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I conti del Napoli / Con questi sponsor e questa politica dei prezzi, dipenderemo sempre dalla Champions

La seconda puntata sul bilancio del Napoli – La società incassa appena sei milioni da Lete, Kimbo e Garofalo. Quindi è legata a doppio filo ai diritti tv e alla qualificazione in Champions.

I conti del Napoli / Con questi sponsor e questa politica dei prezzi, dipenderemo sempre dalla Champions

Il Bilancio del Napoli parte seconda

La settimana scorsa ci siamo soffermati sull’analisi della capacità patrimoniale del Calcio Napoli.

In questa seconda puntata analizzeremo invece gli aspetti legati alla redditività e al conto economico (ricavi e costi).

Il primo dato che andiamo a esaminare è quello riguardante il valore della produzione, cioè tutti gli introiti nei 12 mesi da luglio a giugno, incluse le plusvalenze per le cessioni dei calciatori. A tal proposito, per avere un quadro ancora più completo, tra parentesi abbiamo riportato anche il fatturato netto (ricavi senza le operazioni derivanti dalla compravendita dei calciatori.

VALORE DELLA PRODUZIONE (FATTURATO NETTO)

2015/16: € 155.353.613 (€ 144.147.000)

2014/15: € 143.397.399 (€ 125.825.000)

2013/14: € 237.034.664 (€ 165.462.000)

2012/13: € 151.922.436 (€ 116.446.000)

2011/12: € 155.929.550 (€ 148.858.000)

2010/11: € 131.476.940 (€ 115.399.000)

2009/10: € 110.849.458 (€ 103.066.000)

2008/09: € 108.211.134

2007/08: € 88.428.490

2006/07: € 41.411.837

2005/06: € 12.068.630

2004/05: € 11.174.000

Dal fatturato netto si evince come le due stagioni con i dati positivi più importanti siano state quelle che hanno visto le due partecipazioni azzurre alla fase a gruppi di Champions League. Questa considerazione non aggiunge nulla di nuovo; ci conferma solo che la redditività e quindi la capacità di investimenti del Napoli dipendono fortemente dalla partecipazione alla coppa vinta nell’ultimo anno dal Real Madrid: tra il 2014 (in Champions) ed il 2015 (fuori dalla Champions) ad esempio ci sono stati 40 milioni di differenza!

A meno che non si voglia essere costretti a cedere almeno un big player a stagione per potersi permettere di mantenersi competitivi e ambire a crescere sempre di più. A tal proposito si guardi al valore della produzione record di 237 milioni di euro raggiunto nel 2013/14 con la cessione di Cavani al PSG oppure al boom arrivato dal player trading nel 2012/13 con Lavezzi trasferitosi sempre a Parigi.

I dati sui costi

I dati sui costi invece riguardanti salari e stipendi di tecnici e calciatori (tra parentesi i costi per l’intero personale), ci forniscono degli ulteriori elementi inequivocabilmente chiari. Come abbiamo detto nel corso della prima puntata, riprendendo le parole dell’ex direttore generale Marco Fassone, a fronte di ricavi VARIABILI, la struttura dei costi si stabilizza e diviene FISSA per almeno 3-5 anni (durata contrattuale standard).

SALARI E STIPENDI TECNICI E CALCIATORI (SALARI E STIPENDI TOTALE)

2015/16: € 80.360.289 (€ 85.218.526)

2014/15: € 78.347.503 (€ 85.153.193)

2013/14: € 82.384.939 (€ 89.159.806)

2012/13: € 63.634.480 (€ 66.916.270)

2011/12: € 52.719.487 (€ 57.890.558)

2010/11: € 45.613.545 (€ 51.733.273)

2009/10: € 35.160.180 (€ 38.746.752)

2008/09: € 28.025.039 (€ 30.949.966)

2007/08: € 23.093.796 (€ 26.619.845)

2006/07: € 15.920.273 (€ 18.646.031)

