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Come cresce il fatturato: merchandising, scouting e, soprattutto, risultati

Come cresce il fatturato: merchandising, scouting e, soprattutto, risultati

In questi giorni si discute molto di bilanci e di risultati sportivi anche perché per la terza volta il nostro Sarri ha ripetuto l’esternazione, circa il fatturato del Napoli, che non può competere con quello di una Juve pertanto condannata così, dal bilancio, a vincere sempre. Allora è lecito discutere se è un grande fatturato a fare una grande squadra o se è una grande squadra a produrre un grande fatturato. No, non è il dilemma atavico dell’uovo o della gallina e neppure una domanda nottetempo di Marzullo. Si fa per discutere.

Per capire se esiste una relazione biunivoca, una correlazione lineare di grado significativo tra fatturato di una società calcistica e i suoi risultati calcistici, ho cercato di capirne di più su queste variabili spulciando una serie di dati rilevati da società che si occupano di finanza calcistica. Certo non ho potuto calcolare un coefficiente di correlazione scientifico, esercizio che avrebbe richiesto risorse non disponibili, ma da quello che ho potuto capire, la correlazione esiste, ma non di massimo grado. Infatti da una parte il fatturato è legato in qualche modo ai risultati del campo, ma è funzione anche di altri parametri influenzati indirettamente dai risultati sportivi. D’altra parte le performance sportive devono molto al peso economico e finanziario del Club, ma ovviamente sono funzione anche di aspetti tecnici, motivazionali, episodi più o meno fortunati e così via. (L’errore di Higuain sul rigore contro la Lazio, ci costò il terzo posto e finimmo quinti scavalcati anche dalla Fiorentina: un episodio).

Detto questo tuffiamoci un po’ nei dati così che ognuno possa trarre le proprie conclusioni. Portiamo il focus nella struttura di bilancio di una società calcistica e sulle modalità con cui si alimenta soprattutto il fatturato. Anche chi non ha studiato alla Bocconi o alla Luiss, sa che in un bilancio societario la sezione che ci riguarda ora è quella dei Profitti e Perdite, dove troviamo quelle che sono le gioie e i dolori per i contabili: i Costi e i Ricavi.

Semplificando, la voce più importante dei costi è quella del personale (monte ingaggi + ammortamenti) mentre le voci che compongono i ricavi le vedremo più avanti. Il fair play finanziario UEFA pone dei vincoli e chiede che l’Efficienza Operativa, cioè il rapporto tra il costo del personale e i ricavi, al netto delle plusvalenze, sia sotto il 70%. (la Juve è più indebitata del Napoli avendo un rapporto del 72% contro il 60% della società partenopea). È facile osservare che per migliorare l’Efficienza Operativa, o si riducono i costi (leggi essenzialmente monte ingaggi) o si incrementano i maledetti/benedetti ricavi, cioè il fatturato.

Allora vediamo come si compone il fatturato di una società calcistica.

Il fatturato è formato essenzialmente da quattro voci:

–    diritti TV

–    ricavi commerciali

–    ricavi stadio

–    altri ricavi

I ricavi da diritti televisivi la fanno da padrona e spesso superano il 50% del totale (la Juve ad esempio gode del 55% di ricavi da diritti televisivi). Nel valutare le voci di ricavo, partiamo dalla voce più importante, cioè dai diritti TV. Come aumentarli?

La distribuzione dei proventi TV della Serie A è regolata attualmente dalla legge Melandri che individua 6 criteri di distribuzione che non sto a riportare qui. Questi criteri privilegiano le squadre maggiori, quelle delle città più popolose e che godono di un bacino d’utenza più vasto. Addirittura uno dei parametri attribuisce il 10% di peso nella distribuzione dei proventi ai risultati del Club a partire dal ’46/47!

Attualmente si parla di riformare questa legge e di adottare i criteri applicati alla Premier, che sono diversi e sono solo 4. Qualcuno si è divertito a simulare l’applicazione del modello inglese alla nostra serie A. Diciamo subito che il Napoli scenderebbe da 61 a 49 mln perdendo così 13 milioni. La Juve ne perderebbe ben 42 contro i 30 del Milan e i 28 dell’Inter. Per contro squadre come il Sassuolo, Empoli e Verona godrebbero di un incremento che va dai 10 ai 18 milioni circa. I parametri inglesi, come si capisce, equilibrano i rapporti tra grandi e piccoli club.

