro».

Certo, pensare ad un Napoli gestito da Conte o da Ancelotti – entrambi con una spiccata personalità tattica rispetto all’attuale tecnico della Juve – non sarebbe male. Anzi, forse sarebbe l’unico modo per non saltare nel buio in caso di post-Sarri. Perché tutte le ipotesi fatte sopra, fantasiose o meno, sono comportano una o più incognite. Un Ancelotti o un Conte sarebbero una garanzia per il mercato, nella costruzione dell’entusiasmo dei calciatori e dei tifosi. Unico problema: l’adattamento a una piazza non top come Napoli. Però, come dire: hanno vinto un po’ dappertutto, Antonio e Carletto. Difficile pensare che, accettando Napoli, siano proprio loro a smarrire la famosa scienza. Dipenderebbe anche, se non soprattutto, dal materiale a dispozizione.

Tra tattica e suggestioni

Alla fine, abbiamo sovrapposto idee, ipotesi e una parte di pura congettura. Sappiamo che l’eventuale scelta del post-Sarri non sarà facile, anche perché da tempo un allenatore non riusciva a penetrare così tanto e così bene nel tessuto del tifo napoletano. A questo, vanno aggiunti risultati estetici e numerici di prim’ordine.

Allo stesso tempo, però, ricordiamo lo smarrimento dell’immediato post-Mazzarri e post-Benitez. Superati, in seguito, da scelte diverse eppure inizialmente controverse. Come dire: anche Sarri, all’inizio, era una scommessa. Alla fine è stata vinta, potrebbe andar bene anche la prossima. Ma c’è tempo, nel frattempo il Napoli ha un allenatore che fa benissimo il suo lavoro. Che è al primo posto, e si dica possa puntare allo scudetto. Chi l’avrebbe detto tre anni fa, alzi la mano. Ecco, basterebbe questo. Vai, Maurì: prima di pensare a sostituirti, c’è ancora molto da fare insieme.

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