Sembra che la Campania sia diventata un laboratorio di ricerca per un vero e proprio attacco alla democrazia attraverso l’offesa del diritto.
Presso la Corte d’Assise di Napoli è in corso il processo “principe” della questione “terra dei fuochi”, un processo che vede imputato un intero sistema: dalla provincia di Napoli, al Commissariato per l’emergenza rifiuti della regione Campania nella persona dello stesso Commissario Giulio Facchi, vari professionisti, nonché lo stesso cosiddetto “re delle ecomafie” (proclamato tale dalla stampa nostrana) il cui peccato originale è stato quello di aver tentato di fare impresa nel settore dello smaltimento e recupero rifiuti in un territorio che ha con sé il marchio pregiudiziale dell’illiceità. È in relazione a questo procedimento che nasce la ormai famosa “perizia Balestri” il cui estensore, novello Nostradamus, ci annuncia l’inquinamento totale e definitivo delle falde acquifere della piana campana con picco nel 2064.
Questo inquinamento, in un’area in cui insistono circa 10.200 ettari urbanizzati (molti abusivamente), 114 ettari di area industriale, 142 ettari di stoccaggio ecoballe e 53 ettari di discariche sarebbe stato provocato, secondo il pm, il consuelente tecnico di parte e la quasi totalità dei media, unicamente dai poco più di 4 ettari delle discariche Resit, considerate come la Cernobyl della Campania, gestite dall’avvocato Cipriano Chianese ritenuto l’inventore del “sistema rifiuti”, il “re delle ecomafie”. Fino a prova contraria.
Personalmente, seguendo alcune udienze del processo Resit, leggendo la perizia Balestri, conoscendo di persona l’avvocato Chianese, mi ne sono fatto tutta un’altra idea.
Un processo come quello Resit, che ha profili tecnici alquanto pregnanti, non credo possa non meritare l’interesse ad approfondire “giornalisticamente” le risultanze ambientali che sono quelle che hanno maggior interesse sociale. Eppure, praticamente, nessun giornalista, vi presenzia.
Ho assistito personalmente, come detto, ad alcune udienze spinto dalla curiosità di appurare se il modus operandi della magistratura, visto a Caivano nella vicenda del sequestro dei pozzi irrigui (ritenuti tuttora avvelenati ed avvelenanti nonostante la prova contraria!), fosse il medesimo in altre vicende, ben più pregnanti, legate alla questione della cosiddetta “terra dei fuochi”, per curiosità professionale e per la sollecitazione di qualche amico avvocato che ha incarichi difensivi in esso.
Alcuni numeri possono favorire un’analisi più distaccata della questione:
172 udienze dal 2010;
150 di queste tutte per prove del pm;
circa 90 ore di esame dibattimentale Chianese;
circa 60 di esame dibattimentale Facchi;
rigettate tutte le richieste di prove integrative della difesa (tranne che per una perizia integrativa della difesa di un geologo);
accolte tutte le richieste integrative di prova del pm.
Loredana Musmeci, dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità, in qualità di teste, ha sottolineato come la falda sotto Resit sia alterata non più (anzi, meno), delle altre falde delle zone urbanizzate e industrializzate d’Italia, l’ingegner Benintendi e la dr.ssa Rossella Demi (luminari della materia ambientale) hanno smentito punto per punto la suddetta famosa perizia di Giovanni Balestri (che è un mero geologo); quest’ultimo aveva asserito che sotto Resit non ci fossero teli …una perizia del professor Mensitieri (nominato dalla corte) ha accertato la presenza dei teli e che questi siano in hdpe).
Al di là di tali amene superficialità accusatorie, v’è da dire che tutti i guai giudiziari dell’avvocato Chianese sono frutto di una “percezione” atteso che:
il processo che lo vede coinvolto è UNO;
l’avvocato Chianese risulta incensurato.
Vi sono, POI, una serie di reati satellite che nascono sempre da quel processo madre, l’elencazione dei reati è a dir poco insolita: detenere un cannone antico, aver “rubato” due carrelli dal patrimonio sequestrato (patrimonio 80 milioni di euro, valore dei carrelli 4 mila euro), bancarotta in Veneto ed estorsione in una vicenda legata all’attività del fratello.
Nessuno è passato in giudicato e non è mai stato arrestato per le vicende ambientali.
Nel 1994, dopo il suo arresto, fu assolto dall’accusa di 416 bis, smaltimento rifiuti ed altro, fu assolto con formula piena anche per la richiesta del pm (Narducci) che ammise l’assenza di qualsiasi elemento valido per l’accusa.
L’avvocato Chianese è difeso da due galantuomini che sono gli avvocati Stellato e Martino che hanno più volte evidenziato come sia importante e civile difendersi NEL processo e non DAL processo. Il coinvolgimento mediatico della figura di Chianese (persona), dipinto come il “re delle ecomafie”, mi ricorda quello del povero Girolimoni (eravamo in epoca fascista, non a caso) con i media che propinano supinamente notizie senza capacità (o possibilità, perlomeno in epoca fascista), critica di analisi degli atti (anche quelli prodotti dalla difesa) capovolgendo uno dei cardini del Diritto: l’imputato è considerato colpevole “fino a prova contraria”.
Magari l’avvocato Chianese è un delinquente incallito, ma l’interesse di un cittadino consapevole è quello di pretendere che vi siano prove …non che queste siano snaturate pur di sentenziare l’attribuzione dell’illiceità, questo tralasciando le innumerevoli speculazioni sia riguardo a presunte bonifiche inutili (Resit è tra le più appetibili) sia a quelle “giornalistiche”, si veda ad esempio tutta la questione dell’ispettore Mancini (che in udienza ammise di NON ESSERE MAI STATO ALLA RESIT).