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Lazio-Napoli ci consegna la complessità di una grande squadra (e la candidatura ufficiale allo scudetto)

È la terza volta che il Napoli punisce gli avversari al primo errore. Squadra cinica oltre che bella. E con una rosa ampia. Perché non avere panchina non è sfortuna, è debolezza

Lazio-Napoli ci consegna la complessità di una grande squadra (e la candidatura ufficiale allo scudetto)
Marek Hamsik (Ciambelli)

Punire l’avversario al primo errore

In Lazio-Napoli c’è tutto. È una partita ed è una vittoria che accontenta le varie anime del tifo napoletano. Ed evidenzia come un singolo aspetto, da solo, non può bastare. Non basta l’estetica. Non basta il cinismo. Non basta la capacità di soffrire. Non basta la fortuna. Non basta la concretezza. Tutte insieme, però, sono qualità che fanno del Napoli una squadra realmente forte. E per forte intendiamo spessa, robusta, consapevole.

Ieri sera, nell’Officina napolista – il club che abbiamo a casa Zuckerberg, senza camicia – Oscar Nicolaus ha scritto una frase rivelatrice della dimensione raggiunta dalla squadra di Sarri: “Per vincere contro il Napoli, gli avversari devono fare la partita perfetta. Se qualcosa si rompe, non c’è storia”.

Approccio alle partite sbagliato o cambiato?

Non appena il livello degli avversari si abbassa, per qualsiasi motivo, il Napoli colpisce e poi infierisce. Non può essere un caso. È successo contro l’Atalanta (primo tempo in difficoltà e trend invertito dalla magia di Zielinski subito bissata da Mertens); contro il Bologna (col gol di Callejon che ha spento sessanta minuto di ardore rossoblù) e ieri sera contro la Lazio (abbattuta al primo colpo, fatta eccezione per il palo di Hamsik, con tre pugnalate in sei minuti). In parte, è accaduto anche contro lo Shakhtar. La prima versione di Sarri (“Stiamo sbagliando gli approcci alle partite”) non ci convince appieno. Sembra un mutato approccio alle partite.

Il Napoli ha evidentemente cambiato pelle. Fatta eccezione per l’allenamento contro il Benevento (con tutto il rispetto per i cugini sanniti), gli azzurri badano maledettamente al sodo. Hanno acquisito cinismo e ferocia, caratteristiche che da sempre hanno fatto la differenza nel calcio (e non solo, aggiungeremmo). È la terza volta in cinque partite che il Napoli punisce gli avversari al primo errore. E per due volte lo mette in ginocchio subito dopo. Il raddoppio di Mertens contro l’Atalanta è arrivato cinque minuti dopo la mazzata di Zielinski. Le tante occasioni sprecate dal Napoli sono un lontano ricordo, come evidenziano anche i numeri.

Anche ieri sera, appena la Lazio è calata, il Napoli si è impossessato della partita e se l’è portata via in sei minuti. Senza lasciare agli avversari il tempo di capire che cosa stesse accadendo. E fin quando la Lazio ha giocato al massimo delle sue possibilità, il Napoli ha comunque tenuto il campo e incassato un solo gol. Senza mai disunirsi.

La sfortuna della Lazio è relativa

C’è un aspetto della partita di ieri sera che è importante sottolineare. Ok, la Lazio è stata sfortunata. Perdendo De Vrij, ha perso due calciatori. Perché, oltre al difensore centrale, si è dovuta privare anche di Lucas Leiva (spostato al posto dell’olandese al centro della difesa) che nel primo tempo ha arpionato palloni come un polpo per poi sputarli verso Milinkovic e Immobile. Appena la Lazio ha abbassato il livello, stavolta per eventi esogeni, il Napoli ne ha approfittato. È un fattore di debolezza avere una rosa meno ampia, non solo di sfortuna (“La sfortuna non esiste”, Enzo Ferrari). Rientra in uno degli aspetti del gioco del calcio. Noi avevamo in campo Maggio. Avremmo certamente accusato l’infortunio di Albiol, ma in panchina avevamo comunque due centrali di ruolo. Meno affidabili dei titolari. Ma è cosa ben diversa che piazzare Jorginho o Diawara al centro della difesa.

Cinismo e futbol bailado

L’ampiezza della rosa è un aspetto spesso sottovalutato della forza di questa squadra. Poi, una volta raddrizzata la partita, col pareggio di Koulibaly, il Napoli è tornato in cattedra come sa. E ha regalato futbol bailado. Ma non è più solo futbol bailado. E per fermare il Napoli, occorre giocare la partita perfetta per novanta minuti. E non è possibile. Appena l’avversario cala, il Napoli è lì. Implacabile. Sai che alla prima distrazione, ti punirà. Sembra una sciocchezza e invece è l’ingresso in un’altra dimensione. Quella, per fare un esempio che i più adulti ricorderanno, che ti consente di pareggiare con Butragueno una partita che fin lì ti aveva visto ridotto a sparring partner. Con la differenza che il Napoli non è mai sparring partner. È lì, col motore costante, e l’avversario sa che lentamente le proprie accelerazioni si affievoliranno.

È un Napoli lontano da quello dello scorso anno. Decisamente più maturo. Cinque giornate di campionato non saranno un campione rappresentativo, ma certo sembrano indicative. Nel bene e nel male. È anche chiaro, agli avversari, come provare a mettere in difficoltà il Napoli. È altrettanto chiaro che deve andare tutto bene per riuscire nell’intento.

Insomma, il Napoli è ufficialmente una grande squadra. Come detto, da ieri sera non ci si può più nascondere per la vittoria dello scudetto. La candidatura è ufficiale. Poi tanti aspetti sono migliorabili, ovvio. Così come lo erano lo scorso anno. E infatti siamo migliorati. Decisamente.

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