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Aspettando Higuain, Valdifiori è un’altra chiave per scardinare le difese

Aspettando Higuain, Valdifiori è un’altra chiave per scardinare le difese

Quando ieri sera ho letto il pezzo di Massimiliano Gallo su Napoli-Villarreal, ho trovato particolarmente azzeccato l’attacco, che voglio citare testualmente, a là De Laurentiis: «La diagnosi non è facile, il Napoli ha un’influenza che non riesce a passare ma è difficile risalire alle cause». Cercare di analizzare tatticamente la partita di ieri sera vuol dire cercare proprio quella diagnosi non facile, così difficile da trovare. Vuol dire cercare qualcosa che dimostri che il Napoli ha pareggiato non solo per un cross sbagliato da Pina, ma anche per un qualche demerito particolare. 

Cominciamo da Higuain. Un attaccante che, dopo aver messo a segno 24 gol in altrettante partite in campionato (più due in Europa League), sta conoscendo il primo periodo di magra stagionale. Non segna dalle quattro partite in cui il Napoli non vince, e le due cose si incrociano non a caso. Ieri sera ha disputato un match mediocre, con tre tiri verso la porta di Areola e zero che ne hanno centrato lo specchio. È stato più preciso nei passaggi rispetto alla prova col Milan (86% di pass accuracy), ma alla fine ha offeto un contributo modesto pure in fase di rifinitura, con un solo passaggio chiave in tutti i novanta minuti. Oltre i numeri, però, nel caso del Pipita contano le sensazioni: sembra di vedere Higuain versione 2014/2015, un calciatore lontano dai suoi standard di rendimento e quindi visibilmente scosso, turbato, da quanto gli sta accadendo. E poi le difese avversarie, noblesse oblige: quella degli spagnoli, organizzatissima, ha fatto il paio con quella di Sinisa Mihajlovic e del suo Milan. Due linee da quattro strettissime, vicinissime, sempre schierate al limite dell’area di rigore. Quindi non solo i due centrali di difesa, ma anche Soriano e Pina, i due mediani, a formare un quadrilatero che si occupava sempre dell’argentino, e durante le sue azioni offensive (gli inserimenti da dietro sui cross dalle fasce, soprattutto) e durante le sue classiche discese a centrocampo per venire a giocare il pallone. Sette palle perse dicono tanto, il campetto posizionale in basso, che individua la posizione di ogni giocata vanificata da un intervento avversario, dice ancora di più. Higuain è seguito in ogni zona del campo. Così, se poi ti va pure male sottoporta, è abbastanza facile innervosirsi.

Il Napoli, quindi, ha un problema realizzativo. Adesso, perlomeno, anche perché mettere sotto accusa la fase offensiva di una squadra che ha realizzato 80 gol in stagione appare leggermente azzardato. Pure perché se, e questo va detto, le difficoltà (a segnare, e basta) sono nate contro Juventus (la miglior difesa della Serie A), Milan (squadra di rinnovata solidità, due gol subiti in quattro partite prima di Napoli) e Villarreal (secondo miglior reparto arretrato della Liga dopo il Barça). Analizzando queste partite, poi, viene in mente anche la famosa questione-fortuna, non tanto per i gol subiti su azione «bizarre», per dirla alla Daily Mailquanto per il numero di occasioni realmente costruite e non sfruttate. Anche ieri sera la cifra dei tiri è molto alta, indicativa: 22 a 6, di cui 11 dall’area di rigore e 11 da fuori area. Il Napoli, ieri, ha provato in tutti i modi a scardinare la fortezza costruita da Marcelino. I tiri da fuori (nato così il gol di Hamsik), l’azione manovrata (18 di queste 22 occasioni nascono da Open Play) e il cross dagli esterni, tentato addirittura in 41 occasioni. Su questo, forse c’è da fare un appunto: il Napoli manca di colpitori di testa, e spesso c’è il solo Higuain a centro area pronto a ricevere il traversone. Soprattutto in una partita in cui Sarri ha deciso di rinunciare a Callejon, maestro degli inserimenti, per privilegiare la freschezza e la brillantezza di Insigne e Mertens, la soluzione dal fondo è stata forse inopportuna.

