“Succede a Napoli” è stata, sui giornali e a teatro, una rubrica molto seguita e con il tempo il titolo è diventato, a giusta ragione, un modo di dire costitutivo, si dice così ora, della malevola imprevedibilità che regna sovrana alla nostra latitudine. Qualche anno fa, inopinatamente, la rubrica è andata in pensione, ma sarebbe il caso di riprenderla visto che il materiale non manca, anzi è in aumento. L’ultimo tassello lo aggiungiamo oggi e riguarda il trampolino per i tuffi della piscina olimpionica della Mostra d’Oltremare finalmente riportata ai suoi splendori grazie a una intelligente operazione di maquillage. L’impianto c’è, da uno, tre e dieci metri e ha ospitato le performances di Klaus Di Biasi, di Giorgio Cagnotto, il papà della Tania volante, e dei campioni della scuola napoletana che è stata costretta a chiudere i battenti: ma chi se ne frega, i tuffi non si possono fare. Verboten, vietato: all’impianto, bello a vedersi, e strutturalmente perfetto prima di accumulare ruggine nel deserto della Mostra d’Oltremare, sono stati posti i sigilli e l’Acquachiara, la società che ora gestisce (bene, complimenti) la piscina olimpionica inutilmente sollecita da mesi il certificato di omologazione che la Soprintendenza nega perché qualcosa non va.
Verboten, a Napoli non si può. I tuffi si fanno solo a Caserta e a Cosenza. Così vanno le cose, ma, a costo di essere marchiati come ingenui, diciamo che non è possibile rassegnarsi al destino cinico e barbaro (in questo caso barbaro). Ne abbiamo piene le tasche e anche qualcos’altro. Bisogna reagire in nome di quel che eravamo: Napoli, che un tempo era capitale con Bolzano di questa disciplina, non può attendere che qualcosa cambi e che la manna arrivi dal cielo e in busta, piccola o grande che sia, dev’essere un diritto acquisito. In questo caso siamo all’inverosimile se è vero, come è vero, che Klaus Di Biasi, scelto dalla Fin come responsabile del Centro federale meridionale da istituire alla Mostra, è stato costretto a disfare le valigie e a rinunciare al progetto. Che volete di più dalla vita? Un certificato di omologazione.
Ecco, fresca di giornata, una storia oltremodo significativa (o, come usa dire in queste ore di ridicola e finta polemica, costitutiva – come ci ha spiegato l’immarcescibile signora Bindi – del caos che regna sovrano nella nostra città e offre continui assist a chi lo utilizza per fini non leciti) che è stata (ri)sbattuta in prima pagina dalla due giorni di pallanuoto in onore di Enzo D’Angelo, l’eterno scugnizzo di Bacoli, campione di umanità prima ancora che deliziosa “manina de dios” per i gol impossibili che riusciva a mettere a segno trascinandosi dietro anche due avversari, ognuno pesante almeno cento chili.
“Succede a Napoli”: la scintilla è scattata rimirando a lungo, con un senso di profonda mestizia, quel monumento bianco diventato di colpo inutile e ingombrante dopo aver vissuto una lunga stagione di trionfi. Il cronista, che non si fa mai i fatti suoi, ha chiesto ai collaboratori di Franco e Pino Porzio, i due manager dell’Acquachiara, notizie sul trampolino e la risposta è stata disarmante: «Le sollecitiamo da mesi, dateci una mano a vincere questa battaglia con la burocrazia». Che è più ostica di un derby con il Posillipo e la Canottieri Napoli. O del rompicapo lasciato in eredità a Maurizio Sarri che comincia a capire in che guaio si è cacciato accettando di firmare il contratto prima di essersi reso conto del livello del dibattito calcistico perennemente in onda sulla rete napoletana. Non è dato di sapere se l’assessore Borriello usi buttare un occhio sul Napolista – se non lo fa glielo consigliamo – ma vorremmo tanto che prendesse a cuore la vicenda del trampolino impraticabile: è assurda, oltre che mortificante. Soprattutto nel momento in cui – giustamente – si rivendica la candidatura della città a ospitare le gare olimpiche di vela e pallanuoto.
Carlo Franco