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“Veleno”: perché la Regione Campania collabora al film sulla Terra dei Fuochi?

Non si capisce dell’ente governato da De Luca. Da un lato contrasta la disinformazione, dall’altro appoggia chi la propaganda.

“Veleno”: perché la Regione Campania collabora al film sulla Terra dei Fuochi?
Una scena di "Veleno”

A Venezia

L’8 settembre sarà presentato, in anteprima internazionale, alla 32aSettimana Internazionale della Critica Cinematografica di Venezia, il film “Veleno”, il 14 uscirà nelle sale cinematografiche di tutta l’Italia. Essendo un film prodotto in Campania da campani col supporto della stessa Regione Campania tramite l’omonima Film Commission, con quel titolo, non è necessario assisterne alla proiezione o leggerne la trama per capirne l’argomento: il titolo, purtroppo, dice tutto.

Il film segue, acriticamente, il filone inaugurato da Gomorra di Saviano e si inserisce, a pieno titolo, nella questione che il Napolista ha affrontato più volte controcorrente e che già abbiamo ripercorso in un precedente articolo.

Nulla di male, anzi, nel fatto che l’arte si metta al servizio della denuncia sociale, né sarebbe la prima volta, ma non è nemmeno la prima volta che l’arte si mette al servizio della disinformazioneChi maneggia un simile strumento dovrebbe esserne conscio della potenza ed utilizzarlo con giudizio, soprattutto quando si affrontano argomenti delicati che possono creare coinvolgimento e danno a persone singole ed ad una comunità. 

Contraltare narrativo

Ormai, le questioni camorra e terra dei fuochi sono diventati il contraltare della Napoli del “sole mare e mandolino”. Dall’immagine edulcorata di una città, si è passati all’immagine di un inferno abitato da diavoli senza dignità e così stupidi ed ignoranti da avvelenare sé stessi ed i propri figli. Non corrisponde alla realtà la prima immagine, come non vi corrisponde la seconda.

Qui non si vogliono negare i problemi, anzi, il Napolista, li ha messi più volte in risalto ma portarli alla realtà dei fatti rimboccandosi le maniche ove necessario affrontarli e risolverli. Propagandare falsi problemi pensando di accreditarsi come vittime è non solo condannabile, ma quand’anche fossero reali, non serve ad altro che ad accreditare l’immagine di carnefici della propria terra e di sé stessi. 

Lo stesso utilizzo di una lingua napoletana violenta ed incomprensibile ai non napoletani, tanto da richiedere l’utilizzo dei sottotitoli come nella serie tv Gomorra, non serve a creare empatia con lo spettatore, anzi crea repulsione non riuscendo, dunque, nemmeno nel suo scopo “chiagnazzaro”.

Certamente la croce non può essere gettata solo sulle spalle degli artisti coinvolti, a vario titolo, nella ideazione, produzione e realizzazione del film. Non si mette in dubbio la loro buona fede, d’altra parte il “brodo di coltura” creato da media e magistratura è quello che è. Ma, come al solito, non si capisce proprio come possa accadere che quando il progetto del film è stato presentato alla film commission della Regione Campania, nessuno dell’Ente che, contemporaneamente, faceva un ingente sforzo informativo per contrastare la disinformazione sulla terra dei fuochi, si sia posto il problema di discutere della trama. Per cui, alla fine, si finanzia Gigi D’Alessio per dare l’immagine di una terra sana e si collabora alla produzione di un film che ne dà l’immagine opposta.

A chi credere?

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