2005/06: € 6.533.366 (€ 8.409.434)

2004/05: € 5.791.085 (€ 8.393.250)

Si può notare che il salto di qualità del Napoli (in termini di costo cartellino-ingaggi di giocatori di fascia superiore) è associato a due momenti specifici :

  1. la partenza del Pocho Lavezzi. Infatti dalla stagione 2012/13 i costi salgono di 11 milioni
  2. l’arrivo di Benitez e del trio d’acquisti dal Real Madrid, che coincidono con l’addio del Matador, determina un netto aumento (+ 20 milioni circa in un anno) e l’attuale assestamento sugli 80 milioni

O Champions o sacrifici di giocatori

Il Napoli assume quindi una connotazione internazionale, alzando la posta in palio sul tavolo delle ambizioni. Ma solo dopo aver ceduto un campione: nulla si ottiene senza sacrifici. E se nella prima stagione è la partecipazione alla Champions League, unita alla corposa plusvalenza ricavata dall’uruguayano, a tenere i conti in grande salute, nelle due stagioni successive, senza cessioni importanti e senza l’accesso almeno ai gruppi della principale manifestazione continentale per club, arrivano le perdite in bilancio.

Pare evidente come per la società guidata da De Laurentiis, mantenere i conti positivi possa dipendere da troppe variabili incontrollabili e l’incertezza impedisce di effettuare ulteriori investimenti.

Un pasticcio difensivo come quello tra Maggio e Britos nel preliminare contro l’Athletic Bilbao o un rigore calciato alle stelle come capitò ad Higuain il 31 maggio 2015 contro la Lazio, può significare passare dalle stelle alle stalle.

Quindi restare schiavi di un tiro finito sul palo, anziché in rete, per un ulteriore salto di qualità? Vivere un’eventuale rimonta dell’Inter nei prossimi due mesi come il peggiore degli incubi, con la delusione per la partecipazione alla Europa League che sarebbe acuita dalla probabile perdita di uno o più elementi tra Insigne, Koulibaly e Mertens per sostituirli con qualche peones a basso costo?

No, tutto questo potrebbe essere evitato. E la soluzione arriverebbe nel recuperare altrove i 25/30 milioni di euro (e magari anche di più) che ogni anno fluttano per effetto della partecipazione alla Champions League.

Iniziando dalla voce riguardante gli incassi da biglietti ed abbonamenti.

RICAVI DA BIGLIETTI E ABBONAMENTI

2015/16: € 15.348.158

2014/15: € 14.136.950

2013/14: € 21.575.361

2012/13: € 15.134.132

2011/12: € 25.104.097

2010/11: € 22.070.392

2009/10: € 17.154.658

2008/09: € 16.261.132

2007/08: € 14.908.818

2006/07: € 8.828.893

2005/06: € 4.243.619

2004/05: € 5.762.450

Sono sconfortanti i dati di almeno tre delle ultime quattro stagioni relativi agli introiti derivanti dalla affluenza allo Stadio. Una recente inchiesta del Napolista ha dimostrato come la società azzurra non cerchi in alcun modo di invogliare i tifosi a sottoscrivere l’abbonamento. Curve a parte, praticamente in tutti gli altri settori comprare 19 biglietti singoli è più conveniente che abbonarsi. Un’assurdità tutta napoletana!

Ma a parte questo dato, sono ancora poche le politiche di coinvolgimento del sostenitore azzurro attraverso la vendita dei biglietti. Per De Laurentiis non sembra in alcun modo una priorità creare uno spirito di appartenenza ed assicurarsi che in ogni partita casalinga ci siano almeno 50.000 tifosi presenti sugli spalti.

Una incomprensibile politica dei prezzi

Numeri tutt’altro che impossibili per una piazza che ne portava tanti di più quando negli scorsi decenni lottava per non retrocedere in Serie B oppure, per non andare troppo lontani nel tempo, quando militava in Serie C1.

