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La memoria di Ciro e la risposta della polizia spagnola agli insulti nei confronti dei catalani morti con la Germanwings

La memoria di Ciro e la risposta della polizia spagnola agli insulti nei confronti dei catalani morti con la Germanwings

Ciro vive?

Sabato 4 aprile a mezzogiorno, allo stadio Olimpico di Roma, con vari settori semi-vuoti, abbiamo assistito a un’ennesima vergognosa prestazione. Non mi riferisco all’aspetto calcistico e sportivo della partita Roma-Napoli, ma al comportamento della tifoseria romanista. Già al calcio di inizio si sono sentiti forti e chiari i cori “Vesuvio lavali col fuoco” giusto per far capire quale sarebbe stato l’andazzo delle successive due ore. Non contenti di ciò, gli ultrà romanisti hanno esposto sugli spalti degli striscioni contro la signora Antonella Leardi, la coraggiosa madre di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ucciso quasi un anno fa a colpi di pistola fuori lo stadio Olimpico da un capo ultrà della Roma, tale Daniele De Santis, legato a frange estremiste politiche di destra, poco prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Ecco cosa recitavano quegli striscioni:

“Che cosa triste… lucri sul funerale con libri e interviste!”, e “C’è chi piange un figlio con dolore e moralità e chi ne fa un business senza dignità”. 

Sono tanti gli elementi da analizzare. Innanzitutto la forza di questa donna che nonostante la tragica perdita di un figlio continua ad andare avanti e parla di amore e civiltà contro ogni forma di violenza. Gli introiti del libro sono destinati all’ospedale Gemelli (dove Ciro è stato ricoverato) e a una clinica pediatrica napoletana. Altro che “business” da curva.

Interessanti sono anche le dichiarazioni del presidente della Figc Tavecchio che esprime solidarietà, condanna l’accaduto e si dice stupito di come possano essere apparsi quegli striscioni. E aggiunge che stanno lavorando sulla trasmissione dei valori alla base del calcio cercando di estirpare l’ignoranza e la violenza. Mi meravigliano la sorpresa e la dichiarazione di Tavecchio proprio lui famoso per una “battuta” (perché si sa che le frasi razziste nel nostro paese vengono considerate battute o goliardia) su un giocatore nero e, appena insediato, per aver ritirato la norma che prevedeva la chiusura dei settori dai quali partivano i cori razzisti.

Cori razzisti. Ne abbiamo parlato molte e più volte. Ultimamente un conoscente cagliaritano e tifoso romanista mi ha detto che noi napoletani siamo vittimisti per quanto riguarda i cori perché protestiamo solo quando li subiamo e vogliamo far chiudere gli stadi e poi siamo i primi a cantarli per esempio nei confronti dei sardi. Premesso che sono contro i cori razzisti di tutti i tipi e nei confronti di qualsiasi persona, gruppo, etnia, etc. e li condanno fermamente senza minimamente tollerarli, non mi sembra che durante una partita europea tra una formazione italiana e una scozzese dalla curva degli italiani partano cori contro i sardi. Oppure che puntualmente su tutti i campi di Italia si canti contro i sardi anche se il Cagliari non sta giocando. Purtroppo il fenomeno non è circoscritto solo a pochi scalmanati ultrà. Spesso sono interi stadi a gridare questi cori e chi non ne prende le distanze e rimane in silenzio o li giustifica è ugualmente complice. Il coro e l’insulto razzista sono solo il primo passo verso forme di violenza ben più gravi e la morte di Ciro Esposito ne è un esempio. Noi napoletani non vogliamo gli stadi chiusi. Vorremmo solo smettere di essere insultati e poter andare allo stadio senza paura o con il pericolo di essere sparati. 

Altro punto è la disparità di trattamento tipica del paese Italia. Lo scorso anno proprio in occasione della finale di Coppa Italia la stampa italiana si scagliò contro il capo ultrà napoletano Genny la Carogna reo di aver parlamentato con i giocatori per dare inizio alla partita. Lo stadio del Napoli subì la squalifica e la chiusura per questo episodio mentre l’Olimpico continua a rimanere aperto nonostante le intimidazioni degli ultrà romanisti ai giocatori e i quotidiani episodi di violenza che accadono dentro e fuori lo stadio. Se si applicassero i principi e le normative Uefa l’Olimpico dovrebbe essere squalificato per molte giornate e la squadra sanzionata, invece rimane aperto e senza controlli. 

La stampa. È scandaloso il comportamento dei mezzi di comunicazione che, in molte occasioni, fomentano la rabbia, l’odio e le discriminazioni. Sono poche e isolate le denunce, le prese di posizione e le condanne nei confronti degli episodi di razzismo, della disparità di trattamento, dei cori, degli episodi di violenza.

Pochi si sorprendono, ancor meno si scandalizzano, quasi nessuno denuncia e prende posizioni nette al rispetto. Un esempio? Ritorniamo ancora una volta alla finale dello scorso anno. Un ragazzo è in fin di vita, ferito da colpi d’arma da fuoco per mano di Daniele De Santis, un ultrà romanista legato ad ambienti estremisti della capitale e tutta l’attenzione della stampa è su Genny la Carogna? Delle due l’una: o non sanno fare il mestiere di giornalisti o c’è una malafede e voglia di insabbiare.

“Daniele con noi” così recitava un altro striscione apparso nella curva romanista. Nessuno ne ha preso le distanze, né la società giallorossa né i mezzi di comunicazione né gli addetti ai lavori. Sarebbe scandaloso e punito in qualsiasi paese civile.

In Spagna ci sono rivalità, discriminazioni e odi molto forti soprattutto tra la capitale Madrid e la città di Barcellona. In occasione della tragedia della Germanwings e la morte dei passeggeri molti dei quali catalani, su alcuni social network sono apparsi messaggi razzisti nei confronti dei morti catalani – così come puntualmente accade in Italia in caso di incidenti in cui perdono la vita dei napoletani o come nella stessa vicenda di Ciro Esposito – e la polizia è intervenuta immediatamente. Alcune persone sono state fermate dalle forze dell’ordine e denunciate. Cosa impensabile in Italia. 

E la magistratura e la polizia italiana? Dove sono, cosa fanno? A quasi un anno dalla sua morte Ciro Esposito grida giustizia. Ciro purtroppo non c’è più, la madre continua a mantenere in vita la memoria del figlio e nel suo ricordo si sta battendo contro odio e violenza. Non è sola, ma non basta. In questo periodo pasquale mi auguro meno ipocrisia, meno comunicati e più azioni vere per contrastare un fenomeno sempre più esteso non solo negli stadi di calcio, ma in tutti gli ambiti della società italiana: odio, razzismo, discriminazioni e violenza. La politica, lo sport, la magistratura, i mezzi di comunicazione, tutte le persone appassionate o meno di calcio devono unirsi per risolvere una volta per tutte il problema ed estirpare ignoranza e violenza dal mondo degli stadi. Solo così Ciro tornerà a vivere altrimenti assisteremo a una seconda morte, quella di tutti noi.
Marco Rossano

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