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Prima di augurarci la partenza di Mazzarri, vediamo se De Laurentiis ha un progetto

Innanzitutto, la riconoscenza. Arrivò a Napoli nell’autunno di quattro anni fa, guarda caso proprio dopo una sconfitta a Roma. Due a uno per loro, gol di Totti e squadra nei bassifondi della classifica. Senza un gioco e senza un’identità. Aurelio De Laurentiis si comportò da leader e assunse due decisioni importanti: esonerò Donadoni e, soprattutto, cacciò Pier Paolo Marino, fin lì possessore del Napoli e insostituibile braccio destro del Presidente.
Eravamo messi talmente male che accogliemmo Mazzarri senza esprimere giudizi. Aveva fatto bene con la Sampdoria e aveva salvato la Reggina partendo da meno 11: un autentico miracolo.
La prima fu contro il Bologna. Vincemmo due a uno all’ultimo minuto, dopo aver rischiato di perderla. Sull’1-1, a un quarto d’ora dalla fine, tolse Campagnaro per Pià e io pensai che fosse pazzo. Adailton si fumò un contropiede e Maggio inaugurò la zona Mazzarri. In precedenza, ebbe subito un battibecco col presidente in conferenza stampa e chiuse la querelle Lavezzi (in quel periodo inviso a De Laurentiis) schierandolo dal primo minuto.
Subito dopo ci regalò due soddisfazioni che non dimenticheremo: la rimonta casalinga col Milan e soprattutto il 2-3 di Torino contro la Juventus. Il Napoli non si fermava più, giocava quasi a memoria. Perdemmo per la prima volta contro l’Udinese a Udine in una partita fortemente condizionata dall’arbitro e dalla sfortuna.
Su tutto un aspetto mi colpì: Mazzarri non si chiudeva mai. Non faceva mai una sostituzione per coprirsi. Mai. L’anno dopo gestì sapientemente l’arrivo di Cavani e risolse nell’unico modo possibile la rivalità Lavezzi-Quagliarella. Annata da ricordare: terzi in campionato e Champions conquistata. Eppure proprio quell’anno scorgemmo quelli che possiamo considerare i principali limiti del tecnico toscano. La gestione della tensione nei momenti difficili.
È questo a mio avviso il problema di Mazzarri. Quell’anno gestì in modo sciagurato il momento clou della stagione: la doppia trasferta Villarreal-Milano. Le perdemmo entrambe e nella prima decise inopinatamente di non schierare Cavani. Il finale di campionato fu tragico e solo un pareggio poco agonistico con l’Inter ci consegnò matematicamente la Champions.
Degli anni successivi ricordiamo tutto. Il fantastico girone di Champions, il 3-1 sul Chelsea. Anche lì, però, al momento clou pagammo l’inesperienza e la mancanza di cattiveria. Stagione comunque positiva, storici ottavi di Champions e riconquista della Coppa Italia. E quest’anno siamo tornati in Champions giocando una pessima Europa League e venendo meno sempre nei momenti decisivi, soprattutto nella sfida a Torino contro la Juventus.
In quattro anni siamo arrivati una volta secondi e una volta terzi. Un’altra abbiamo perso la Champions a due giornate dalla fine. Abbiamo vinto una Coppa Italia e conquistato gli ottavi di Champions. Insomma, un bilancio di tutto rispetto. Si sarebbe potuto fare meglio, certo. Ma, soprattutto, si sarebbe potuto fare molto peggio.
È innegabile che il salto di qualità di questa squadra sia dovuto in larga misura a Walter Mazzarri. Il punto sono i suoi limiti. Condivido per certi versi quel che ha scritto Manzi, limiti che rischiano di essere le nostre Colonne d’Ercole. Il punto, però, è un altro. Bisognerebbe capire se De Laurentiis ha pronte le caravelle per varcarle le Colonne d’Ercole. Se sì, dopo averlo ringraziato in maniera adeguata, possiamo anche salutare Mazzarri. Altrimenti, teniamocelo stretto. E impariamo a convivere con quei suoi difetti che in fondo sono anche quelli della nostra città.
Massimiliano Gallo

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