Aronica, il bistrattato Aronica. Un simbolo (forse) a sua insaputa

Perché, poi, diciamoci la verità, il Napolista è nato per amore della poesia. Perché inorridiamo alla vista della Juventus in maglia rosa. Perché non ci rassegniamo alla scomparsa della terna arbitrale, sostituita da una sorta di orchestra. E perché, in fondo, facciamo finta di credere che questo sia ancora uno sport pur sapendo che non […]

Perché, poi, diciamoci la verità, il Napolista è nato per amore della poesia. Perché inorridiamo alla vista della Juventus in maglia rosa. Perché non ci rassegniamo alla scomparsa della terna arbitrale, sostituita da una sorta di orchestra. E perché, in fondo, facciamo finta di credere che questo sia ancora uno sport pur sapendo che non lo è più da tempo.Ma fin quando il Napolista esisterà vuol dire che la finzione proseguirà. Almeno per noi.
E in questo processo non può passare sotto silenzio la partenza di Aronica. E sì perché Aronica è stato a suo modo un simbolo di questo Napoli. Spadetta trasalirà, così come d’Esposito e tanti altri, ma Aronica Salvatore da Palermo è stato una perfetta metafora di questo Napoli mazzarriano. Sgraziato, non molto dotato tecnicamente (per usare un eufemismo), assolutamente inguardabile. Diciamo, in una parola, la sintesi dello zappatore. Che poi, in fondo, è il principio alla base del calcio di Mazzarri. Un allenatore con cui Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, si era illuso di poter allestire una conversazione “alta” in cui emergesse la profonda filosofia del personaggio. Ce l’ha messa tutta il mio ex direttore: ma lui lo sollecitava con Heidegger e Pirandello e l’altro gli rispondeva ricordando quando decise di tagliarsi i capelli.
Serve Aronica per comprendere Mazzarri, non Heidegger né tantomeno l’illuminismo. Salvatore Aronica, altrimenti detto piede e pallone, immagine cui venne associato da un mio parente. «Ma metti Aronica che quello butta tutto in tribuna, piede e pallone». E così è stato, per un bel po’ di tempo. Fino a quel retropassaggio col Torino, epilogo che a mio avviso Totò non meritava. Lo so, lo so, me lo ricordo la notte di Londra, ma volessimo attribuire a lui le responsabilità per l’uscita dalla Champions? Sarebbe un po’ come dire che il 1° maggio perdemmo contro il Milan per colpa di Bigliardi.
Lui è sempre stato coerente. È sempre stato Aronica. Uno zappatore e nulla più, un po’ come Giovanni il telegrafista. Ma che è sempre stato bistrattato oltre i suoi reali demeriti. Eppure è stato l’uomo che ha fatto fuori prima Ruiz e poi Fernandez (che io non mai farei giocare ma è pur sempre titolare dell’Argentina) nelle gerarchie del nostro tecnico. Ora va via, proprio quando la difesa si ritrova senza Cannavaro (e Grava). Misteri mazzarriani. Chissà, forse così Aronica riuscirà persino a gustarsi qualcuno lo rimpiangerà. A me non è mai stato antipatico (lo avevo persino al Fantacalcio l’anno scorso, come ricorda Spadetta) e in tutta onestà a questo punto lo avrei tenuto fino a giugno. A meno che il mercato non dovesse sorprendermi.
Massimiliano Gallo

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