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Bellenger e San Gennaro: «A Napoli si respira l’aria di un mondo perduto»

Bellenger e San Gennaro: «A Napoli si respira l’aria di un mondo perduto»

Faccia ‘ngialluta, che a casa sua deve guardarsi a muso duro dagli attacchi del fuoco apparentemente amico, trova, per sua fortuna, formidabili alleati all’estero, soprattutto in Francia. È già successo altre volte, gli atti d’amore di Jean Noel Schifano, rinnovati anche in questi giorni, e di Dominique Fernandez, sono ben noti agli appassionati di questo filone storico e passionale, ma agli estimatori del patrono che tutti vorrebbero tirare dalla loro parte – soprattutto per le immense ricchezze che ha accumulato nei secoli – si aggiungono ora gli apprezzamenti di tutt’altra natura di Sylvaine Bellenger, notissimo storico dell’arte da qualche mese chiamato alla direzione del Museo di Capodimonte per riportarlo agli antichi splendori. Impresa disperata ma affascinante, come quella che sta tentando il Napoli nel campionato di calcio e l’accostamento non deve apparire blasfemo: ci sta perché nell’una come nell’altra vicenda la sòspinta viene dal basso.

Il primo affondo di Bellenger è politico: «Non riesco proprio a capire perché il ministro Alfano sia andato a infilarsi in questa storia aprendo alla Curia e turbando un equilibrio antico che più o meno funzionava. Il tesoro fa gola?, ma quello è intoccabile e avverto il dovere di ringraziare chi lo custodisce con tanto ardore ribadendo l’antico urlo di guerra: giù le mani da San Gennaro». Le “parenti” sono state chiare anche questa volta, come lo furono nel 1947 quando si dette incarico a un camorrista famoso e temuto, il “re di Poggioreale” Giuseppe Navarra, di riportare a Napoli il tesoro custodito in Vaticano durante la guerra.

San Gennaro, insomma, nell’immaginario popolare non ha l’aureola, ma incarna l’ultima speranza. A questo proposito Sylvaine Bellenger ci regala un raffronto che riapre un’antichissima disputa: «Jean Cocteau disse che per i greci gli dei sono vicini di casa e la storia straordinaria del patrono di Napoli lo conferma, guai a chi tenta di intromettersi tra i fedeli e il santo. Non è consentito neanche a chi fa il Cardinale».

Perché il legame è così stretto e non si è mai incrinato? «Napoli è l’ultima città che trae forza dalla presenza di una vera plebe, qui si respira l’aria di un mondo perduto che altrove è solo un ricordo. Questa presenza, tra l’altro, è all’origine di una delle contraddizioni più stridenti. Honorè de Balzac parlò di splendore e miseria, qui questi estremi si toccano spesso ed io, ad esempio, li ho ritrovati in questi giorni attraversando via dell’Arco che li custodisce entrambi».

Sul sagrato del Duomo, sabato scorso, mischiato con le “parenti” per non perdersi neanche una battuta di «quella litania che è come una poesia ed è un segno forte della presenza della cultura popolare greca», Sylvain Bellenger ha condiviso la protesta dal primo all’ultimo minuto e ha avuto parole di incoraggiamento anche per le “parenti” che si battono per una causa che a modo loro, cioè urlando parolacce e lanciando minacce pure a faccia ‘ngialluta che a modo loro adorano, fanno diga e proteggono il loro santo. Al punto da esplodere in una bestemmia: «Maradò, si comm’ a San Gennaro». È stato un impatto forte con la città, ma crediamo di capire, dopo l’intervista concessa al Napolista, che lui cercasse proprio questo per convincersi ancora di più di avere fatto una buona scelta lasciando le certezze dell’Art Institute di Chicago che è il secondo museo Usa, e venire a cimentarsi con le incertezze di Napoli. È stato un salto nel vuoto senza rete, ma qui, come ammette, ha trovato la carica umana giusta per affrontare l’impresa di riportare Capodimonte a grandi livelli. «Ci sono tutti i presupposti per riportare il museo nella mappa del mondo, ma c’è bisogno di mettere in campo scelte coraggiose e qui viene il difficile, come dite, voi perché Napoli è una città meravigliosa e davvero unica al mondo dove, però, non si prendono mai decisioni».

La chiave è in questo assunto: Bellenger è venuto al Duomo per caricarsi e c’è riuscito al punto da commuoversi. «Il sangue di San Gennaro è anche il nostro, è giusto lasciarsi proteggere e difenderlo. In queste ore ho pensato molto a questa dimensione antropologica e culturale e credo di avere preso una decisione operativa, voglio organizzare una mostra sul tema della protezione. Si può fare solo qui o a Parigi, ci pensavo da tempo, ma c’era bisogno della spinta giusta e l’ho avuta. Anzi, me l’ha data la battaglia per San Gennaro che per questa mostra sarà una specie di icona grazie allo splendido dipinto di Luca Giordano custodito a Capodimonte. Con il santo che implora la Vergine di fermare la peste». Ci siamo detti tutto, ma quella storia di Napoli e Parigi a braccetto sul tema della protezione è davvero intrigante e merita un chiarimento. «Parigi e Napoli vanno a braccetto nel senso che si completano. A Parigi la ragione è vissuta con consapevolezza intellettuale, a Napoli si morde la realtà. Due mondi diversi che come le rette parallele non si incontrano mai: la sintesi, infatti, è perfetta». Grazie, monsieur Bellenger.

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