Travolti dalla serata del 3 maggio e da quel che è successo nei giorni successivi, purtroppo non sorpresi dalla rapidità con cui il pianeta calcio ha archiviato e metabolizzato i fatti dell’Olimpico, abbiamo fin qui volutamente trascurato una bozza di bilancio della stagione del Napoli. È fin troppo facile, oggi, leggere dichiarazioni entusiastiche a proposito del Napoli (abbiamo pubblicato uno stralcio di Garlando sulla Gazzetta; avremmo potuto fare lo stesso con Antonio Corbo, per rimanere in ambito napoletano) e questo cambio di rotta è probabilmente la fotografia migliore sia dell’anno trascorso sia, soprattutto, di quel che potrà avvenire in futuro.
Il Napoli si trova in una condizione pressoché originale per la sua storia. Pur in una cornice depressiva e decadente del calcio italiano, il Napoli occupa il ruolo di società più solida e col progetto più lungimirante e innovativo. Diciamolo, un abito che raramente ci disegnano addosso, e non mi riferisco solo al calcio. Con l’ingaggio di Benitez, De Laurentiis è riuscito a superare brillantemente un passaggio non poco rischioso: la separazione da Mazzarri, l’allenatore che ha accompagnato il Napoli dal centro-classifica alle posizioni di vertice. Non era facile. Il Napoli quest’anno ha cambiato tantissimo, e non parlo solo dei calciatori: ha cambiato la preparazione atletica, ha cambiato la metodologia di allenamento, ha cambiato il modulo di gioco, ha cambiato la modalità di approccio alla partita. Senza dimenticare, ovviamente, i calciatori.
È stata la classica stagione di transizione. La stagione della muta, del cambio di pelle. Una metamorfosi che ha suscitato tante polemiche a Napoli, sia nei salottini tv sia in giornalisti e opinionisti noti in città. Chi, invece, come ad esempio Mario Sconcerti, ha potuto seguire con maggiore distacco le vicende di casa nostra, non ha mai fatto mancare parole di apprezzamento per i continui progressi e per la portata del progetto. Ecco, il Napoli oggi è considerata la squadra più “europea” d’Italia, persino più europea di una Roma che pure ci ha sopravanzati in classifica, per non dire della Juventus che ha vinto lo scudetto con la cifra record di 102 punti. È l’utilità marginale del Napoli – per attingere dal linguaggio economico – che colpisce. Le prospettive che la nostra squadra ha ora davanti.
Questo, sia chiaro, non vuol dire che l’anno prossimo vinceremo il triplete. La palla è rotonda. Nel calcio, come nello sport in generale, può accadere di tutto. E forse dovremmo cercare di compiere uno sforzo anche noi tifosi che invece sembriamo sempre più fossilizzati su questo – per carità, comprensibilissimo – desiderio di vittoria. Successi che, se arriveranno, saranno frutto di un lavoro, di una preparazione, di una metodologia, di un avvicinamento progressivo.
Con tutti suoi limiti – e non sono pochi, come spesso scriviamo – il presidente De Laurentiis è riuscito a creare una società che funziona, gli rende economicamente e soddisfa – chi più, chi meno – i tifosi. Sarebbe intellettualmente disonesto chiudere gli occhi sulla deriva del calcio italiano e sullo stato comatoso degli altri club. Tra cui, ricordiamolo, annoveriamo persino la Juventus. Sono parole che non colpiscono, lo sappiamo: quel che conta è che il giro sul pullman scoperto lo hanno fatto gli juventini e non noi. Forse, però, per la prima volta il Napoli offre un’immagine solida. Con un progetto chiaro, delineato. E che si affaccia sul mercato per migliorarsi, non più per vendere il proprio pezzo pregiato. Nella speranza di non essere smentiti.
In questo quadro, per noi del Napolista è evidente che un ruolo fondamentale lo abbia svolto Rafa Benitez. Con abnegazione, pazienza e capa tosta, il tecnico spagnolo ha allestito una squadra capace in una stagione di vincere un trofeo, di raggiungere i preliminari di Champions, di segnare più di cento gol, di giocare un ottimo girone della Coppa più importante, di allargare le nostre prospettive. Ha vinto quasi tutte le sue scommesse, Rafa. Quella della preparazione atletica (davvero incredibili le accuse che gli hanno mosso a inizio stagione), quella dei giocatori acquistati – da spellarsi le mani gli arrivi di Callejon e Mertens, senza dimenticare gli altri, tutti gli altri – quella del nuovo modulo. Che sia stata una stagione intensa ce ne accorgiamo proprio dalla quantità e della profondità dei cambiamenti avvenuti. È come se fosse stato eretto un solido muro di copertura. Indietro non si torna, si può solo migliorare.
Non ci siamo addentrati in considerazioni tecniche, stavolta non è il caso. Quel che ci preme sottolineare è che, nel calcio, Napoli è oggi una realtà, sia in Italia sia in Europa. Una realtà solida e innovativa. Proprio quando migliori, però, ti rendi conto di quanta strada ci sia ancora da percorrere. Siamo a un bivio importante, soprattutto per il nostro presidente: investire in profondità e assicurare al Napoli lunga vita ai vertici; oppure non farlo. I prossimi nodi da sciogliere saranno lo stadio e il centro di allenamento a Castel Volturno, ben più che la campagna acquisti. Sarà su questi temi che si misurerà la capacità di prospettiva del Napoli.
Massimiliano Gallo