ilNapolista

De Laurentiis guarda lontano ma non vede bene da vicino

Il presidente e l’annuncio a reti unificate: la Cina, lo stadio da 20mila posti, la tribuna da cui «non si vede un tubo».

De Laurentiis guarda lontano ma non vede bene da vicino

C’è da sognare ad occhi aperti. Anche se a qualcuno non gusta, giochiamo il calcio più bello d’Italia e abbiamo incassato i soldoni della cessione più ricca nella storia del nostro campionato senza che l’equilibrio tattico e la capacità realizzatrice della squadra ne abbiano risentito più di tanto – facciamo gli scongiuri –, perché il ragazzotto polacco ingaggiato in sostituzione dell’idolo senza cuore e ingrato segna sei gol in tre partite e ha sette anni di vantaggio su di lui. Per non farci mancare niente, poi, indossa la tuta azzurra – speriamo a vita – l’allenatore che tutti vorrebbero avere in panchina. E possiamo giocarci, su tutti i tavoli del business calcistico, un presidente che vede più lontano di tutti e da oltre dieci anni non sbaglia un acquisto – tranne uno, quel Vargas che gioca bene solo a casa sua – anche se da qualche tempo preferisce assistere (da) lontano alle partite «perché dalla tribuna delle autorità non si vede un tubo e preferisco la ripresa televisiva in qualcuno dei tanti salotti amici» (è escluso, quindi, quello di Caressa, Mauro e Vialli in tutt’altre faccende affaccendati).

Fino a ieri, l’assenza dal San Paolo – che, ahinoi, ha privato i tifosi dell’immancabile e ormai irrinunciabile foto che immortala De Laurentiis accanto al sindaco – era ingiustificata. Ora la verità ci è stata svelata e siamo tutti un po’ più sollevati: il presidente, bontà sua, non ha abbandonato la squadra ma, più semplicemente, non viene allo stadio  «perché dalla tribuna delle autorità non vedo un tubo» e continuerà a disertare l’appuntamento (e la foto) fino a quando, lo ha detto lui,  «non mi sarò costruito uno stadio tutto mio, massimo ventimila posti, una bomboniera elegante, moderna, con bar, ristorante, negozi e tutto quanto può rendere piacevole il pomeriggio o la serata calcistica».

Ora tutto è chiaro, e possiamo dormire sonni tranquilli: il nostro beneamato don Aurelio, che due ne fa – una è poco per lui, il proverbio va aggiornato – e cento ne pensa, non vedendo un tubo, preferisce un altro tubo. Quello catodico, che gli offre una visione molto più stimolante e ravvicinata. L’annuncio, naturalmente, è stato fatto in televisione, a reti (private) unificate come ha scritto il grande Antonio Corbo, e De Laurentiis ha scelto prudentemente di mandarlo in onda solo mezz’ora prima di Napoli- Bologna. E due ore prima di partire per la Cina insieme all’inseparabile Carlo Verdone: «Il calcio, però, non c’entra – ha tenuto a precisare -, andiamo in Cina per motivi, diciamo così, cinematografici».

Qualcuno ci crede? Proponiamo un referendum e, vedrete, il “no” vincerà a mani basse. Ma si tranquillizzi, Matteo Renzi: è un altro “no” e non provoca gli sconquassi che lui teme. L’argomento è delicato perché tra dieci giorni il Napoli ospita il Benfica per la prima partita casalinga della Champions, e sulla società – come sul Comune – pesa la minaccia di una sanzione della Uefa e di una figuraccia di fronte all’opinione pubblica europea. Come finirà? Il «cesso», come De Laurentiis ebbe a definire – con mille ragioni – il San Paolo, riuscirà ad essere minimamente presentabile? L’assessore Borriello ne è convinto e si dice sicuro di portare a termine i lavori più urgenti, noi un po’ meno ma speriamo di avere torto. Il Napoli bello e vincente che abbiamo costruito non merita una simile vergogna.

ilnapolista © riproduzione riservata