I diversi criteri di distribuzione dei diritti televisivi, quindi, stanno modificando i rapporti di forza della Premier.

Diciamo anche che oggi la Premier è il campionato europeo più seguito e che le squadre inglesi si dividono una torta di diritti televisivi che è dalle quattro alle sette volte quella della serie A. Questo spiega perché il mercato dei calciatori in Premier vede una media di attribuzione di valore ai player intorno ai 20 milioni, cioè molto più alto della media delle valutazioni negli scambi nazionali. Con il problema di soprastimare anche dei brocchi e inquinare il mercato europeo.

Questa valanga di soldi e i criteri distributivi che premiano le medie e piccole squadre, fa sì che in Premier una piccola società come il Leicester fatturi, in questa linea di ricavi, come il Napoli. Inoltre il fenomeno Leicester non va visto come qualcosa di romantico, di Davide contro Golia, ma di una vera evoluzione dei rapporti di forza tra le squadre. Pensiamo che Manchester City, Arsenal, Manchester United, Liverpool e Chelsea, l’élite del calcio inglese, hanno beccato insieme 40 sconfitte (8 pro capite) contro le 3 del Leicester. Il livellamento nella distribuzione  di diritti televisivi, cifre enormi, rendono nella Premier competitive anche le squadre minori e spiega perché i maggiori Club parlino di una Super Lega.

Poi ci sono i diritti televisivi europei che sono gestiti dal Gruppo MP & Silva che si aggiudica questo ruolo partecipando alle gare istituite dagli organismi internazionali. La Serie A riceve compensi inferiori alla Premier e alla Liga ma superiori a quelli delle leghe tedesca e francese.

Chiarito il panorama della distribuzione della maggiore fonte di ricavi delle società calcistiche, come possiamo pensare che il Napoli possa incrementare questa linea di introiti? Nello stato attuale, solo partecipando con continuità alle competizioni internazionali. Aver trascurato l’EL non ha fatto certo bene al bilancio del Napoli e se un allenatore si lamenta di fatturati non competitivi, deve rendersi conto che può incidere direttamente su questa voce portando e tenendo la squadra in Europa.

La bistrattata EL divide tra le 40 squadre partecipanti circa 125 milioni in pagamenti fissi più altri 83 di quote variabili (quote mercato). Considerando i vari bonus una squadra può fatturare fino a 9,9 milioni della parte fissa cui va aggiunta la quota variabile (quota mercato) pari a circa 80 milioni che viene ripartita tra le squadre partecipanti in base al peso del mercato televisivo appannaggio del paese di riferimento.

Non noccioline, quindi.

Discorso ancora più importante per i club che partecipano alla Champions. La Champions League vale sei volte l’Europa League. Senza entrare troppo nei dettagli, si consideri che la Champions vale 1,3 miliardi di euro contro  i 210 circa della E.L.. Appunto ben sei volte la E.L., inoltre è da considerare che questa tortona viene divisa tra la metà delle squadre rispetto alla E.L.

 Delle altre voci di ricavo, vale la pena di parlare dei Ricavi Commerciali perché su questi si potrebbe influire, mentre le presenze allo stadio rappresentano ormai ricavi quasi marginali. Il Merchandising è il tallone d’Achille delle nostre squadre a livello internazionale. Pensiamo che per questa voce la Juve presenta un misero 16% dove il Real e il Bayern hanno portato a oltre il 50% l’incidenza di queste entrate sul totale dei ricavi e il PSG è addirittura al 63%. Anche se è lecito il sospetto che dietro questi dati eclatanti ci siano anche le sponsorizzazioni dei vari sceicchi e magnati internazionali. Siamo comunque per queste squadre e per questa linea di ricavi su cifre di 230 – 250 milioni cioè cifre maggiori del fatturato globale di squadre come il Napoli.

Guarda caso le squadre straniere citate dispongono di stadi di proprietà e curano con lungimiranza l’espansione del marchio all’estero per sviluppare merchiandising e sponsorizzazioni. Anche alcune squadre italiane si muovono in questa direzione con queste strategie di espansione del marchio: l’Udinese ha siglato accordi con partner cinesi per lo sviluppo del calcio in quel Paese, la Roma ha aperto centri di addestramento per giovani calciatori in USA con il logo Roma e la Juve ha inaugurato recentemente a Shangai la sua prima JAcademy.