Nel 2011/12 grazie alla cavalcata in Champions si sono toccati i 25 milioni di incassi.

Ma ritrovarsi nel 2016,in un campionato in cui il Napoli è stato campione d’inverno dopo 26 anni, con soli 15 milioni di incassi, fa ben comprendere come in questa attività ci siano ampi margini per trovare quelle entrate in più che stiamo ricercando.

Certamente nella stagione in corso saremo facilmente smentiti. Ma non si tratta di una stagione ordinaria: i mega incassi ottenuti con Real Madrid e Juventus (che a dirla tutta il Napoli incontra ogni anno) faranno felicissimi il cassiere. Ma il Napoli deve provare ad alzare i numeri derivanti da questa voce a prescindere dal grandissimo evento, poiché con i blancos ci si incontra ogni 30 anni.

Il nostro timore è che la società stia facendo poco o nulla per capire perché la gente non va più allo stadio. Le cause sono note: tessere del tifoso, abbonamenti veri o tarocchi in tv, cambiamento delle abitudini, stadio vetusto, la crisi economica.

Ma appurato che i problemi sono questi, si vuole provare ad affrontarli o questa società si rassegna e non considera che è meglio avere 20.000 abbonati a prezzo medio-basso sicuri piuttosto che 6.000 a prezzi medio-alti e poi sperare in 50.000 spettatori solo contro la Juve?

Anche se l’auspicio è di rendere molto più frequenti questi big match rispetto a quanto sono capitati nella ultra-novantennale storia azzurra, la nostra stima di incremento del fatturato derivante dalla vendita di biglietti, in una condizione standard, dovrebbe attestarsi su circa 10 milioni.

Arriviamo infine alla fonte principale delle entrate di una società come il Napoli, cioè i ricavi dalla vendita dei diritti tv nazionali e continentali. Da cui purtroppo siamo fortemente dipendenti.

PROVENTI DA DIRITTI RADIOTELEVISIVI

2015/16: € 92.697.191

2014/15: € 77.137.624

2013/14: € 104.934.840

2012/13: € 65.423.377

2011/12: € 85.810.687

2010/11: € 58.446.611

2009/10: € 48.236.937

2008/09: € 50.891.859

2007/08: € 43.152.090

2006/07: € 8.505.558

2005/06: € 2.701.983

2004/05: € 2.644.988

Il nuovo contratto per il campionato italiano, stipulato nella scorsa stagione, ha fatto lievitare i guadagni per il Napoli di 15 milioni (!), ben oltre quelli di una (2011/12) delle due precedenti annate dove c’erano i corposi ricavi della Champions League.

I benefici del market pool

Nella stagione in corso assisteremo a un exploit. Infatti, in aggiunta all’ottimo incasso derivante dalla trasmissione delle partite della Serie A, questo anno porteremo a casa i ricchissimi proventi derivanti dall’Uefa (contratto garantito da Mediaset Premium) con i benefici del market pool tricolore che questo anno, in virtù dell’eliminazione ai preliminari della Roma, sarà suddiviso solo tra 2 squadre (Juve e Napoli).

In questo caso è impossibile per la società azzurra aumentare i ricavi tramite particolari strategie aziendali. I benefici possono infatti arrivare soltanto ottenendo i migliori risultati possibili sul campo. Peraltro nei prossimi anni con più squadre italiane partecipanti alla Champions League (4 sicuramente dal 2018/19), sarà molto arduo ripetere i numeri che si otterranno nella stagione in corso.

Gli sponsor

L’ultima voce che andiamo ad esaminare è quella relativa agli introiti derivanti dalle sponsorizzazioni, un dato che contiene gli sponsor principali (main sponsor – Lete + Garofalo + Kimbo) che appaiono sulle maglie da gara, lo sponsor tecnico (Kappa) e tutti gli altri partner.

