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Non spariamo su Insigne: è solo un problema di testa

La staffetta Insigne-Mertens ci ha detto che oggi Dries è meglio di Lorenzo. Eppure, noi crediamo che Insigne viva un momento difficile ma superabile.

Non spariamo su Insigne: è solo un problema di testa

Stamattina ho letto il pezzo de Lo Strafatto Quotidiano sul Napolista. Si parla di gerarchie, e ovviamente si fa riferimento a Insigne e Mertens. Non poteva essere altrimenti, soprattutto dopo che il belga è entrato in campo a Pescara e ha giocato con una fame che l’Insigne dell’altro ieri sera se la sogna. I due gol sono solo una conseguenza dell’atteggiamento. Ovvio, lapalissiano. Eppure, non sono d’accordo con il pezzo. O meglio: non sono del tutto d’accordo. Con quello che è successo all’Adriatico, c’entra qualcosina il contesto tattico (l’ho scritto nell’analisi), con un Insigne pur svogliato e svagato (per un Napoli svogliato e svagato) in un momento in cui il Pescara ha saputo fare e mostrare il meglio del suo repertorio. Con i biancoazzurri distrutti dalla fatica e dal calore, Mertens è entrato e ha risolto la partita. Perché è entrato affamato, innanzitutto. Lo ripeto, ancora, a scanso di equivoci.

Detto questo, spiego la mia posizione su Insigne e Mertens. Che poi è anche una posizione condivisa, al Napolista. Noi diciamo che un calciatore combo sia potenzialmente al livello dei più grandi del mondo: la fantasia a briglie sciolte di Mertens, l’applicazione tattica di Insigne; il driblling saettante del belga e il piede liftato, delizioso, del talento di Frattamaggiore. A entrambi, però, manca qualcosa nella testa: se Insigne è un calciatore umorale, facilmente influenzabile dalla propria luna, Mertens è eccessivo nella personalità e nei personalismi. A parità di condizioni, ovvero nella giornata buona di entrambi, probabilmente sceglieremmo Lorenzo. Intanto perché la cura triennale Benitez-Sarri gli ha permesso di maturare una perfetta comprensione tattica del ruolo new age dell’esterno, che si differenzia dall’ala vecchio stampo, come si dice, per la necessaria aderenza alla copertura della fascia. E poi, perché comunque parliamo di un ragazzo di Napoli, uno che si è sempre professato innamorato della maglia e della città. Cose belle. (Digressione: il discorso sui procuratori lo facciamo dopo, tranquilli).

Mertens, invece, è un discorso diverso. È un funambolo, prettamente offensivo, che ha bisogno di essere in giornata per poter essere decisivo. Certo, nei momenti buoni è devastante. Però, forse, discontinuità ed ego, oltreché una minore consistenza difensiva, lo penalizzano nel valore assoluto rispetto al concorrente del ruolo. Sarebbe già al Barcellona o al Real Madrid, in questo momento. Per il Napoli, il loro dualismo è un problema, bellissimo, di abbondanza. Una cosa di cui gli allenatori si beano, altro che lamentarsi.

Quindi, torniamo al discorso iniziale. Insigne in campo a Pescara non è stata solo questione di gerarchie, o almeno non solo. È stata anche una questione di scelta, momentanea e “storica”. L’anno scorso, nel periodo positivo di Insigne (la prima parte di stagione fino a tutto il girone d’andata), nessuno metteva in dubbio la titolarità del ragazzo di Frattamaggiore. Oggi, la situazione è ben diversa. E la colpa non è di Insigne, né tantomeno del fatto che Mertens sia così in forma (ci mancherebbe: questo è un grande merito del belga). Ma della gestione assolutamente dissennata dei procuratori di Insigne, che solo nelle ultimissime uscite pubbliche (tipo quella fatta in esclusiva al Napolista) hanno in qualche modo cercato di ricucire uno strappo assolutamente ingiustificato con il Napoli, che ha rinnovato il contratto di Insigne nemmeno due anni fa. Probabilmente, il ragazzo meriterebbe pure un adeguamento dell’ingaggio. Ma la situazione non ha giustificato il teatrino messo su dal suo entourage, almeno fino a una decina di giorni fa.

Insigne, calciatore umorale (l’abbiamo già detto, lo ripetiamo), sta soffrendo tantissimo questo momento. Lo hai visto nelle amichevoli post-Dimaro (è sempre stato tra i meno convinti e convincenti), e poi nel primo tempo di Pescara. Giocato male proprio lì dove Insigne è meglio di Mertens: nella lettura tattica, finanche difensiva, della partita. Il secondo gol di Caprari si origina da una sua mancata copertura, in avanti è stato pure presente nel gioco, ma non con la stessa garra e applicazione continua (al di là di una forma fisica diversa) rispetto a chi l’ha sostituito. Sarri ha dato un bel segnale mettendo in campo lui da titolare e non Mertens: ha detto “io voglio recuperare Insigne, farlo sentire al centro del progetto”. Anche il fatto che si giocasse in un suo vecchio stadio, in un ambiente che conosce, forse, ha “spinto” in qualche modo la scelta. È solo che Insigne non ha risposto, portando di nuovo (e immediatamente) il pubblico a puntare il dito verso di lui. In modo prematuro, come al solito. Solo che stavolta è comprensibile: i procuratori che parlano, a sproposito un po’ per tutti; il balletto sul rinnovo; e poi una prova abulica, inopportuna anche per te che stai chiedendo di essere trattato (economicamente) come un top player e ti dimentichi di esserlo, proprio in campo.

Ora c’è il Milan, e lo Strafatto ha chiesto Mertens al posto di Insigne. Non lo dice apertamente, presumo lo sottintenda quando scrive «Ma soprattutto, perché ancora gerarchie? È tempo di crescere, tutti. Dateci gli undici migliori e non quelli “in cima alla gerarchia”». Posso essere in disaccordo, ma ha ragione. L’oggettività dei fatti e delle analisi trascende da quello che uno pensa preventivamente. Si chiama oggettività. E oggi ci dice che questo Insigne – quello di Pescara – non vale questo Mertens. Una panchina contro il Milan per imparare, non solo che le famose gerarchie possono essere stravolte. Ma pure a rispondere bene ai momenti difficili, specie quando la colpa è (soprattutto) tua. La questione di Insigne è fisica, certo, ma soprattutto di testa. Roba momentanea, crediamo e speriamo noi. Per il bene di Lorenzo. E pure del Napoli, che ha bisogno di lui.

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