L’ultima voce di cui possiamo interessarci è quella delle plusvalenze. Abbiamo visto che nella valutazione dell’Efficienza Operativa non vengono conteggiate per non falsare la credibilità del bilancio. Ma fanno fatturato. La vendita di Vidal ha portato nelle casse Juve una ventina di milioni di plusvalenza che, pur non rientrando nel calcolo dell’indice di Efficienza Operativa, fa lievitare il fatturato e forse permetterà alla Juve di rispettare le stime di fatturato previste da Banca IMI (340 mln).

Sappiamo tutti che le plusvalenze si realizzano vendendo giocatori a valori maggiori di quelli spesi per acquistarli. Siccome non tutte le squadre hanno la fortuna o le capacità di individuare gioielli da sgrossare e da rivendere a caro prezzo (come riesce a Zamparini, ai Pozzo e ad altri) alcune squadre lavorano egregiamente sui vivai, come l’Atalanta.

Ecco, il Napoli oggi ha rivalutato molti giocatori della rosa e potrebbe fare plusvalenze come fece con Cavani e Lavezzi, ma dove sono i sostituti? I gioiellini del vivaio Napoli? C’è solo Insigne? Ho visto giocare alcuni giovani del vivaio Napoli in prestito ad altre squadre, come Maiello all’Empoli e Dezi nel Bari, e non sono rimasto impressionato. A noi manca uno scouting valido, illuminato, con l’occhio lungo e non solo per il vivaio. Ricordiamo che in passato abbiamo dovuto comprare giocatori come Fideleff o Dimitru e altri ancora i cui nomi sono evaporati dalla mia memoria; giocatori non certo da Napoli e neanche di prospettiva.

Detto questo, come si può fare per aumentare i ricavi totali? È il grande problema di ogni imprenditore di qualsiasi settore. Spesso, purtroppo, per far quadrare il bilancio, è più facile tagliare i costi che aumentare i ricavi. Ad esempio vendendo un grande giocatore al top si riduce il monte ingaggi e contestualmente spesso si ottiene una plusvalenza incrementando il fatturato. Come può quindi il Napoli aumentare il suo fatturato?

Abbiamo capito che il fatturato delle squadre di calcio non ha un floor che fa da zoccolo duro su cui si può contare stabilmente, ed è condizionato fortemente dai ricavi delle partecipazioni alle competizioni europee e soprattutto dai proventi dei diritti televisivi. Questi sono a loro volta funzione dei criteri distributivi che ogni federazione applica. I ricavi commerciali dipendono invece dalle strategie che si è capaci di realizzare per l’espansione del marchio compresa l’appetibilità dello stesso nei confronti degli sponsor. Tutte queste variabili, poi, sono anche indirettamente influenzate dai risultati raggiunti sul campo.

Se arrivi in campionato tra le prime due, vai direttamente in Champion; se vinci l’Europa League vai in Champion e giochi la Supercoppa Europea che significa altro fatturato, se vinci la Coppa Italia vai in EL, se vinci aumentano i ricavi televisivi, il merchandising, gli abbonamenti, la notorietà del marchio, l’impegno degli sponsor, il valore della rosa e quindi costruisci potenziali plusvalenze cioè possibile fatturato. Se vinci crei un effetto surround che coinvolge tutte le voci dei ricavi commerciali. Se vinci…

Quindi l’abilità di un team tecnico nella conduzione di una squadra, per le prestazioni della stessa, può influire direttamente sulla variabile Europa e indirettamente sulle altre variabili che vengono amplificate o depresse dai risultati del campo. Sarri può con i suoi giocatori e il suo staff, in sinergia con la dirigenza, contribuire per il suo ruolo allo sviluppo del fatturato del Napoli direttamente e indirettamente senza dover invidiare quello di altre squadre sul quale fatturato non possiamo agire.

Pertanto non ci si lamenti di qualcosa che, come il fatturato, è molto difficile da far lievitare, ma si cerchi comunque di influire positivamente sui ricavi per quello che è nelle corde della Società, e cioè con il raggiungimento di obiettivi europei, progettando valide strategie di espansione del marchio Ssc Napoli che attraggano investitori e sponsor anche internazionali ed esibendo una maggiore perspicacia nelle attività di scouting cui deve seguire un’organizzazione strutturata e specificamente focalizzata alla valorizzazione di giovani talenti. 

In tutto questo meccanismo Sarri e i suoi ragazzi costituiscono sì una rotella, ma se quest’ingranaggio gira come si spera, spinge tutta la macchina Napoli verso i traguardi che il tecnico e la tifoseria sognano per quest’anno e per quelli a venire.

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