PROVENTI DA SPONSORIZZAZIONI

2015/16: € 26.000.192

2014/15: € 20.600.776

2013/14: € 21.033.700

2012/13: € 22.121.474

2011/12: € 26.699.223

2010/11: € 27.196.015

2009/10: € 20.907.162

2008/09: € 20.663.369

2007/08: € 18.567.333

2006/07: € 11.690.373

2005/06: € 2.254.248

2004/05: € 2.644.988

Un dato appare subito evidente: nell’ultima stagione il Napoli, pur con un ricavo in forte crescita rispetto alle tre annate precedenti, ha incassato meno di quanto introitato nel 2010/11.

È quindi palese che ci siano ampi margini per aumentare le entrate di questa voce. Probabilmente occorre una visione più internazionale da parte della società, laddove occorre assumere consapevolezza della dimensione, per fortuna, raggiunta e quindi adeguare la scelta degli sponsor su standard elevati. Non bisogna svendere gli spazi pubblicitari con una politica a breve termine. Meglio un anno senza sponsor per alzare il prezzo tra 1 o 2 anni a 10/15 milioni

Garofalo Kimbo e Lete portano appena sei milioni nella casse del Napoli

La nostra lettura è che la politica dei tre sponsor locali che appaiono sulle divise da gioco, per quanto siano aziende prestigiose a livello nazionale, non stia pagando in pieno: la somma complessiva che entra nelle casse del Napoli non è così alta come meriterebbe un club che è tra le prime 16 di Europa (Ranking Uefa). Ipotizziamo che un unico sponsor di caratura internazionale potrebbe fornire da solo un importo maggiore (oltre 15 milioni in più).

Dal trio Lete – Garofalo – Kimbo il Napoli incassa in totale una cifra ridicola, un importo complessivo inferiore ai 6 milioni. Giusto per capire la dimensione del fenomeno, il Napoli incassa 6 milioni totali da 3 sponsor quando il Manchester United ne incassa 45 solo da 1.

Ovvio che non siamo il Manchester… ma non è possibile una differenza così enorme.

Ad ogni modo con gli attuali contratti in vigore (bloccati per almeno altri 3 anni), questi discorsi sono validi solo in una prospettiva futura, su cui però bisognerebbe incominciare a lavorarci.

Il dubbio che abbiamo è che non si stia facendo tutto il possibile affinché ci siano le condizioni per aumentare queste entrate.

Lo sponsor tecnico (Kappa)

Discorso simile per lo sponsor tecnico. Dopo la non indimenticabile esperienza con Nike di fine anni ’90 con il vecchio Napoli, nell’era De Laurentiis ci sono state solo aziende italiane anche se il nuovo contratto con la Kappa ha garantito un salto di qualità nell’importo incassato rispetto al precedente.

Ma siamo del parere che un bacino di utenza come quello dei tifosi azzurri (magari con una collettiva presa di coscienza che i prodotti falsi sono SOLO per falsi tifosi) possa ambire a cifre ancora più alte. Ma anche in questo caso bisognerà attendere la scadenza dell’attuale contratto, fissata nel 2020, salvo improbabili rotture anticipate messe in giro sul web da fonti poco verificabili.

Conclusioni

Forse è il caso di rafforzare l’organigramma con competenze mirate? Forse è il caso di dotarsi di un Direttore Generale di elevata caratura come lo era Fassone? Forse il fattore critico di successo del futuro sarà indubbiamente dato da una strutturazione della dimensione organizzativa che dovrà essere in grado non solo di adattarsi e di trasformarsi con successo di fronte alle nuove sfide della concorrenza, ma anche di anticiparle e di generare continui cambiamenti e innovazioni all’interno del mercato calcistico?

Ma di questo, a dispetto di coloro che ci definiscono “papponisti” acritici, ne abbiamo già parlato ampiamente qualche mese fa

Alla prossima. (2 – continua)

Il bilancio del Calcio Napoli studiato dal Napolista: siamo sicuri che De Laurentiis sia un pappone?

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