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Ad avvalorare questo appunto è il modo con cui è arrivato il gol di Hamsik. Una disamina che ci permette anche di aprire un altro discorso, quello su Mirko Valdifiori. Partiamo dall’inizio, ovvero dalla palla in verticale a scavalcare la prima linea del quadrilatero difensivo centrale del Villarreal che ha attanagliato Higuain. Il lancio dell’ex mediano dell’Empoli ha costretto la difesa del Submarino a rilanciare alla meglio, l’accompagnamento dell’azione a rimorchio da parte di Hamsik ha fatto il resto. Da notare come accanto allo slovacco accorso per il tiro al volo, quasi fino a disturbarlo, ci fosse anche Lorenzo Insigne che aveva stretto verso il centro dall’out di destra, su cui si era posizionato su specifica richiesta di Sarri. Un gol bello, non casuale, che nasce da un’azione “nuova” per il Napoli e dalla prestazione finalmente (e totalmente) positiva di Mirko Valdifiori. Il regista romagnolo ha toccato 107 palloni con una pass accuracy superiore al 90%, indovinando per sei volte il passaggio chiave. Tre di queste sono state verticalizzazioni partite dalla zona centrale del campo, a scavalcare il centrocampo o infilare il corridoio lasciato libero dalla difesa del Villarreal. Da una di queste, come detto, è nato il gol. La scelta di schierare Valdifiori, in una gara così particolare dal punto di vista tattico, si è rivelata giusta, fondamentale. Ha permesso al Napoli di ovviare (qualche volta) al suo classico gioco di scambi stretti per vie centrali o di aperture per le catene laterali, ha offerto una soluzione nuova che si è rivelata decisiva. Paradossalmente, questo periodo negativo potrebbe portare a rivedere proprio questo dogma, quello del gioco di posizione e di possesso esasperato che la splendida stagione di Jorginho sta (felicemente) imponendo a Sarri. C’è un’alternativa, si chiama Mirko Valdifiori, ma solo se offre prestazioni come quella di ieri sera, di grande sostanza in tutte le zone del campo. Nel campetto sotto, tutti i palloni giocati dall’ex Empoli.

Meglio di Valdifiori solo il grande protagonista di Napoli-Villarreal, ed è quasi un’abitudine che sia Marek Hamsik. Il gol (bellissimo, altro che cross sbagliati), ma anche e soprattutto una partita di grande presenza e contributo: il maggior numero di palloni giocati (115), quattro passaggi chiave, tre tiri verso la porta e una presenza costante nell’impostazione come nell’inserimento offensivo. Lo slovacco che torna in forma è una prima buona notizia per un Napoli che ha assoluto bisogno di ritrovare brillantezza negli ultimi sedici metri. Solo lì, perché poi il resto dei numeri e delle sensazioni racconta di un vero e proprio dominio, anche in una notte così: possesso palla 69% a 31%, un totale di 40 interventi difensivi da parte dei ragazzi di Marcelino (solo nove quelli dei calciatori azzurri) e pure, a dispetto della gara d’andata, una buona prestazione sui duelli aerei, un tallone d’Achille di questa squadra (undici pari). Nel finale in assedio, Sarri ha riproposto anche lo schema a due punte più due esterni, con Gabbiadini accanto a Higuain e Mertens e Insigne ali. Una possibilità, il mister l’ha affermato anche nel postgara, che può essere utilizzata solo in alcuni momenti della partita. 

Da qui la chiusura, che è una domanda. Un po’ dovunque, anche su questo sito, ho letto accorate richieste di schemi a due punte, di coppie Higuain-Gabbiadini et similia. Esattamente lo stesso modulo utilizzato nelle prime tre partite di campionato, che ha portato al Napoli la bellezza di tre punti. Una cosa è chiedere alternative tattiche, magari anche a gara in corso (fatto, contro il Milan e ieri sera), un’altra è voler tornare indietro dopo 24 vittorie stagionali, 5 pareggi e 4 sconfitte col 4-3-3. E dopo le critiche a un modulo «buono solo per l’Empoli e che non sfrutta al meglio Insigne e Callejon». Come dire: non scherziamo, vi prego.

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